Chi ogge chiagne dimane ride

Chi ogge chiagne dimane ride.
Chi oggi piange domani ride. Le sorti si alternano sempre.
Ci ricorda, il proverbio, i mutamenti che influiscono sulla nostra vita, passando dal godere momenti felici, a essere coinvolti in circostanze tristi.
Gioia e dolore si possono considerare i due poli dell'animo umano, positivo e negativo, lungo i quali si dispiega l'intera gamma dei sentimenti.
Felicità e tristezza, con la relatività che spesso le accompagna, come leggiamo in un'allocuzione di Jim Morrison:
“Se sei triste e vorresti morire pensa a chi è triste perché vorrebbe vivere e invece sa di dover morire.”
Perché la vita dispensa senza curarsi di fare distinzioni, gioie e dolori e i secondi, non da tutti sono vissuti nello stesso modo, così che alcuni che si lamentano del loro stato, non si rendono conto di essere invidiati da quelli che stanno molto peggio.
Tutto muta, nell'alternarsi delle circostanze del vissuto, compreso il tempo, che nei momenti tristi, sembra non passare mai, com'è veloce invece nel rendere fugaci i momenti di felicità.
La fine di un momento tragico, che accogliamo con un sospiro di sollievo, ci rallegra e ci conforta, anche se il miglioramento non è massimo, mentre il rimpiangere gli attimi felici, venuti meno per qualsiasi causa, è fonte di un dolore accresciuto dal rimpianto, come scrisse Dante Alighieri, con la frase che fece dire alla povera Francesca, nel quinto canto dell'Inferno:
"Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria e ciò sa 'l tuo dottore"
Nel ricordo di ciò che avvenne prima della tragedia in cui fu coinvolta insieme al suo amato:
"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona."
Come anche scrisse in Sabbia e spuma Kahlil Gibran:
"Ciò che è più amaro, nel dolore di oggi, è il ricordo della gioia di ieri."
Leggiamo nel web:
Gioia. Emozione che può essere suscitata nei modi più svariati; uno dei gradi più alti di intensità che può raggiungere ha comunque origine dalla contemplazione dell'altrui dolore.
Sensazione del tutto relativa, tra chi, i momenti felici, pensa solo a goderseli e poco si cura delle sofferenze altrui, senza porsi simili problemi, e chi invece, attento alle vicende umane, ha l'empatia di accorgersi e commiserare chi vive nella sofferenza, arrivando a prodigarsi in un aiuto che la possa alleviare.
Scrisse ne Il malpensante, Gesualdo Bufalino:
"L'assuefazione a soffrire induce a vivere le gioie come eccessi contro natura, disordini di cui è conveniente tacere."
Che mostra come l'abitudine alla sofferenza, induca a vivere un momento di felicità, con un pudore che porta, chi lo prova, quasi a vergognarsi di un sentimento che esula dalla normalità che è abituato a vivere.
Leggiamo ne Il profeta di Kahlil Gibran:
"Quanto più penetra e scava il dolore dentro di voi, tanta più gioia potrete contenere."
Tanto il dolore può fare spazio nei nostri sentimenti, da poter contenere, se si prova successivamente, una tale gioia che non sarebbe stata possibile, se non fossa stata preceduta dalla sofferenza.
Se la gioia di chi la prova, può apparire attraente e contagiosa, la tristezza può mostrarsi così spiacevole e opprimente, da provocare un vero e proprio isolamento.
Dire che tutti desidereremmo di trascorrere una vita serena e senza intralci, può risultare piuttosto avventato, per i tanti che i guai, oltre a cercarli, riescono a trovarli, ma certo è che per chiunque ha raggiunto una certa età, è pressoché impossibile che la vita non sia stata inframmezzata da dolori.
Basta pensare alla continua dipartita di persone care, che hanno fatto terminare le epoche caratterizzate dalla loro presenza.
Una cosa che non ci viene insegnata nella vita è quella che potremmo definire un comportamento stoico, di saper ridere e essere felici, in ogni istante della vita, che sia noioso, piacevole, o sofferto.
Perché se molte tragedie non si possono evitare, la felicità può essere creata, senza aspettarsi che si manifesti negli avvenimenti, o le persone che incontriamo.
In quanto, se tendiamo a considerare che la nostra felicità dipenda sempre dalle persone o dai fatti esterni, ci sottoponiamo a una continua dipendenza e in balia delle circostanze che ci coinvolgono.
Come a terminare, leggiamo in un'allocuzione attribuita a Osho:
"Tutti siamo alla ricerca della felicità.
ma la coloriamo di tali e tante sfumature
e pretese da non riuscire mai a conseguirla.
La felicità è qualcosa di interiore,
per questo è dentro di noi
che dobbiamo inabissarci per trovarla."
Perché la massima fiducia che dobbiamo avere, a prescindere dal rivolgerla a persone e circostanze, è verso di noi e verso la capacità che abbiamo, anche se non l'abbiamo mai messa in pratica, di saper rendere il mondo più attraente di quanto appare, finché non siamo riusciti ad accertare che la felicità è dentro di noi e non aspetta che di essere scoperta.
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