Chi troppo s’avanta coccosa le manca.
Chi troppo si vanta, qualcosa gli manca. Spesso chi decanta qualità e pregi nasconde qualche insicurezza.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci
presenta, il proverbio, la figura del borioso, sempre intento a vantare
le doti che s'immagina di avere, facendo ricordare l'altro detto: "Chi
si loda, s'imbroda", con la metaforica figura dello sbrodolone, che si
rimpinza di pregi che non ha. Un concetto
che si esprimeva nell'antichità con la frase: “laus in proprio ore
sordescit”, ovvero “la lode nella propria bocca si sporca”.
Una
figura con tutti gli attributi che possono essere usati a definirla, da
borioso a presuntuoso, a vanitoso, se non addirittura al narcisista,
che si ama alla follia e si pone su un piedistallo per essere venerato.
Il
termine "vantare" deriva dal latino vanĭtare, cioè "essere vano", da
vanus, vanĭtas, ovvero "vanità". Chi si vanta, elogia ed esalta le
proprie doti fisiche o morali, presunte o reali che siano, i propri
averi o i propri meriti, per destare l'ammirazione degli altri.
Il
vanesio che incontriamo anche su Facebook, magari incapace di scrivere
due parole e che mostra sé stesso con una serie infinita di autoscatti e
pose varie.
Se poi è
capace più o meno anche di scrivere, i concetti che esprime iniziano con
"io", che è ripetuto all'infinità, e finiscono con "me".
Una
persona che ci mette poco a stancare chi ci si imbatte e che i
personaggi interessanti li cerca in ciò che esprimono e non per come si
presentano.
Scrisse lo scrittore greco antico Esopo, attento osservatore dei suoi simili:
“Più piccola è la mente più grande è la presunzione.”
E aggiungendo inoltre:
“L'auto-presunzione può condurre all'auto-distruzione.”
Rispetto
alla modestia e alla semplicità, con cui si porge al prossimo chi non
ha bisogno di ostentare le sue eccellenti doti, bastando esse a renderlo
eminente, non con le parole, ma coi fatti.
A conferma della spiegazione del proverbio, leggiamo nel libro: Il gioco dell'angelo, di Carlos Ruiz Zafón:
“Dimmi di cosa ti vanti e ti dirò di cosa sei privo.”
Perché
la vanteria non è altro che una compensazione alle insicurezze e alla
mancanza di pregi del soggetto, che si illude di colmare la lacuna, non
certo con la capacità di cui è privo, ma solo con le chiacchiere e
l'ostentazione.
Uno dei
fenomeni che può infastidire, se non addirittura irritare, una persona
colta, è l'ignorante convinto di sapere tutto e che, lungi dallo
starsene zitto,
vanta a destra e a manca il sapere che s'immagina di avere.
Come anche leggiamo in "Superbia e Umiltà", di Andrew Jackson:
“Nessuno è così vuoto come coloro che sono pieni di sé.”
Lo
scrittore e umorista inglese Jerome Klapla Jerome sosteneva che la
vanità è una virtù quando non diventa un vizio, perché l'eccessiva
modestia ci rende invisibili, e impedisce la nostra giusta
autoaffermazione.
Indubbiamente
un fenomeno che avviene facilmente, in un ambiente in cui si dà più
importanza alla forma e all'apparire, piuttosto che alla sostanza che
caratterizza la persona.
Avete
presente la persona che si presenta con l'emblematica frase: "Se non ci
fossi io...", parlando del gruppo di persone di cui fa parte, che
magari sgobbano dalla mattina alla sera, per svolgere i propri compiti,
mentre il millantatore trascorre la giornata in giro a descrivere i suoi
meriti?
Almeno a me, ne è capitata più di una.
Può
succedere che l'ipotetico cugino del nipote del fratello del coniuge di
una persona famosa ed eminente, per scienza, per arte, o per cultura,
parlando di essa, ti guardi con sussiego, dicendoti, con tutta la
noncuranza che riesce ad ostentare:
"Ah, sì, è un mio parente"
Perché vuoi mettere lui, rispetto a "quello"? Ma figurati.
Pensiamo
a quanti si vantano che la nazione o il posto dove vivono, ha dato i
natali a personaggi famosi nella letteratura, nell'arte, o nella
scienza, come ben disse Albert Einstein:
"La
ricerca della verità e della conoscenza è una delle più alte attività
umane, anche se spesso ne menano più vanto quelli che meno vi
partecipano.
E che magari esprimono affermazioni perentorie e orgogliose, del tipo: "Michelangelo è nato qui da noi! Mica chissà dove!"
E già e se ci munissimo di un martello e di uno scalpello, è tanto se riusciremmo a procurarci solo un infortunio lieve.
Alessandro Manzoni è stato un italiano!
E
chi si vanta di essere italiano come lo scrittore, spesso e volentieri,
già è tanto se riesce a compilare una lista della spesa.
Scrisse Lao Tzu, nel Tao Te Ching:
"Che
il saggio non si mette in mostra e perciò risplende. Non si afferma e
perciò si manifesta. Non si vanta e perciò gli viene dato merito. Non si
gloria e perciò viene esaltato"
Uno splendore che, in questa società, pochi hanno la fortuna di vedere.
Iole BarberisPiù esauriente di così...Mi ricorda tanto qualcuno, anzi più di uno...
Però confessiamolo: un pochino vanitosi lo siamo tutti.
Riccardo
Riccardo
Se
ci rifacciamo alla frase "Vanitas vanitatum et omnia vanitas" e quindi
ogni espressione umana non è che vanità, diciamo pure che scrivere qui
nel social, è un mettersi in mostra, ma diventa anche un modo per
conoscersi. Tutto dipende poi da come ci presentiamo e dall'interesse vicendevole che possiamo provare su quello che scriviamo.
Certo
è che se ci si mostra in una continua celebrazione di sé stessi e delle
proprie supposte doti, in un continuo autoincensamento, si prendono per
stanchezza gli eventuali interessati, facendoli desistere da qualsiasi
coinvolgimento, perché scoprono che più che interlocutori, rappresentano
soltanto la platea del narcisista.
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