San Benedetto, abate

Oggi - 11 luglio 2024 - giovedì della XIV settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la festa di San Benedetto, abate e patrono d’Europa. Benedictus (Benedetto), questo il suo nome in latino, noto comunemente con la specificazione “da Norcia”, nacque verso il 480 a Nursia Valeria, nel centro della penisola italiana (oggi Norcia in provincia di Perugia, regione Umbria). Al momento della sua venuta al mondo, l’Impero Romano d’Occidente era convenzionalmente crollato da soli quattro anni (476) e il sovrano degli Eruli Odoacre si era autoproclamato re d’Italia. Suo padre Eutropio, romano della nobile “Gens Anicia”, era console e capitano generale della regione di Norcia, mentre la madre era la nobildonna Abbondanza Claudia de' Reguardati, originaria del posto. Aveva una sorella, molto probabilmente gemella, di nome Scolastica, anch’essa futura santa. Quando la mamma morì prematuramente, Benedetto e la sorella furono affidati alla nutrice Cirilla, cristiana, che trasmise loro i primi rudimenti della fede, prima che entrambi fossero mandati a Roma per studiare, attorno ai dodici anni d’età. Nell’Urbe, tuttavia, come racconta papa San Gregorio I detto “Magno” (dal 590 al 604), nel suo “Libro dei Dialoghi”, Benedetto, sconvolto dalla vita dissoluta della città: “… ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell'immane precipizio ...”. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa paterna rinunciando alla propria eredità e cercò l'abito della vita monastica perché desiderava di piacere soltanto a Dio. All'età di diciassette anni, insieme con la nutrice Cirilla, si ritirò nella valle dell'Aniene presso Eufide (l'attuale Affile in provincia di Roma, Lazio), dove secondo una leggenda devozionale avrebbe compiuto il primo miracolo, riparando prodigiosamente un vaglio (arnese costituito da un piano metallico bucherellato atto a dividere le parti più grosse da quelle più piccole di un determinato materiale) rotto accidentalmente dalla predetta. Separatosi da quest’ultima, lasciò poi l’Urbe e si avviò verso la valle di Subiaco (oggi in provincia di Roma, regione Lazio), presso gli antichi resti d’una villa dell’Imperatore Nerone (dal 54 al 68), di appartenenza imperiale fino al III secolo dopo Cristo, nella quale le acque del fiume Aniene alimentavano tre laghetti. Qui incontrò Romano, monaco di un vicino monastero retto da un abate di nome Adeodato, che, vestitolo degli abiti monastici, gli indicò una grotta impervia del Monte Taleo, dove Benedetto visse da eremita per circa tre anni, fino alla Pasqua del 500. Conclusa l'esperienza eremitica, accettò di fare da guida ad altri monaci in un ritiro cenobitico presso Vicovaro, non lontano da Subiaco, ma, dopo che alcuni monaci infedeli, gelosi del suo carisma e della sua santità, tentarono di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato, tornò nel primitivo rifugio. Qui rimase per quasi trent'anni, predicando il Vangelo e accogliendo discepoli sempre più numerosi, fino a creare, nel tempo, una vasta comunità composta di ben tredici monasteri, ognuno con la presenza di dodici monaci e un proprio abate, ma tutti sotto la sua guida spirituale. Erano gli inizi del monachesimo occidentale nella forma cenobitica, fondato cioè sulla stabilità della vita in comune. L’idea di Benedetto, sulle orme di San Basilio (329-379), era di servire Dio non già fuggendo dal mondo, in solitudine o aprendosi a una penitenza itinerante, ma vivendo in una comunità duratura e organizzata, e dividendo il proprio tempo equamente nel lavoro, nello studio della Scrittura, nella preghiera e nel riposo, regola di vita religiosa egregiamente sintetizzato nel famoso motto “Ora et Labora”, che farà proprio. La vita comunitaria e i suoi grandi appuntamenti, di lavoro, studio e preghiera, avevano unicamente lo scopo di raggiungere la santificazione dei monaci e delle monache (di cui si occupava con grande impegno la sorella Scolastica, che lo aveva seguito in questo cammino di fede). L’obiettivo era di vivere insieme per aiutarsi l’un l’altro ad amare maggiormente Dio e diventare santi. Spingendosi più a sud, a Cassino (oggi in provincia di Frosinone, regione Lazio), intorno al 529, su un colle nei pressi della città detto Montecassino, iniziò la costruzione di un’ampia abbazia che sarebbe diventata uno dei più grandi e autorevoli monasteri nel mondo. Prendeva così vita il Monastero detto appunto di Montecassino, edificato sopra i resti di antichi templi pagani, comprensivo di oratori in onore di San Giovanni Battista (da sempre ritenuto un modello di pratica ascetica) e di San Martino di Tours (che era stato iniziatore in Gallia della vita monastica). Sulla cima di Montecassino, Benedetto compose la sua Regola verso il 540, prendendo spunto da regole precedenti, in particolare quelle di San Giovanni Cassiano e San Basilio, ma anche San Pacomio, San Cesario e l'anonimo autore della “Regula Magistri”, con il quale ebbe stretti rapporti proprio nel periodo della stesura della regola benedettina. Nella direttiva di vita dei suoi monaci, egli combinò l'insistenza sulla buona disciplina con il rispetto per la personalità umana e le capacità individuali, nell'intenzione di fondare una scuola del “servizio al Signore”. In questa scuola aveva un ruolo decisivo la lettura meditata della parola di Dio e la lode liturgica, alternata con i ritmi del lavoro in un