San Tommaso, apostolo

Oggi - 3 luglio 2024 - mercoledì della XIII settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la festa di San Tommaso, apostolo. Egli era un ebreo nato sul finire del I secolo a.C. in un luogo imprecisato della Palestina romana, probabilmente nella Galilea (oggi in Israele). Visse infanzia e giovinezza sulle rive del lago di Tiberiade, dove faceva quasi certamente il pescatore, fino a quando fu aggregato al collegio apostolico. Certamente seguiva il Messia dall’inizio della Sua vita pubblica, ma ignoriamo la precisa occasione nella quale entrò per la prima volta in relazione con Lui. Il solo Vangelo secondo Giovanni documenta i tre anni in cui Tommaso fu discepolo di Gesù, mentre gli Atti degli Apostoli parlano del periodo che intercorre tra la Pentecoste e l’inizio dell’opera di evangelizzazione portata avanti dagli apostoli nel mondo. Dagli scritti apocrifi, particolarmente dal Vangelo di Tommaso del II secolo e dagli atti riconducibili al III secolo, si possono poi ricavare indicazioni utili sull’ultimo segmento della vita di Tommaso. Egli è inoltre indicato, nei Vangeli sinottici (secondo Matteo, Marco e Luca), nella lista del collegio apostolico (Mt 10, 2-4; Mc 3, 16-19 e Lc 6, 13-16). Nel suo testo, l’evangelista Giovanni, ogni volta o quasi lo nomina, lo “presenta” spiegandone il nome. La prima volta lo incontriamo al capitolo 11, nella preparazione del “segno di Betania” (la risurrezione di Lazzaro, l’amico del Signore), dove al versetto 16 leggiamo: “… Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!» …” (Gv 11, 16). Tommaso era chiamato “Dìdimo”, che detto così sembra essere un soprannome, mentre in realtà è la trasposizione in greco della parola aramaica “Ta'omà” (oppure “Te'oma” o “Tômà”). Di conseguenza, non bisognerebbe dire “detto” Didimo, ma “che significa” Didimo e dovremmo tradurre “Didimo”, che è una parola greca, con la corrispondente italiana, che è “Gemello”. Pertanto, Tommaso vuol dire Gemello, come anche Didimo in greco vuol dire Gemello. Si tratta di tre parole con identica accezione: “Tommaso” (italianizzazione derivante dall’aramaico anzidetto), “Didimo” in greco e “Gemello” in italiano. Tommaso visse tutti e tre gli anni della vita pubblica del Signore al Suo seguito. D’altronde, quando gli apostoli dovettero sostituire Giuda nel gruppo dei dodici, per bocca di San Pietro richiamarono il criterio per la scelta, come indicato negli Atti degli Apostoli: “… tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato, tra di noi assunto al cielo …” (At 1, 21-22), che spiega come, per diventare apostoli, si richiedeva ai candidati di essere stati con Gesù tutti e tre gli anni dalla Sua vita pubblica. Delle origini di Tommaso e dei suoi genitori non si ha nessun ragguaglio. La tradizione apocrifa crede d’aver individuato un fratello o una sorella di lui in tali Eleazaro o Lidia, circostanza che potrebbe spiegare il perché dell’appellativo “Didimo” (Gemello). Della personalità di Tommaso fanno spicco il coraggio unito alla fermezza di carattere: “… andiamo anche noi a morire con lui! … ” (Gv 11, 16) disse, come già visto, nel momento in cui gli altri apostoli dissuadevano il Maestro dal recarsi di nuovo a Gerusalemme, dove da poco i Giudei avevano tentato di lapidarlo. Altro importante aspetto caratteriale e spirituale di Tommaso, è la capacità di rendersi conto del profondo significato delle affermazioni di Gesù, non disgiunta da spirito ragionatore: “… Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via? …” (Gv 14, 5), aveva fatto notare a Gesù in un’ora d’incertezza e di sconforto per l’imminente “partenza” di Lui (Ascensione). Tipico della sua personalità è poi lo scetticismo. Particolarmente conosciuto, a questo proposito, è l’episodio narrato al capitolo 20 del Vangelo di Giovanni. Gesù è risorto ed è apparso ai discepoli, in un momento in cui non era presente Tommaso. Lui, sentendo parlare da loro della Risurrezione del Figlio di Dio, esige di “toccarlo con mano” prima di poterci credere. Il Signore torna, otto giorni dopo, e lo invita a “controllare” e