Sant’Enrico, imperatore

Oggi - 13 luglio 2024 - sabato della XIV settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di Sant’Enrico, imperatore. Henricus o Heinrich, questo il suo nome rispettivamente in latino e in tedesco, noto anche come “Il Santo”, nacque verosimilmente il 6 maggio 973 (o secondo altre fonti 978) nel castello familiare di Bad Abbach, sulle rive del fiume Danubio, nel Ducato di Baviera, che si estendeva nel sud dei territori germanofoni del Sacro Romano Impero (oggi nello Stato della Baviera, parte meridionale della Germania). Figlio dell’omonimo duca di Baviera Enrico II, era nipote del fondatore del cosiddetto impero Romano-Germanico, Ottone I di Sassonia detto “Il Grande” e aveva un fratello, Bruno, che rinunciò agli agi della vita dei nobili per farsi sacerdote, giungendo alla dignità di vescovo di Augusta (Baviera, Germania) e due sorelle, delle quali Brigida, si fece monaca e, l’altra, Gisella, andò sposa al re Stefano d’Ungheria, futuro santo. Anche Enrico manifestò presto attrazione alla vita spirituale, sebbene l’ambiente in cui viveva, ricco e dissipato, paresse il meno adatto per un cammino di fede. Ancora piccolo, fu affidato dalla madre ai canonici dell’Abbazia di Hildesheim, nella vicina Bassa Sassonia e più tardi personalmente al vescovo di Ratisbona (Baviera) Volfango (924-994), che sarebbe divenuto santo, alla cui scuola si formò culturalmente e spiritualmente. Divenne poi duca di Baviera col nome di Enrico IV (dal 995 al 1017) e, col nome di Enrico II, rispettivamente, imperatore di Germania (dal 1002 alla data della sua morte nel 1024), re d’Italia (dal 1004 al 1024) e imperatore del Sacro Romano Impero (dal 1014 al 1024). Fu un imperatore ferventemente cattolico, che cercò di essere sempre alla sequela di Cristo nell’attività politica e di governo, meritando un posto di tutto rispetto nella storia del Medioevo europeo. Riguardo alla sua grande religiosità, si narra che egli visitò un giorno l’abate del monastero benedettino di Saint-Vanne a Verdun, nella Mose (oggi nel dipartimento della Mose, Francia nord-orientale), chiedendogli d’essere ammesso in quell’ordine monastico, ma, il prudente priore, dovette necessariamente scuotere la testa, consigliandogli di continuare a fare “il suo lavoro” (di re e imperatore), bene, da cristiano e “per obbedienza”. Un episodio singolare, quest’ultimo, che contribuì a mantenerlo sul retto sentiero negli anni giovanili, nel momento in cui più facile era “smarrire la retta via”. Una notte del 996 circa, quando aveva ventitré anni, gli apparve in sogno il suo precettore Volfango, morto da poco, che tracciò sul muro della sua camera due brevi quanto misteriose parole: “Fra sei”. Enrico pensò di dover morire sei giorni dopo e, da buon cristiano, trascorse l’attesa in pii esercizi spirituali. Passati i sei giorni senza che nulla fosse accaduto, interpretò allora il presagio come riferito a sei mesi e continuò a disporsi a ben morire per tale periodo. Dopo sei mesi Enrico era ancora in vita e ringraziò Dio di aver davanti a sé ancora sei anni per accumulare meriti e ottenere il perdono dei peccati. Trascorsi precisamente sei anni da quel sogno, il mistero gli fu finalmente svelato. Enrico si trovò, infatti, sul trono di Germania, ben temprato spiritualmente per non cedere alle facili tentazioni del potere e della mondanità. Non mancarono occasioni per fornire prova di quanto aveva imparato alla scuola di San Volfango. Portò avanti grandi iniziative per il popolo, con fermezza e al tempo stesso con moderazione. Il 14 febbraio 1014, a Roma, Papa Benedetto VIII (dal 1012 al 1024) pose sul suo capo e su quello della pia consorte Cunegonda (978-1039), che sarà anch’essa santa, la corona del Sacro Romano Impero. La sua elezione non fu dovuta a intrighi o a violenza, ma alla concorde designazione della sua persona da parte dei feudatari e dei cosiddetti “grandi elettori” tedeschi, che ritennero di trovare in lui l’uomo adatto a mantenere ordine e autorità nel paese agitato e diviso. Il regno di Enrico, infatti, non fu facile. Egli dovette lottare contro i feudatari ribelli al suo dominio e riportare la pace tra i sudditi in Germania. Anche in Italia, dovette combattere con Arduino marchese d’Ivrea (995-1015), che i feudatari locali avevano prima eletto re a Pavia (Lombardia), salvo poi, scontenti del suo dispotismo, chiamare a spodestarlo proprio lui, offrendogli la famosa ”Corona ferrea” o “di ferro”, l'antica e preziosa corona che fu usata, dall'Alto Medioevo fino al XIX secolo, per l'incoronazione dei re d'Italia. Tuttavia, la saggezza politica e la fortuna militare di Enrico II non ebbero radici soltanto umane. La sua vita, come detto, era uno specchio di virtù, la sua carità ardente e generosa. Non s’insuperbì per la sua alta condizione, né si gloriò delle proprie innegabili qualità di regnante. Si mantenne sempre umile, agevolato anche dall’avere accanto una donna degna di lui, la regina Cunegonda, che, come accennato, sarebbe poi stata anche lei onorata come santa. Insieme, queste due anime doppiamente gemelle, lavorarono alla loro perfezione spirituale e al benessere dei propri sudditi. Attraverso l’esempio e l’insegnamento di uno dei suoi migliori maestri, il francese Odilone, abate di Cluny (961-1049), uno dei più grandi santi del suo tempo, riformatore dello spirito monastico, portò, anche nel governo delle cose terrene, il lievito della cristiana spiritualità, il calore della carità e, soprattutto, l’esempio raro tra i potenti della correttezza civile e dell’onestà morale. Promosse, al contempo, la riforma del clero e del monachesimo. Chiese e ottenne dal Pontefice Benedetto VIII - per una maggiore conoscenza delle verità di fede da parte dei fedeli - l’inserimento nella celebrazione eucaristica della domenica e delle feste principali, la recita della “Professione di fede”. Morì a Gottinga, in Bassa Sassonia (Germania), a cinquantadue anni, il 13 luglio 1024, dopo una dolorosa infermità sopportata con esemplare rassegnazione. Fu sepolto nel duomo di Bamberga in Baviera (Germania). Il Beato papa Eugenio III (dal 1145 al 1153), lo incluse nell’elenco dei santi nel 1146. L’imperatore Enrico II è patrono dei sovrani.
IMMAGINE: << L'imperatore Enrico II "Il Santo" con la consorte regina Cunegonda, olio su tela realizzato attorno al 1480 da ignoto autore di ambito germanico. L'opera si trova nella collezione della Biblioteca Nazionale di Bamberga (Germania)>>.
Roberto Moggi
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