Santi Aquila e Priscilla, sposi

Oggi - 8 luglio 2024 - lunedì della XIV settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari altri, i Santi Aquila e Priscilla, sposi. Delle loro origini si conosce pochissimo. Sappiamo tuttavia che erano due coniugi giudei residenti a Roma, verosimilmente nel I secolo dopo Cristo, convertitisi al cristianesimo e divenuti discepoli di San Paolo apostolo. Aquila, il marito. Era un ebreo originario della Bitinia e Ponto (Bithynia et Pontus), provincia imperiale romana situata nell’Anatolia nord-orientale, sulle rive del mar Nero (oggi nella parte asiatica della Turchia) e trapiantato a Roma, mentre la moglie Priscilla, detta anche Prisca, era probabilmente un’ebrea romana. Si convertirono ambedue al cristianesimo in epoca imprecisata, entrando a fare parte della prima comunità cristiana della Capitale Imperiale. Capita, talvolta, che alcuni storici e agiografi pongano la figura di Priscilla prima di quella del marito, segno della grande importanza che ebbe questa donna, probabilmente la “figura di riferimento” della coppia. I due sono beneficiari di un bellissimo elogio che San Paolo fece loro nel finale della sua monumentale Lettera ai Romani (Rm 16, 3-5). Infatti, nel lungo elenco dei più stretti collaboratori del grande “Apostolo delle Genti”, ai primi posti si colloca proprio questa coppia. Scrive Paolo: “… Salutate Priscilla e Aquila (mettendo il nome della donna prima dell’uomo), miei collaboratori nel servizio di Gesù Cristo. Essi hanno rischiato la loro testa per salvare la mia. Non io soltanto, ma anche tutte le comunità dei credenti non ebrei devono esser loro grati. Salutate anche la comunità che si raduna in casa loro …”. Comunque, non è solo qui che i due sposi, così benemeriti tra le prime comunità cristiane, sono nominati. Anche l’evangelista Luca, medico e compagno di Paolo, nei suoi Atti degli Apostoli dice: “… Dopo questi fatti, Paolo lasciò Atene e andò a Corinto (importante città portuale della Grecia continentale). In quel centro trovò un Ebreo che si chiamava Aquila, nato nella provincia del Ponto. Con Priscilla sua moglie, era appena arrivato dall'Italia, perché l'imperatore Claudio aveva espulso da Roma tutti gli Ebrei. Paolo andò a casa loro e, poiché faceva lo stesso mestiere, rimase con loro e li aiutava a fabbricare tende. Ogni sabato però andava nella sinagoga, si metteva a discutere, e cercava di convincere tutti, Ebrei e Greci …” (At 18, 1-4). Poi ancora: “… Paolo rimase a Corinto ancora un po' di tempo. Poi salutò i cristiani di quella città e s’imbarcò verso la provincia della Siria, con Priscilla e Aquila … Quando arrivarono nella città di Efeso, Paolo si separò dai due coniugi …” (At 18, 18-20). Infine più avanti: “… A Efeso in quei giorni arrivò un Ebreo, un certo Apollo, nato ad Alessandria d'Egitto. Parlava molto bene ed era esperto nella Bibbia. Apollo era già stato istruito nella dottrina del Signore; predicava con entusiasmo e insegnava con esattezza quello che riguardava Gesù; egli però conosceva soltanto il battesimo di Giovanni il Battezzatore. Con grande coraggio Apollo cominciò a predicare nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo sentirono parlare e rimasero colpiti dalle sue parole: allora lo presero con loro e lo istruirono più accuratamente nella fede cristiana …” (At 18, 24-28). L’ultima citazione dei due la troviamo nella Prima Lettera ai Corinzi dello stesso San Paolo: “… Vi salutano molto nel Signore Aquila e Priscilla, con la comunità che si raduna nella loro casa …” (1Cor 16, 19). Il Beato francese Charles de Foucauld (1858-1916), fondatore dell’Istituto religioso dei “Piccoli Fratelli del Sacro Cuore”, ha scritto: “… Bisogna fare anche oggi come quei due di allora, bisogna imparare da Priscilla e Aquila …”. Tutti noi cristiani dovremmo imitare, infatti, il loro coraggio e il loro impegno, come coppia di sposi sempre unita, anche nel far conoscere il Vangelo. Aquila e Priscilla non erano apostoli o discepoli di questi ultimi, non avevano una “patente ufficiale” per annunciare il Vangelo. Erano due semplici coniugi, laici, provenienti dal popolo e privi di approfonditi studi, ma interpretarono bene il loro ruolo di famiglia cristiana, facendo conoscere la figura di Gesù ai fratelli, con sollecitudine, impegno e senza tornaconto, anzi con fatica e rischio. Non si chiusero nel loro privato familiare e professionale di fabbricatori di tende, preoccupati e concentrati solamente sull’interesse della loro piccola azienda familiare. Erano ben conosciuti e stimati nell’ambito di molte comunità cristiane del tempo, per questo il grande apostolo Paolo scrisse nella sua Lettera ai Romani che “… tutte le comunità dei credenti gli devono essere grati …” (Rm 16, 5). San Paolo - come in precedenza accennato - li conobbe a Corinto, dove Priscilla e il marito si erano rifugiati dopo la cacciata da Roma di tutti gli ebrei (che molti pagani ritenevano essere una sola cosa con i cristiani), avvenuta nel 49 con l’accusa di fomentare “disordini" (anche se si trattava più che altro di accese discussioni tra gli ebrei fedeli solo a Mosè e quelli convertiti a Cristo), per ordine dell'Imperatore Claudio (dal 41 al 54). Via da Roma tutti gli ebrei, convertiti al cristianesimo o