Oggi - 18 giugno 2024 - martedì della XI settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Gregorio Barbarigo, vescovo. Gregorio Giovanni Gaspare, questi i suoi nomi di battesimo, ma abitualmente chiamato col solo nome di Gregorio, nacque il 16 settembre 1625 a Venezia, capitale dell’allora omonima “Serenissima” repubblica, dalla nobile e ricca famiglia Barbarigo. Sua madre Chiara morì di peste quando egli aveva appena due anni e fu suo padre, Giovanni Francesco, senatore della repubblica, a prendersi cura di lui. Il genitore, desiderando per lui la carriera diplomatica, lo fece finemente istruire soprattutto nelle scienze politiche e militari, con risultati talmente buoni che, nel 1643, a soli diciotto anni, ebbe il suo primo incarico governativo, accompagnando l'ambasciatore Alvise Contarini, che nel 1676 diventerà Doge di Venezia, a Münster, nella regione Renania Settentrionale-Vestfalia dei territori germanici del Sacro Romano Impero (oggi nella parte centro-occidentale della Germania). Qui partecipò come segretario ai negoziati che avrebbero portato alla “Pace di Vestfalia” del 1648, che pose termine alla lunga guerra detta “dei Trent'anni” (dal 1618 al 1648) tra i principali stati europei. In quella città tedesca conobbe l'arcivescovo Fabio Chigi, nunzio apostolico che sarebbe diventato il futuro Papa Alessandro VII, partecipante alle negoziazioni. Dopo tre anni, nel 1646, tornò a Venezia, continuando gli studi di greco, matematica, storia e filosofia alla prestigiosa università della vicina Padova. Nell'ateneo veneto, il 25 settembre 1655, ottenne il dottorato in “Utroque Iure” (locuzione latina che significa “Nell'uno e nell'altro diritto”, utilizzata per indicare i laureati contemporaneamente in diritto civile e canonico). La sua carriera era sempre più brillante e gli incarichi importanti, ma non era felice. Già da qualche tempo, infatti, sentiva sempre più forte il richiamo alla consacrazione al Signore e desiderava entrare in qualche ordine religioso. Tuttavia, il suo direttore spirituale gli consigliò di diventare prete diocesano, vedendo in lui le doti di un eccellente parroco e possibile vescovo. Così preferì il seminario diocesano, dove fu ordinato presbitero il 21 dicembre 1655, all'età di trent'anni. Avutane notizia, il Pontefice Alessandro VII, eletto al Soglio di Pietro nel 1655, che egli aveva conosciuto a Münster e col quale aveva sempre intrattenuto eccellenti relazioni amicali, lo chiamò presso di sé a Roma l’anno successivo, nel 1656, conferendogli l'importante incarico di “Prelato domestico di Sua Santità”, unitamente ad altri compiti non meno importanti, tra i quali la guida del Tribunale della Segnatura Apostolica, supremo organo giudiziario della Santa Sede. Quando nel maggio del 1656 scoppiò a Roma una terribile epidemia di peste bubbonica, facendo migliaia di vittime. Alessandro VII, che si trovava nella residenza di Castel Gandolfo (Roma), tornò subito nell’Urbe e si fece vedere in giro anche a piedi, per incoraggiare i romani. Per dirigere i soccorsi nel centrale quartiere di Trastevere, epicentro del contagio, scelse ancora una volta Gregorio, giovane prete trentunenne. Il Papa lo pose a capo della speciale commissione che aveva il compito di portare soccorso agli appestati. Lui obbedì, senza però nascondere la paura, della quale scrisse anche a suo padre. Ad ogni modo, quando vide come viveva e moriva la povera gente, per Grazia di Dio si ravvide e non ebbe più alcun timore, facendosi capo, guida e fratello di quell’infelice popolo. Era al contempo prete, infermiere e seppellitore, divenendo, come presto fu affettuosamente definito, il “Padre dei trasteverini”, che si dedicò assiduamente a tale gravosa e rischiosa missione, visitando personalmente i malati, organizzando in modo scrupoloso la sepoltura dei deceduti e aiutando in modo particolare le vedove e gli orfani. Nel 1657, quando finalmente fu terminata l'epidemia, il papa, gli offrì in ringraziamento la sede vescovile di Bergamo (oggi capoluogo di provincia in Lombardia). Gregorio ne fu lusingato, ma, prima di acconsentire o no, ottenne che gli si lasciasse celebrare una