San Bonifacio di Magonza

Oggi - 5 giugno 2024 - mercoledì della IX settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria di San Bonifacio, noto anche con la specificazione “di Magonza” (città tedesca della quale fu vescovo), vescovo e martire. Wynfrith (Vinfredo o Vinfrido), questo il suo nome nella natia lingua anglosassone dell’epoca, nacque secondo alcune fonti verso il 634 o, secondo altre, tra il 672 e il 675 circa, nell’allora regno del Wessex, in un villaggio sito nel luogo ove sorge l’odierna cittadina di Crediton (Inghilterra meridionale), da una famiglia probabilmente cristiana. Fin da piccolo mostrò di possedere una buona intelligenza e una precoce vocazione, che lo spinse a entrare nel monastero benedettino di Exeter, vicino al suo paesello. Fede, passione e capacità nello studio lo contraddistinsero subito, mentre apprendeva tutto con estrema facilità. Ancora novizio, mentre si dedicava particolarmente all’apprendimento della Sacra Scrittura, per un po’ di tempo si dedicò anche all’insegnamento, componendo allo scopo trattati di grammatica, indovinelli istruttivi e poesie, indicativi di un grande amore per la cultura, che non lo abbandonerà mai. All’età di trent’anni, consacrato sacerdote, fu mandato nella non lontana sede arcivescovile di Canterbury a rappresentare il clero del Wessex. Qui era ancora vivo il ricordo lasciato dal missionario e vescovo romano Sant’Agostino, detto appunto “di Canterbury” (534-604), che con i suoi monaci romani aveva evangelizzato quelle terre. La cultura latina e romana, lasciata in eredità dal santo, segnarono profondamente la spiritualità e la pastorale di Wynfrith, tanto che, maturata anch’esso la vocazione missionaria, abbandonò tutto per evangelizzare i pagani, all’epoca ancora numerosi. S’imbarcò così per il continente e lasciò l’Inghilterra, diretto in Frisia, regione marittima ricca di numerose isole (oggi nel nord dell’Olanda). Il territorio era tuttavia in piena lotta intestina e, nonostante la sua buona volontà, non poté resistervi a lungo e dovette tornare in patria. Nel 718, dopo avere rifiutato l’elezione ad abate del monastero di Nursling, nell'Hampshire (Inghilterra), intraprese un pellegrinaggio a Roma per pregare sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Il richiamo delle loro tombe era forte, infatti, per tutti gli anglosassoni, così come quello del papa, del quale non dimenticavano il ruolo avuto nell’evangelizzazione della loro isola, unitamente ai tanti benefici accordati, particolarmente dal pontefice San Gregorio I, detto “Magno” (dal 590 al 604). Papa Gregorio II (dal 715 al 731), che lo ricevette al suo arrivo nell’Urbe, gli impose il nome religioso di Bonifacio e, conoscendone le grandi capacità, lo incaricò ufficialmente della predicazione nei territori pagani della Germania. Cominciò così l’evangelizzazione del centro di tale Paese, dalla regione dell’Assia a quella della Turingia, con grande successo. Nel 722, non appena la notizia giunse a Gregorio II, fu da questo richiamato a Roma e nominato vescovo, senza venire legato a nessuna diocesi particolare. Bonifacio, assunta la nuova carica, volle subito ripartire per continuare l’immane opera di cristianizzazione dei territori tedeschi. Comunque, poiché in quell’ardua impresa egli era sostanzialmente solo e aveva bisogno d’ausilio, chiamò alcuni sacerdoti e fidati laici, suoi compatrioti, che conosceva bene personalmente, scegliendoli tra i più colti e portati per la predicazione. Tra questi c’erano anche alcune donne, tra le quali Lioba, sua parente, donna colta diventata poi badessa e santa. In questo modo, l’evangelizzazione intrapresa portò ricchi frutti in termine di conversioni. Nel 731, il nuovo papa Gregorio III (dal 731 al 741), insieme alle felicitazioni per il suo successo, lo elevò alla dignità di arcivescovo, conferendogli il “Pallium” (“Pallio”), paramento liturgico simbolo della dignità pastorale. Bonifacio iniziò il suo impegno episcopale nella diocesi di Magonza (Germania centro-occidentale), organizzando quella Chiesa locale e nominando in loco quattro vescovi. Si adoperò instancabilmente anche per la riforma del clero e per ristabilire l’autorità dei vescovi, senza quasi riposare, fino allo sfinimento. Dopo tanta fatica, deluso per non essere stato nominato arcivescovo di Colonia (Germania centrale), come promessogli, pensò di ritirarsi, restando al suo posto solo per la grande opera di evangelizzazione in corso, che non voleva fare cessare. Nel 747, a Fulda, nella regione dell’Assia (Germania meridionale), mediante il suo discepolo Sturmio, anch’esso futuro santo, fece costruire una bella chiesa con annesso monastero benedettino, chiedendo al papa che entrambi i luoghi sacri fossero esentati dalla giurisdizione episcopale (cioè che fossero indipendenti dal vescovo locale) e direttamente collegati alla Santa Sede. Tuttavia, dopo avere ottenuto l’importante privilegio, nonostante l’età ormai avanzata e le grandi fatiche sostenute, volle tornare ancora nella regione della Frisia, la cui definitiva conversione rimaneva un suo vecchio sogno. Qui subì il martirio il 5 giugno 754, insieme a cinquantaquattro compagni che aveva portato con sé, per opera di alcune tribù indigene avverse alla conversione. Per suo esplicito desiderio, il corpo fu portato e inumato nel monastero di Fulda, dove riposa tutt’oggi. Per questo il monastero e la chiesa di detta località sono diventati il centro religioso più importante della Germania. Per il grande afflusso di pellegrini, la basilica ove si conservano le reliquie fu ingrandita, fino a diventare una delle più grandi chiese dell’Occidente. Ogni anno le più importanti assemblee dell’episcopato tedesco si tengono proprio a Fulda, presso la tomba di Bonifacio, noto come “l’Apostolo della Germania”.
IMMAGINE: .<< “San Bonifacio“, olio su tela realizzato nel 1832 dal pittore tedesco Alfred Rethel (1816-1859). L’opera si trova presso il Museum Sinsel di Berlino (capitale della Germania) >>.

Roberto Moggi
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