toccare con mano le sue piaghe: “… Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!» …” (Gv 20, 27). Ed ecco che Tommaso, il pignolo, lo scettico, il cauto, vola fulmineo ed entusiasta alla conclusione, chiamando Gesù con una delle più belle professioni di fede di sempre: “… Mio Signore e mio Dio! …” (Gv 20, 28), come nessuno fino ad allora aveva mai fatto. E Cristo, di rimando: “… «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» …” (Gv 20, 29). Tommaso è ricordato ancora da Giovanni e negli Atti degli Apostoli, ma senza particolare specificazione. Non appena la Vergine venne assunta al cielo in anima e corpo, gli apostoli, per soprannaturale divina disposizione, si sarebbero ritrovati per l’ultima volta a Gerusalemme, nel 42 circa. Tommaso, che si era spinto nel lontano oriente per evangelizzare, ben fuori dell’Impero Romano, sarebbe stato prodigiosamente trasportato dalle lontane regioni dei Parti, nella grande Persia, fino al Monte degli Ulivi, presso Gerusalemme, dove avrebbe visto Maria salire al cielo in anima e corpo. La Madre di Dio, alle sue suppliche e invocazioni, per consolarlo, gli avrebbe gettato dall’alto la cintura con la quale gli undici avevano cinto il suo corpo santissimo. Dopo aver evangelizzato, tra gli anni 42 e 49 circa, i paesi della Media (regione della parte nord-occidentale dell’odierno Iran, compresa tra il mar Caspio, L’Armenia e la Mesopotamia) e il resto della Persia, Tommaso si diresse in India, dove la prima volta, tra gli anni 53 e 60, predicò la fede di Cristo lungo le coste sud-occidentali di quel sub-continente (attuale regione del Malabar) e, successivamente, su quelle sud-orientali (odierno Coromandel). Narra la tradizione che egli suggellò la sua missione col martirio, venendo ucciso a colpi di lancia a Calamina, l’odierna Mylapore o Meliapor, sobborgo di Madras (India), tra gli anni 68 e 72. Gli apocrifi “Atti di Tommaso”, ci parlano della predicazione, dei miracoli e del martirio dell’apostolo, spiegando che i soldati si avvicinarono, lo colpirono tutti insieme ed egli cadde a terra e morì, e concludendo con le parole: “… Qui finiscono gli atti di Tommaso, apostolo di nostro Signore Gesù Cristo, che fu martirizzato in terra indiana per ordine del re Mazdai …”. Il 3 luglio 230, le sue reliquie vennero portate da un mercante a Edessa di Mesopotamia. Un millennio dopo, all’epoca della II Crociata (dal 1147 al 1150), a causa delle conquiste musulmane, le Ossa di San Tommaso furono trasferite nell’isola greca di Kios, anticamente Scio (nell’arcipelago greco del Mare Egeo). Nel 1258 si ebbe la traslazione in Italia, nella cattedrale di Ortona (cittadina marittima adriatica oggi in provincia di Chieti, regione Abruzzo). Di questo evento esistono vari documenti, in modo particolare una pergamena redatta pochi mesi dopo da pubblici notai della città di Bari (oggi capoluogo della regione Puglia). Vi sono, poi, le attestazioni di storici insigni. I pontefici Bonifacio IX, Sisto IV, Clemente XII, Gregorio XIII e Benedetto XIV, per promuoverne il culto, si mostrarono generosi nell’offrire indulgenze a coloro che visitavano il sepolcro di San Tommaso. Il 5 settembre 1949, con la Bolla “Innumeras” (Illimitato), in occasione della riapertura al culto del tempio dopo le distruzioni belliche della Seconda Guerra Mondiale, il Servo di Dio papa Pio XII riconfermò tutte le precedenti benevolenze. Numerosi sono i pellegrini che si recano sulla tomba del santo anche da località lontane, riportandone spesso grazie speciali. La nobile svedese Santa Brigida (1303-1373), venne a venerare il sepolcro di San Tommaso nella città di Ortona ed ebbe dal Signore la rivelazione che le ossa colà custodite sono effettivamente quelle di Tommaso.
IMMAGINE: <<"Incredulità di San Tommaso", dipinto chiaroscuro ad olio su tela realizzato tra il 1601 ed il 1602 circa dal pittore milanese Michelangelo Merisi detto "Caravaggio" (1571-1610). L'opera si trova attualmente presso la Bildergalerie del parco Sanssouci di Potsdam a Berlino (Germania)>>.
Roberto Moggi
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