L'8 giugno,
la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Medardo, vescovo, noto
anche con la specificazione “di Noyon”. Di Medardus (Medardo), questo il
suo nome in Latino, si conosce poco. Le scerne notizie sul suo conto ci
sono giunte attraverso due “vitae” del 560 circa, di poco posteriori
alla sua morte, entrambe dovute al poeta latino Venantius Fortunatus
(Venanzio Fortunato, 530-609), una delle quali in versi. Da
queste, sappiamo che Medardo nacque verosimilmente tra gli ultimi anni
del 400 e i primi del 500, nella Gallia già romana governata dai
Franchi, probabilmente nel paese che ora si chiama Salency, oppure ad
Augusta Viromandensium (oggi entrambe località della Francia
settentrionale, la prima nei pressi di Noyon, in Piccardia e la seconda
corrispondente all’attuale Saint-Quéntin, nell’Aisne). La sua famiglia
d’origine era nobile e cristiana, con padre di stirpe franca e madre
gallo-romana. Il padre, Nectar o Nectardus, fu uno dei nobili Franchi
che conquistarono la Gallia con re Childerico I e che ivi conobbe e
sposò la madre Protagia. Seguendo una precoce vocazione, decise di
diventare presbitero. Durante gli studi intrapresi a Viromandensium,
ebbe come compagno Eleuterio (morto nel 532), detto “di Tournai” poiché
fu vescovo di tale città, anch’esso futuro santo, che gli predisse la
sua futura elezione proprio all’episcopato di Tournai (oggi nella
Vallonia, sud-ovest del Belgio francofono). Ordinato sacerdote, si
distinse per la sua grande generosità verso tutti i bisognosi, persino
verso i ladri. Un giorno, infatti, ne sorprese alcuni che tentavano di
allontanarsi dopo avere sottratto un grande quantitativo di uva e una
mucca dalla campagna della chiesa, ma furono da lui prontamente
perdonati e lasciati liberi con il maltolto. Un'altra volta, narrano le
cronache, furono le api che si ribellarono a chi le privava del loro
miele, ma egli le invitò prodigiosamente a restare calme e pazientare.
Verso il 532, morto il suo vecchio amico Eleuterio, vescovo di Tournai,
fu effettivamente chiamato a succedergli, così come gli era stato
predetto dal medesimo, rimanendo in carica circa quindici anni, durante i
quali, nel 534, unificò la sua sede vescovile con quella di Noyon,
proseguendo il suo episcopato fino al 545. Di questo periodo conosciamo
un episodio raccontatoci sempre da Venanzio Fortunato, questa volta
nella sua “Vita di Santa Radegonda”. Quest’ultima (518-587), bellissima
figlia del re di Turingia Bertario, fu condotta alla corte del re dei
Franchi Clotario I (dal 558 al 561) in stato di schiavitù unitamente ai
suoi germani, quale “bottino di guerra”, a seguito della sconfitta in
battaglia dell’esercito paterno. Clotario finì per invaghirsene e la
prese in moglie contro la sua volontà, fino a quando, dopo che questi
ebbe assassinato uno dei suoi fratelli, la regina riuscì a fuggire,
chiedendo asilo proprio a Medardo, quale vescovo, con la supplica di
essere consacrata. Anche se preoccupato per le conseguenze politiche,
pratiche, morali e canoniche del suo doveroso aiuto, Medardo, senza
temere la reazione del re, la accolse e la consacrò diaconessa,
concedendole di entrare in convento. Tuttavia, al contrario di quanto
temuto, Clotario riconobbe la sua colpa e, da allora, mostrò sempre
ammirazione per Medardo. Quando quest’ultimo morì poco dopo a Noyon (o
secondo altre fonti nella vicina Soisson), verso il 560, Clotario ne
fece trasportare le spoglie a Soissons, all’epoca sua capitale, dove fu
seppellito. Su quella tomba il suo successore, re Sigeberto (dal 561 al
575), fece costruire in suo onore una celebre abbazia con annesso
monastero, che porta tuttora il nome di Saint-Médard. Il culto per il
santo si diffuse rapidamente. San Medardo fu uno dei vescovi più
popolari dei suoi tempi e alla sua vita sono legate numerose leggende.
Una di queste narra come da piccolo un’aquila lo proteggesse dalla
pioggia dispiegando su di lui le proprie ali. Per questo è patrono dei
fabbricanti e commercianti di ombrelli.
Roberto Moggi
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