no. Forse, la loro fiorente impresa di fabbricatori di tende e lavorazione del cuoio, consigliava ad Aquila e Priscilla la scelta di una grande città per continuare a lavorare in pace. Corinto lo era e aveva anche un grande porto collegato con tutto l'Impero, facendone una città ideale, che anche Paolo contemplò nei suoi viaggi missionari. Vi arrivò, infatti, nel 50 circa, quando Aquila e Priscilla si trovavano in città da circa un anno. Dice un proverbio latino “Similes cum similibus congregantur” (“I simili si accompagnano con i loro simili”), rivelandosi veritiero anche in questo caso, giacché pure Paolo era un provetto fabbricante di tende. Paolo e i due andarono subito d’accordo, tanto che egli lavorò con loro per mantenersi e per non essere d’aggravio a nessuno, andando ad abitare con loro, certamente da essi invitato. Quando poi Paolo, terminata la sua missione di evangelizzazione a Corinto, svolta con la preziosa collaborazione di Aquila e Priscilla, volle tornare in Siria, ebbe come compagni di viaggio fino a Efeso in Anatolia (oggi nella Turchia asiatica), proprio loro due. Forse per i coniugi era soltanto un viaggio d’interesse commerciale, ma è indicativo che l'abbiano fatto con l'Apostolo. A Efeso, poi, non curarono solo interessi professionali e affari, ma anche la catechesi approfondita nei riguardi di Apollo (il già visto giudeo convertito di Alessandria d’Egitto), molto colto e preparato nelle Sacre Scritture, ma con qualche lacuna di carattere storico e teologico su Gesù Cristo. Aquila e Priscilla, infatti, lo avevano prima ascoltato bene durante le sue ferventi evangelizzazioni pubbliche e, costatatene l’incompletezza del suo insegnamento, lo invitarono a casa loro, dove completarono la sua istruzione su Cristo e il Vangelo. Una bella testimonianza d’impegno evangelizzatore dei due. Nella loro casa di Efeso ospitarono di nuovo l'Apostolo Paolo nel suo terzo viaggio missionario (dal 52/53 al 57) e, particolare importante, si riuniva la comunità cristiana della città (1Cor 16, 19), perché frequentare la sinagoga, si dimostrava sempre più un problema per l'opposizione che v’incontravano i cristiani (At 19, 9). Ecco quindi una nuova forma d’impegno apostolico della coppia: offrire la loro casa affinché funzionasse quasi come una cappella dove pregare e celebrare l'Eucarestia. Dopo Efeso, quando fu possibile farlo, tornarono di nuovo a Roma, giungendovi probabilmente in un brutto periodo, cioè appena terminata la sommossa contro i cristiani fomentata da un commerciante pagano di nome Demetrio (At 19, 21), che temeva, con tutte quelle continue conversioni al cristianesimo, di perdere il suo lucrativo giro d’affari delle statuette d'argento della dea Artemide. Tuttavia, i coniugi non si scoraggiarono per niente e ripresero il loro mestiere di fabbricanti di tende e teloni, e naturalmente il loro impegno religioso nella comunità di Roma. Anche qui, nella loro casa, si riuniva una collettività di cristiani (Rm 16, 3-5). Rimasero nell’Urbe fino allo scoppio della terribile persecuzione contro i seguaci di Gesù scatenata dell’Imperatore Nerone (dal 64 al 65), quando furono di nuovo costretti ad allontanarsi dall’Urbe e fecero ritorno a Efeso, sembra definitivamente, come afferma Paolo nella sua Seconda Lettera a Timoteo (2Tim 4, 19). Roma, Corinto, Efeso. Una vita movimentata, piena di viaggi, trasferimenti, rischi, persecuzioni, difficoltà e di proficuo apostolato. Sempre insieme, in tutto. Tali città devono molto a quest’originalissima coppia di sposi cristiani delle origini. Dopo una così intensa vita al servizio di Gesù, non si sa con precisione come e dove morirono i due. Molto probabilmente la loro vita terrena terminò a Efeso, ultima tappa dei loro viaggi commerciali e apostolici, ma non sappiamo se furono martiri. Anche se, per giustificare la presenza di una chiesa e delle catacombe di Santa Priscilla a Roma, qualcuno avanza l'ipotesi che siano effettivamente morti martiri sotto Nerone. Anche il Sinassario Costantinopolitano (una collezione di agiografie) li commemora al 13 febbraio come “apostoli e martiri”, ma non vi sono prove sufficienti. Il Martirologio Romano invece pone la loro memoria liturgica l'8 luglio senza menzionarne il martirio, “sposando” la più accreditata ipotesi che siano morti a Efeso, poiché l'ultima citazione della Seconda Lettera a Timoteo di San Paolo li pone proprio in questa città (2Tm, 4, 19). I Bollandisti (gruppo di studiosi Gesuiti degli “Atti dei Santi”) dopo aver riferito le diverse ipotesi sulla loro fine, non si sbilanciano troppo e, con molta sobrietà, riferiscono l'elogio del Martirologio Romano, affermando, quasi a conclusione della questione: “… A noi non consta niente di diverso, sennonché i due coniugi vissero santamente fino alla fine della loro vita …”. Insieme tutta la vita, dunque, nella loro professione a fabbricare tende e a “lavorare” per il Vangelo di Gesù Cristo, vivendo santamente fino alla fine.
IMMAGINE: <<"Martirio di Aquila e Priscilla", Affresco a tempera su intonaco murale dipinto nel 1318 circa da ignoto autore di scuola locale. L'opera si trova all'interno della chiesa della Santissima Annunziata di Gracanica (Kosovo)>>.
Roberto Moggi
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