Fernuto nu guajo, n’accummencia n’ato.
Finito un guaio ne incomincia un altro. I guai e le disgrazie non si presentano mai da soli.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Il
proverbio sottolinea la triste realtà di quando si entra in una spirale
negativa, dalla quale è difficile sottrarsi, o venirne fuori, per i
problemi che sembrano sommarsi.
Nulla calamitas sola, già dicevano gli antichi e ribadisce il detto che le disgrazie sono come gli starnuti, che poche volte vengono da soli.
Riguardo all'ineluttabilità di certe sventure, ben scrisse al riguardo Miguel de Cervantes:
"Le disgrazie cercano e trovano il disgraziato anche se si nasconde nell’angolo più remoto della terra."
Anche
se non è detto che è sempre il disgraziato a essere cercato, come
succedeva al protagonista del suo romanzo Don chisciotte, che le
sciagure riusciva a procurarsele, combattendo contro i mulini a vento.
Perché
nella vita, le disgrazie sono varie, da quelle inevitabili, a quelle
che qualcuno riesce a procurarsi, con un comportamento poco positivo in
qualsiasi situazione, che lo porta a recriminare e a lamentarsi per le
disgrazie che non vengono mai sole, senza rendersi conto che, spesso e
volentieri, se le cerca.
Nello
scenario rappresentato dagli estremi, tra un'esistenza prospera e una
sventurata, una triste realtà è rappresentata dal fatto che una vita
comoda e senza inconvenienti, induce facilmente all'egoismo e al non
curarsi delle disgrazie altrui, mentre quando sventure e sofferenze
diventano comuni, sorge di nuovo una solidarietà che era stata fatta
dimenticare dalla prospera vita precedente, così che il mezzo gaudio che
caratterizza il mal comune, è dovuto al risorto benefico altruismo
degli aiuti che vengono scambiati.
Un
fenomeno che avviene nell'ambiente in cui si vive anche con persone
poco conosciute, a prescindere dalla cerchia amicale a cui si riferiva
nelle "Massime" François de La Rochefoucauld:
"Ci consoliamo facilmente delle disgrazie degli amici quando esse servono a mettere in luce la nostra sollecitudine per loro."
E
a ribadire quanto sopra, leggiamo nel "Oracolo manuale e arte della
prudenza" del gesuita, scrittore e filosofo spagnolo Baltasar Gracián y
Morales:
"Il peso e la pena vanno divisi, perché la disgrazia sopportata da soli si raddoppia e diviene intollerabile."
E il detto "aver compagni al duol, scema la pena" non fa che confermarlo.
Ci
sono persone che passano il tempo a recriminare sulle disgrazie che
ritengono di avere, finché non s'imbattono in chi sta peggio di loro,
che gli fa realizzare quanto sono fortunate, sempre che lo sappiano
vedere, perché l'egocentrico inveterato riesce a dire "Beato te" anche a
chi è più disgraziato di lui.
Perché
le disgrazie hanno il pregio, almeno per alcuni, di migliorare e
temprare le persone che vi incorrono, che hanno la capacità di
interpretarle come le migliori lezioni apprese dalla vita, che le ha
rese capaci di valutare quali sono i veri valori da apprezzare, fenomeno
che non è comune a tutti, come leggiamo ne "Il mestiere di vivere" di
Cesare Pavese:
"Non bastano le disgrazie a fare di un fesso una persona intelligente."
Che ben può riferirsi all'esempio precedente.
Prima del 2020, immaginavamo quanta umanità sarebbe stata cancellata sulla terra dalla pandemia che sopravvenne?
Che
non bastava poi, con migliaia di lutti e gente a spasso, per il lavoro
perso, e a sopperire alla mancanza, due insensate guerre continuano a
provvedere nel cancellare vite e ridurre migliaia di quelli che restano
vivi nella più nera povertà.
Quando
volessimo illuderci che almeno qui da noi regna la pace, ci pensano i
media, televisione in testa, ad informarci di quanto è malata la nostra
società, tra catastrofi, crimini e uccisioni e non ci resta che pregare
affinché, almeno nelle nostre famiglie, regni un po' di pace e di
concordia, che non facciano sorgere la noncuranza e l'insensibilità
verso chi sta peggio di noi.
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