Oggi - 3 giugno 2024 - lunedì della IX settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria dei Santi Carlo Lwanga e Compagni, martiri (conosciuti anche come “Martiri d’Uganda”). Kaloli (Carlo), questo il suo nome di battesimo nella natia lingua Baganda, nacque verosimilmente il 1° gennaio 1860 nel territorio dell’omonimo popolo, stanziale nell’allora regno indigeno africano del Buganda (corrispondente pressappoco alla parte centro-meridionale del moderno Uganda, Africa centro-orientale). La sua famiglia d’origine era di religione animista, ma, dopo essersi convertito al cristianesimo grazie ad alcuni missionari europei, fu battezzato il 15 novembre 1885. La sua conversione avvenne agli inizi dell’evangelizzazione condotta dai missionari europei in quei territori, che furono proficui. Nel Buganda, il re Mutesa aveva dapprima ben accolto i missionari francesi (detti per il colore del loro abito religioso “Padri Bianchi”), che però dovettero ritirarsi per le minacce, le violenze, i maneggi e gli intrighi di alcuni capi locali. Carlo, adeguatamente istruito dagli europei, divenne ben presto un solerte evangelizzatore e buon catechista laico. Il suo impegno per far conoscere Gesù ai connazionali pagani fu notevole, giungendo a raccogliere attorno a se un discreto gruppo di allievi ai quali insegnava il catechismo. Per la sua cultura, in seguito, ebbe incarichi di responsabilità nell’amministrazione del regno del Buganda, fino a essere nominato “maggiordomo” (incarico di altissimo prestigio detto anche “Signore o Maestro di palazzo”) alla corte del dispotico “kabaka” (che nella lingua indigena significa “re”) Mwanga II (1884-1903). Invitati nuovamnte dal sovrano Mwanga II nel 1885, i missionari trovarono quindi, nel regno, dei cristiani già battezzati, “formati” e impegnati, che ricoprivano incarichi di responsabilità nella società e, come visto, nello stesso Palazzo Reale. Tuttavia a causa della sobillazione di alcuni regi funzionari ostili, si scatenò una persecuzione feroce e sanguinaria nei confronti dei cristiani, sia degli europei che dei convertiti locali, a prescindere dalla Chiesa di appartenenza (cattolica o protestante). Giuseppe Mukasa Balikuddembe, consigliere del re, fu decapitato il 15 novembre 1885. Nel maggio 1886 furono uccisi Dionigi Sbuggwawo, Ponziano Ngondwe, Andrea Kaggwa, Atanasio Bazzekuketta, Gonzaga Gonga, Mattia Kalemba e Noè Mwaggali. Poi fu la volta dei paggi di corte, tre dei quali furono risparmiati, secondo l'usanza, dopo essere stati estratti a sorte. Rimase a far parte dei tredici paggi martiri Mbaga Tuzinda, figlio del capo dei carnefici, il quale ultimo tentò invano e ripetutamente di salvarlo, mentre egli non volle saperne di rinnegare Gesù ed essere separato dai suoi amici. Ad eccezione di questi dati, di Carlo Lwanga e del gruppetto di laici che egli guidava alla sequela del Vangelo, composto di dodici discepoli, come lui tutti giovani, si conosce poco. Essi sono i primi di oltre un centinaio di cristiani, tra cattolici e protestanti, vittime, tra il 1885 e il 1887, della persecuzione scatenata dal predetto vizioso re Mwanga II nella regione geografica detta “dei Grandi Laghi” africani, ove sorgeva il regno indigeno Buganda, come parte dello sforzo del sovrano per resistere alla sempre più forte colonizzazione europea (infatti, nel 1889 il Regno fu inglobato come protettorato britannico nella Colonia dell’Uganda). Il re dispose che i convertiti cristiani, sia cattolici sia anglicani, dovessero abiurare la loro nuova fede per aver salva la vita, facendo invece giustiziare tutti quelli che rifiutavano di rinnegare il Signore. Tra questi ultimi ci fu anche Carlo Lwanga, i predetti suoi allievi, altri funzionari della corte reale e persone comunque a lui molto vicine, che condivideranno consapevolmente torture e martirio pur di rimanere fedeli a Gesù. Furono arrestati tutti i discepoli di Carlo Lwanga, tra cui era anche un ragazzo tredicenne, Kizito, allievo di catechismo. Poi fu la volta di Carlo, che, dopo inenarrabili torture, morì martire a Rwbaga il 3 giugno dei 1886, con i suoi dodici compagni. Una parte degli altri cattolici cadde vittima il 26 maggio dello stesso anno e gli ultimi il 27 gennaio seguente, la maggiore parte bruciata viva. Carlo Lwanga e compagni, unitamente ad un altro gruppo, per un numero complessivo di ventidue martiri ugandesi, furono beatificati da papa Benedetto XV e canonizzati dal Pontefice San Paolo VI il 18 ottobre 1964, alla presenza dei padri del Concilio Vaticano II.
IMMAGINE: << "San Kizito viene battezzato da San Carlo Lwanga a Munyonyo", particolare delle vetrate policrome artigianali - opera di artisti locali e realizzate fra il 2013 ed il 215 circa - del santuario e basilica minore dei Martiri di Munyonyo, nell'omonimo centro presso Kampala (capitale dell'Uganda) >>.
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