Vaje appriesso â cosa meglia e mmaje â nòva!
Bisogna sempre tendere al meglio e non alle novità che, essendo tali, possono riservare delle brutte sorprese.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
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Ci
è mostrato un proverbio che, in un certo senso, rappresenta un
paradosso, nella contraddizione di cercare ciò che può essere migliore,
astenendoci da ciò che ci risulta sconosciuto.
Sir Winston Churchill, che ad un tempo, lo conferma e lo contraddice:
“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.”
che ribadiva inoltre:
“Migliorare significa cambiare, essere perfetti significa cambiare spesso.”
Per
cui ci si trova tra due estremi, tra un atteggiamento improntato alla
prudenza di cercare di migliorare ciò che si conosce, rispetto
all'audacia di esplorare quello che risulta sconosciuto.
Ma il personaggio citato, con quello che è a seguire, attenua quanto è stato citato sopra, e va sul pratico:
“A volte fare del proprio meglio non è abbastanza; dobbiamo fare ciò che è necessario.”
E
soddisfare quello che risuta essenziale e inderogabile, ci distoglie
dal perdere tempo, cercando di cambiare ciò che risulta usuale nella
vita.
Due estremi di
comportamento che spesso è difficile riuscire a saper scegliere, come
leggiamo tra gli aforismi dello scrittore, aforista e moralista
francese. Jean de La Bruyère:
"Due cose assolutamente opposte ci condizionano ugualmente: l’abitudine e la novità."
E riguardo al comportamento esortato dal proverbio, viene ad aggiungersi il vecchio e più che conosciuto adagio:
"Chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia e non quello che trova:
Ci
sono persone che si aggrappano letteralmente alle abitudini, in una
reiterazione di azioni che, qualora venisse a mancarne solo una o questa
cambiasse in qualche particolare, sprofonderebbero letteralmente nel
panico.
Individui che non pensano né a migliorare e tanto meno a cercare qualcosa di nuovo in ciò che fanno.
Mentre
ce ne sono altri, con una mentalità più elastica e più adattabile ai
cambiamenti, ai quali non piace per niente la vita che fanno, le
abitudini che, volenti o nolenti, devono seguire, nell'ambiente in cui
vivono, sia per la famiglia, che per il lavoro, e per loro, le abitudini
diventano una palla al piede ancora più pesante, rispetto a quelli che
alle abitudini ci si aggrappano.
E
riguardo al come vivere, tra ciò che ci è familiare e ciò che non
abbiamo ancora conosciuto, riporto quello che mi venne in mente qualche
tempo fa:
Riguardo alle
abitudini e al riuscire a non averne, appropriandoci di tutta
l'imprevedibilità che ci sia possibile, immaginiamo di avere due vite e
la seconda inizia quando ci rendiamo conto d'averne una sola.
E quindi la seconda inizia quando:
- cessano tanti desideri che finalmente appaiono per quello che sono, irrisori;
- cominciamo a non curarci delle dicerie della gente;
- realizziamo che oggi siamo sicuri d'esserci e che domani non lo sappiamo;
- diamo più importanza ad un'alba o ad un tramonto, che ad affari ritenuti imprescindibili;
- iniziamo a guardare incantati, pieni di immensa meraviglia il mondo che ci circonda.
E'
lunga la lista delle meraviglie che possono farci capire come vivere
con tutto il nostro essere l'unica vita che abbiamo (almeno per ora)
come una seconda vita.
Insomma,
cercare di migliorare, semplicemente cambiando la prospettiva e i
valori di quello che già conosciamo, senza perdere tempo a cercare
quello che ignoriamo.
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