clima intenso di carità fraterna e di servizio reciproco. Conquistata e convinta della strada spirituale intrapresa da Benedetto, più tardi, anche la sorella Scolastica fondò un monastero in cui si riunì un gruppetto di donne consacrate, quello di Piumarola (oggi frazione di Villa Santa Lucia, in provincia di Frosinone, Lazio), non lungi da Montecassino dove viveva Benedetto con i suoi monaci. Pure Scolastica conduceva le sue consorelle sulla strada della santità, con mano sicura, imitando e tenendosi in stretto contatto con il germano, anche se, secondo la tradizione, un vero e proprio colloquio con lui avveniva solamente una volta l’anno, nella casetta attigua a una chiesa non lontana dal monastero di Benedetto. Di questi incontri è rimasto famoso un episodio, raccontato sempre da Papa San Gregorio Magno nel suo già citato “Libro dei dialoghi”. In pratica accadde che, il 7 febbraio 547, accompagnata da un gruppetto di consorelle, Scolastica si presentò all’appuntamento annuale con il fratello. Il colloquio si protrasse per l’intera giornata. Sembrava che Scolastica bevesse fuoco dalle labbra del gemello, tanto che più questo discorreva di Dio e del Paradiso, più nel suo cuore cresceva il fuoco del Divino Amore. Tuttavia, come anche le cose più belle terminano, così finì pure il colloquio tra i due congiunti. Dopo la cena consumata comunitariamente in loco, Benedetto voleva congedarsi, ma lei lo supplicò di non lasciarla sola per quella notte, chiedendogli di continuare a parlarle della vita che non ha termine, sin tanto che fosse spuntata l’alba. Poi, dopo la messa e la santa comunione, sarebbe felicemente tornata al proprio convento. Benedetto rifiutò energicamente, spiegando che non gli era permesso trascorrere la notte fuori dal proprio monastero. Scolastica capì che era inutile insistere, non ci sarebbero stati argomenti umani sufficienti a convincerlo. Allora si rivolse a chi poteva capirla meglio, al buon Dio. Reclinò il capo tra le mani e pregò con fervore, fino a quando, di punto in bianco, scoppiò una brutta tempesta carica di vento e acqua, che fece tremare la casetta dove stavano. Solo allora Scolastica parlò, invitando Benedetto, con umorismo, a fare il suo agognato rientro al cenobio e a lasciarla sola per la notte, se ne fosse stato capace. Al rimprovero del fratello per quella tempesta per così dire … “invocata”, replicò che, poiché lui non aveva voluto ascoltarla, aveva rivolto le proprie richieste al Signore, che, meno rigido di lui, l’aveva subito esaudita. Un rimprovero dolce ma fermo, a quella che a lei pareva l’esagerata rigidità di Benedetto. Interessante il commento che fece il grande Pontefice San Gregorio I, monaco Benedettino, dopo aver raccontato l’episodio: “ … Scolastica fu più potente, perché era stata più forte nell’amore … ”. Questo fu l’ultimo colloquio tra i due. La gioia e la nostalgia del paradiso, risvegliata e rafforzata dalle sante parole del fratello Benedetto, furono così grandi e così forti, che non molto tempo dopo, nel 547, nel monastero di Piumarola di cui era la badessa, il suo cuore cessò di battere su questa terra e cominciò a battere in paradiso per Dio. Si narra che Benedetto vide l’anima della sorella salire al cielo, leggera come una colomba, verso Dio, al quale aveva sempre anelato fin da piccola, quando si era consacrata interamente e per sempre a Lui. Non passò molto tempo che anche Benedetto, stremato dalle grandi fatiche sostenute per la maggior Gloria di Dio, morì, verosimilmente il 21 marzo 547, proprio a Montecassino, lasciando un’eredità spirituale incommensurabile. Il monachesimo benedettino è la forma più influente di vita religiosa cenobitica nel mondo occidentale. Gli uomini e le donne che si dedicarono alla vita spirituale prima dell’epoca di Benedetto da Norcia (V-VI secolo), lo fecero soprattutto come eremiti o discepoli riuniti attorno ad una guida spirituale. Benedetto, invece, riunì i discepoli in gruppi stabili la cui spiritualità dipendeva dai rapporti reciproci così come dal loro rispetto verso l’abate. L’effetto fu di creare il senso della duplice dimensione, sociale e privata, della vita spirituale. La Regola di San Benedetto è uno dei più antichi documenti esistenti nel mondo occidentale. Fu scritta nell’Italia del VI secolo e fu utilizzata in Occidente come guida spirituale per quasi millecinquecento anni. Migliaia di uomini e di donne, nel mondo, ancora oggi vivono seguendola. Di più, migliaia di laici, benedettini oblati e associati, cattolici romani e anglicani, in ogni Paese stanno cercando ancora oggi di rimettere a fuoco la loro vita e il loro mondo privato secondo i valori di quest’antica Regola. Nel solco di San Benedetto sorsero nel continente europeo e nelle isole centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola. Già nell'VIII secolo, la festa di San Benedetto si cominciò a celebrare l'11 luglio, giorno della traslazione delle reliquie del santo all'Abbazia di Fleury, a Saint-Benoît sur Loire in Francia, nel 660, dove si trovano ancora oggi la maggior parte delle sue ossa. Il Pontefice San Paolo VI lo proclamò patrono d'Europa nel 1964. 
IMMAGINE: <<“San Benedetto da Norcia”, particolare del Polittico di San Luca, tempera su tavola realizzata tra il 1453 ed il 1454 dal pittore veneto Andrea Mantegna (1431-1506). L’opera si trova nella Pinacoteca di Brera di Milano>>.

Roberto Moggi
Home page   ARGOMENTI

Commenti