Oggi
- 10 luglio 2024 - mercoledì della XIV settimana del Tempo Ordinario,
la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, le Sante Rufina e Seconda,
martiri di Roma. Di Rufina (nome invariato) e Secunda (Seconda), questi i
loro nomi nella natia lingua latina, si conoscono poche notizie ad
eccezione del martirio. Secondo la tradizione nacquero a Roma nella
prima metà del III secolo, figlie
del senatore Asterio e della matrona Aurelia. Abbracciarono presto la
fede in Gesù, che conobbero frequentando le prime comunità cristiane
dell’Urbe. Ancora molto giovani, come consuetudine dell’epoca, furono
promesse in spose contro il loro volere, rispettivamente ad Armentario e
Verino, loro concittadini e compagni di fede. Questi ultimi, però,
durante la persecuzione contro i cristiani scatenata dal 257 al 260
circa dall’imperatore Valeriano (dal 253 al 260), ai primi segnali di
pericolo apostatarono il loro credo per paura, invitando le promesse
spose a fare altrettanto. Inorridite da tale richiesta, Rufina e
Seconda, piuttosto che essere costrette ad abiurare, fuggirono in
Etruria, regione a nord di Roma compresa tradizionalmente fra i fiumi
Arno e Tevere (oggi corrispondente, pressapoco, al Lazio settentrionale e
alla toscana), decidendo di consacrarsi al Signore nella castità.
Tuttavia, i due pretendenti, non essendo riusciti a convincerle a
seguire il loro esempio, si vendicarono denunciandole quali cristiane.
Così, mentre si allontanavano dalla Capitale, le due ragazze furono
raggiunte al XIV miglio della via Flaminia, catturate e consegnate in
catene al Prefetto dell’Urbe Giunio Donato. Quest’ultimo, esperiti
vanamente tutti i tentativi per convincerle all’apostasia e al
matrimonio pagano, essendosi rifiutate di sacrificare agli dei, dopo
averle fatte torturare, le condannò a morte. Fu così che, nel medesimo
spazio temporale compreso tra il 257 e il 260 circa, condotte “in fundum
qui vocatur Buxo” (in un fondo chiamato “Buxo”) al X miglio della via
Cornelia (corrispondente alla zona dell’attuale via Boccea), fu eseguita
la sentenza capitale. Una delle giovani (non si sa quale delle due) fu
decapitata, mentre l’altra uccisa a bastonate. Il loro martirio è
provato da numerosi documenti certi. I loro corpi, abbandonati alle
bestie selvatiche senza sepoltura, furono poi pietosamente raccolti da
una cristiana di nome Plautilla e inumati in una tomba in loco. Quella
zona, fino allora chiamata anche “Silva nigra” (Selva nera), fu poi
chiamata “Silva candida” a ricordo della purezza delle martiri Rufina e
Seconda. Sul loro sepolcro, secondo alcuni studiosi per opera di papa
Giulio I (dal 341 al 353), fu eretta una basilica che il pontefice
Adriano I restaurò e Papa Leone IV arricchì di doni, mentre la regione
circostante ebbe fin dal secolo V un proprio vescovo, inizialmente
chiamato proprio “di Selva candida”. Più tardi, quando la diocesi, sotto
papa Callisto II, fu unita a quella suburbicaria di Porto, assunse la
denominazione definitiva (che sussiste tuttora) di Porto e Santa Rufina.
Papa Anastasio IV (dal 1153 al 1154) trasferì i corpi delle due sorelle
nel Battistero Lateranense, dove tuttora riposano. L’antica basilica
sulla via Cornelia andò in rovina, tanto che oggi non se ne può più
nemmeno indicare l’esatta ubicazione.
IMMAGINE: <<“Martirio di Santa Seconda e Rufina”, olio su tela realizzato congiuntamente - tra il 1620 ed il 1625 circa - dai pittori lombardi Pier Francesco Mazzucchelli (1573-1626); Giulio Cesare Procaccini (1574-1625) e Giovanni Battista Crespi (1573-1632). L’opera si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano>>.
Roberto Moggi
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IMMAGINE: <<“Martirio di Santa Seconda e Rufina”, olio su tela realizzato congiuntamente - tra il 1620 ed il 1625 circa - dai pittori lombardi Pier Francesco Mazzucchelli (1573-1626); Giulio Cesare Procaccini (1574-1625) e Giovanni Battista Crespi (1573-1632). L’opera si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano>>.
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