Messa nella quale chiedere a Dio di illuminarlo e fargli capire ciò che doveva scegliere. Durante questa celebrazione avvertì chiaramente, nell’anima, che il Signore lo invitava ad accettare il nuovo incarico, cosa che fece. Fu così ordinato Vescovo di Bergamo il 29 luglio 1657. Giunto nella sua diocesi dimostrò subito la sua carità, disponendo che si donasse ai poveri ciò che, come da tradizione, si sarebbe speso per i festeggiamenti in suo onore. In seguito vendette tutti i suoi averi e ugualmente li distribuì ai bisognosi. Era suo desiderio imitare in tutto il grande arcivescovo di Milano San Carlo Borromeo. Diede disposizioni affinché si aumentasse la diffusione della stampa religiosa tra il popolo e raccomandò specialmente gli scritti del vescovo San Francesco di Sales, dottore della Chiesa e grande maestro di spiritualità. Durante le sue numerose visite pastorali, alloggiava in casa di gente povera e mangiava con loro, adattandosi a uno stile austero e dimesso. Di giorno si dedicava all'insegnamento del catechismo e di notte passava lunghe ore in preghiera. Ordinò al portiere del palazzo vescovile di svegliarlo a qualunque ora della notte, se ci fosse stato da visitare qualche malato e, al medico che gli consigliava di non minare la sua salute visitando i malati con tanta assiduità, rispose che era il suo dovere e che non poteva fare altrimenti. Svolse una vasta opera di riforma ecclesiale, organizzò numerose missioni popolari e introdusse l’uso mensile di esercizi spirituali per il clero. Fondò numerosi seminari, seguendo le regole date da San Carlo Borromeo, costituì la Congregazione degli Oblati dei Santi Prosdocimo e Antonio e non tralasciò di fare opera di pacificazione nelle controversie cittadine. Fondò un “Collegio per i nobili” e scuole gratuite per il popolo. Attento alla catechesi, creò numerose scuole di dottrina cristiana per ragazzi e adulti, cui tutte le categorie e classi sociali erano chiamate. Per i più poveri c’era la catechesi settimanale, durante la quale riceveva anche la carità, mentre per i “dotti” istituì un corso triennale di “Filosofia cristiana”. Il 5 aprile 1660, Papa Alessandro VII lo creò Cardinale col titolo di San Tommaso in Parione a Roma, che egli otterrà di cambiare, il 13 settembre 1677, con il titolo di San Marco, collegato all’omonima basilica dell’Urbe. Il 24 marzo 1664, il Papa lo mandò vescovo a Padova, diocesi veneta che guiderà per trentatré anni fino alla fine. Anche qui fu sempre molto attivo, soprattutto con la gente più povera e bisognosa. Si dedicò personalmente a organizzare le lezioni di catechismo e a invitare tutti alla celebrazione della Messa. Visitò tutte le trecentoventi parrocchie della nuova diocesi, comprese le più lontane e difficili da raggiungere. Organizzò e formò i parroci e i catechisti. Fece aumentare il numero delle stamperie di libri religiosi per poterne pubblicare più copie. Il suo seminario arrivò a essere considerato uno dei migliori d'Europa. Come Cardinale partecipò ai conclavi del 1667, 1676, 1689 e 1691. Nel 1676, il novello Papa Innocenzo XI, non appena eletto, lo trattenne a Roma per tre anni e mezzo come suo consigliere e gli affidò la supervisione dell'insegnamento cattolico nella città. Ben due volte fu sul punto di diventare papa ma, ogni volta, disse sempre di no. Per lui la vita era ormai Padova, dove aveva modo di esercitare all’unisono la preghiera, lo studio e la carità. Lavorò molto anche per tentare di arrivare alla riunificazione della Chiesa romana con quelle orientali. Morì a Padova il 17 o 18 giugno 1697 e venne sepolto nella cattedrale cittadina. Fu beatificato da Papa Clemente XIII nel 1761. Poi tutto si fermò per ben centocinquanta anni, fino a quando il Pontefice San Giovanni XXIII lo proclamò santo il 26 maggio 1960, in San Giovanni in Laterano.
IMMAGINE: << "Il cardinale Gregorio Barbarigo", ritratto ad olio su tela eseguito nel XVIII secolo dal pittore bergamasco Giovanni Raggi (1712-1793). L'opera si trova nel Museo Adriano Bernareggi di Bergamo (capoluogo dell'omonima provincia della regione Lombardia) >>.
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