Oggi - 2 luglio 2024 - martedì della XIII settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Bernardino Realino, sacerdote. Bernardino nacque il 1° dicembre 1530 a Carpi, presso Modena, feudo della Signoria D’Este di Ferrara (oggi in provincia di Modena, regione Emilia-Romagna). Era il primogenito di Francesco, uomo d’armi e “cavallerizzo maggiore” alle dipendenze delle principali case regnanti dell'Italia settentrionale, e di donna Elisabetta Bellentani. Il padre, per tale mestiere, era spesso assente da casa e Bernardino crebbe sotto la guida della mamma, dalla quale fu educato alle virtù cristiane e al gusto dell’arte, maturando una bella passione per la poesia e la filologia. Era pio, docile, garbato con tutti, caritatevole verso i poveri e assiduo nella frequenza dei Sacramenti, segno di una precoce vocazione. Avviato presto agli studi, dimostrò di esservi molto portato, attratto da ogni branca dello scibile con eccelsi risultati. Nel 1546 studiò i classici greci e latini nella rinomata “Accademia Modenese” di Modena, uno dei più illustri centri culturali d’Italia, e nel 1549, dopo tre anni, si trasferì nella prestigiosa università del Libero Comune di Bologna (oggi capoluogo della Regione Emilia-Romagna), per lo studio della filosofia e poi ancora della medicina. Qui, sebbene non gli mancassero tentazioni d’ogni genere, riuscì a mantenersi sempre casto così come si era prefissato. In città fu assiduo nella frequenza alla chiesa di San Michele al Bosco e all'attiguo convento dei monaci benedettini olivetani, dove un religioso, suo concittadino, ne assunse la direzione spirituale. Ben presto si accorse di non essere portato per fare il medico, e lasciò lo studio della medicina per dedicarsi alla giurisprudenza, dopo essersi innamorato della bellezza e purezza della giovane Cloride, conosciuta in chiesa. Infine nel 1556, all’età di ventisei anni, si laureò brillantemente in diritto civile e canonico. Da quel momento gli furono affidate le importanti cariche di podestà di Felizzano e Cassine (entrambi paesi oggi in provincia di Alessandria, Piemonte), per diventare poi pretore a Castelleone (adesso in provincia di Cremona, Lombardia). Passò da un comune all’altro dell’Italia settentrionale, sempre come podestà, pretore o avvocato fiscale. Era gentile e generoso, fervente cattolico, ma le cose terrene talvolta lo facevano ancora sbandare, tanto è vero che una volta, per un’ingiustizia subita dalla famiglia, non riuscì a trattenere l’ira e ferì in testa il responsabile con un colpo di spada. Nel 1560, intorno ai trent’anni, un grave lutto lo sconvolse, la morte dell’amata Cloride, che si aggiungeva alla pena per la situazione dei suoi amministrati, affranti da una grave carestia. Nello sconforto, fu tentato per un momento addirittura dall’idea di suicidarsi, demoniaca suggestione che superò con l’aiuto della preghiera. Il 3 luglio 1561, mentre meditava sulle vanità del mondo e sulle grazie divine, la donna che aveva amato onestamente nel suo cuore gli apparve e gli indicò il cielo, che da quel momento divenne la sua unica meta. Poco dopo il viceré di Sicilia, Francesco Ferdinando d'Avalos (1530-1571), lo chiamò a Napoli, dove si recò prontamente, e fu qui che avvenne la svolta spirituale. Toccato nel profondo dal sermone di un padre gesuita, volle confessarsi con lui. Il sacerdote, che subito notò la sua forte fede, l’accesa spiritualità e l’inclinazione alla vita religiosa, lo invitò a un ritiro spirituale di otto giorni e gli suggerì delle letture devozionali, alla fine delle quali il trentaquattrenne Bernardino si scoprì pronto a intraprendere la vita religiosa, entrando proprio nella Compagnia di Gesù. Ottenuta la benedizione paterna, varcò la soglia di quel noviziato il 13 dicembre del 1564. Fu ordinato sacerdote tre anni più tardi, nel 1567, e, da quel momento, i suoi progressi spirituali furono tali che convinsero il preposito generale dell’Ordine, Francesco Borgia (1510-1572), che diventerà santo, a sceglierlo come maestro dei novizi. Della sua amorevolezza paterna si accorsero tanto i giovani allievi religiosi, quanto i carcerati, gli infermi e molti altri fedeli, che assisteva spiritualmente dedicando molto tempo alle confessioni e al catechismo. Nel 1574 fu mandato a Lecce nella parte meridionale della Puglia, appartenente al Regno di Napoli (oggi capoluogo dell’omonima provincia della regione Puglia), per verificare la possibilità di fondarvi una casa e un collegio gesuita. Entrò presto nel cuore dei leccesi, che beneficiarono della sua prodiga presenza per ben quarantasei anni consecutivi, fino alla sua morte. In quel lungo periodo capitò in più occasioni che i suoi superiori gli comandassero di spostarsi in altre città, ma ogni volta stava per partire, sempre ubbidiente, succedeva “misteriosamente” qualcosa di singolare che lo tratteneva a Lecce. Qui fondò pure la chiesa detta del Gesù, dove ancor oggi riposa il suo corpo, e diede inizio a un movimento di preti diocesani con l’intento di migliorare la conoscenza della teologia morale e formare buoni confessori e predicatori. Gli ultimi anni della sua vita terrena furono contrassegnati da sofferenze per malattie e “acciacchi” vari. Sul letto di morte, dopo aver offerto per anni le sue sofferenze fisiche a Dio, fu visitato da una delegazione del municipio che gli chiese straordinariamente di essere il protettore della città non appena giunto in Paradiso. Bernardino fece un cenno d’approvazione con la testa e morì sussurrando i santi nomi di Gesù e Maria. Era il 2 luglio 1616. Tra i suoi più grandi estimatori c’era anche il Cardinale e teologo gesuita Roberto Bellarmino (1542-1621), che diventerà santo e dottore della Chiesa. Egli spese per Bernardino parole bellissime colme d’ammirazione. Dopo la beatificazione per merito di papa Leone XIII, fu canonizzato nel 1947 dal pontefice Pio XII, che lo confermò patrono di Lecce e ne esaltò l’ardore per Dio e le anime.
IMMAGINE: <<La teca di cristallo che ospita il simulacro contenente i resti mortali di San Bernardino Realino, realizzato da ignoto autore di ambito locale nel 1616 circa. Le spoglie si trovano sotto l'altare al medesimo dedicato, nel lato destro interno della chiesa del Gesù o della Madonna del Buon Consiglio di Lecce (regione Puglia).
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