Sant’Apollinare, vescovo

Oggi - 20 luglio 2024 - sabato della XV settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di Sant’Apollinare, vescovo e martire. Di Apollinaris (Apollinare), questo il suo nome latino, spesso indicato con la specificazione “di Ravenna”, non si conosce molto. Come per molti santi paleocristiani, le fonti storiche a lui riferite sono prevalentemente tardive e con elementi a tratti leggendari, anche se possono basarsi su tradizioni precedenti e fondate storicamente. Il più antico documento che parla di lui risale a San Pietro Crisologo (406-450), vescovo di Ravenna e dottore della Chiesa. Egli, nel suo Sermone contraddistinto dal progressivo 128 della relativa raccolta, ricorda Apollinare come primo vescovo della Chiesa ravennate e martire, senza però fornire esaurienti dettagli sulla sua vita: “… Egli fu l’unico …” - scrive - “… che adornò questa Chiesa locale con l’eccelso nome del martirio ...”. Lo definisce ancora come “buon pastore”: “… Ecco, è vivo, ecco, come il buon pastore fa sorveglianza in mezzo al suo gregge ...”. Una scarna menzione di Apollinare è fatta anche nel Martirologio Geronimiano, attribuito al dottore della Chiesa San Girolamo (347-420), ma risalente all'inizio del V secolo. Ugualmente, il “Passio Sancti Apollinaris”, un testo che la critica colloca tra il VI e il VII secolo, è un importante documento agiografico, che aiuta a ricostruire la storia di Apollinare. Secondo la più accreditata tradizione, che trova conforto nelle fonti citate, il protovescovo ravennate nacque nel I secolo dopo Cristo ad Antiochia di Siria, nell’omonima provincia romana (oggi nella parte nord orientale della Turchia asiatica, non lontano dal confine con l’attuale Siria), da una famiglia ebrea. Anche se il suo nome è di origine gentile (dedicato ad Apollo, divinità della religione greca e romana), bisogna tenere presente che la diffusione tra gli ebrei di nomi greci e romani era comune nel I secolo. In quella che dovrebbe essere la sua città natale, conobbe il cristianesimo tramite la predicazione di San Pietro Apostolo, convertendosi velocemente e divenendone un discepolo. Infatti, quando Pietro si imbarcò per Roma, durante il regno dell'Imperatore Claudio (dal 41 al 54), lo seguì nell’Urbe. Da lì, l’Apostolo, lo avrebbe poi inviato a Ravenna ad annunciare il Vangelo tra i pagani, dicendogli, come riferisce sempre San Pietro Crisologo: “… Tu che siedi con noi, ecco che sei istruito su tutto quello che ha fatto Gesù. Alzati e ricevi lo Spirito Santo e nello stesso tempo il pontificato, e recati nella città che si chiama Ravenna. C’è là un popolo numeroso. Predica a essi il nome di Gesù e non aver paura. Infatti, tu sai bene chi sia veramente il Figlio di Dio che restituì la vita ai morti e porse la medicina agli ammalati …”. Dopo molte parole - narra ancora il Crisologo - il beato Apostolo Pietro, pronunciando una preghiera e ponendo la mano sul suo capo, disse: “… Il Signore nostro Gesù Cristo mandi il suo angelo che prepari la tua strada e ti conceda quanto avrai chiesto …” e baciandolo lo congedò. A Ravenna, città della quale fu nominato primo vescovo e dove, con la sua sola voce, distruggeva le statue degli idoli pagani, per volontà di Dio, guarì ogni sorta di malati, scacciò demoni e ridonò la vita a una ragazza morta, la figlia di Menenio Rufo, funzionario imperiale che aveva il comando militare di Ravenna. Il “Passio Sancti Apollinaris” registra l’attività missionaria del vescovo Apollinare a Ravenna e nella circostante regione Emilia, ma anche - durante i suoi viaggi pastorali - lungo le coste di Corinto in Grecia, dove fece naufragio, lungo le rive del fiume Danubio in Europa e infine in Tracia, nell'estrema punta sud orientale della Penisola Balcanica (oggi corrispondente pressapoco alla Turchia europea), presentando così la sua figura come quella di un evangelizzatore itinerante. Il ritorno a Ravenna segna, nel racconto agiografico della Passio, l’ultima parte della sua vita: il testo riporta gli ultimi miracoli compiuti e il suo costante annuncio della Parola del Signore, prima di subire il martirio per mano dei pagani, non lontano dalla città di Classe, oggi frazione di Ravenna, luogo dove verrà sepolto “in un’arca di sasso”. Un’antica tradizione attestava il suo martirio nel 74 dopo Cristo, pochi anni dopo il martirio dell’Apostolo Pietro (avvenuto a Roma tra il 64 e il 67), circostanza che rimarcava il legame tra il protovescovo ravennate e il vescovo di Roma. Nei secoli passati, la questione concernente il luogo della sepoltura del Santo, è stata oggetto di un’importante controversia tra i monaci classensi e i monaci della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, disputa nella quale intervenne direttamente Papa Alessandro III (1159-1181) che, nel 1173, decise di inviare un suo rappresentante per verificare quale dei due monasteri custodisse realmente le spoglie del protovescovo. Le reliquie di Apollinare furono rinvenute nella cripta della basilica classense e, sul suo corpo, furono rinvenute tre piccole lamine d’argento che riportavano passi inerenti alla sua vita e al suo martirio. Nel 1874, parte di queste reliquie (il capo e la mano destra) furono trasferite nel Duomo di Ravenna, dove ancor oggi si trovano, in una teca collocata entro l’altare maggiore. È patrono della città e della Romagna.
IMMAGINE:<<Sant’Apollinare in un particolare del mosaico absidale della Basilica di Sant'Apollinare in Classe (Ravenna), opera di ignoto autore di scuola bizantina del VI secolo>>.

Roberto Moggi
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