Nun ave ’o ddóce a ccaro chi primma nun ha pruvato ll’amaro

Nun ave ’o ddóce a ccaro chi primma nun ha pruvato ll’amaro.
Non si apprezza a fondo il benessere e la buona salute se non prima di aver sopportato la fame o qualche malattia.
I migliori insegnanti che si possono incontrare nella vita, a volte severi, se non del tutto spietati, sono rappresentati dalla povertà e dai malanni, nei quali spesso si incorre già in giovane età, come ci ricorda il proverbio qui mostrato, rispetto alle lezioni ricevute da chi ha iniziato e continua a trascorrere la vita negli agi e in salute.
I disagi e le malattie inducono a uno stato di sofferenza, parola che deriva dalla radice latina sub, "sotto" e ferre "portare", ed indica il sopportare, il tollerare, il resistere a qualcosa di penoso, che fa soffrire.
Leggiamo come i punti di vista di scrittori, filosofi, scienziati e artisti, sul dolore e la sofferenza sono stati vari e spesso contraddittori, perché per alcuni, il dolore è un insegnamento, uno strumento per conoscere se stessi e una motivazione in più per apprezzare la vita, mentre per altri, il dolore, insieme alla morte, è la più grande maledizione che possa colpire l’uomo.
Atteggiamenti diversi, di visuali contraddittorie, tra gli estremi dell'ottimismo e del pessimismo.
Non tutti reagiscono nel miglior modo a disagi e sofferenze, in balia dei quali, alcuni incattiviscono, sopportandoli con rabbia e arrivando a sopperire all'indigenza, con atti criminali, rispetto ad altri che ne escono temprati e
grati per le traversie trascorse, che li hanno resi più capaci di saper apprezzare qualsiasi miglioramento conseguito, anche se minimo.
Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza e i caratteri che si dimostrano più solidi, spesso sono cosparsi delle tante cicatrici che li hanno resi tali, rispetto a coloro che la vita facile fa soffrire molto per il poco che gli manca e gustare poco il molto che possiedono, perché se le tribolazioni possono temprare, la vita agiata può rendere più fragili e disarmati verso il minimo disagio.
Riguardo a quanto la sofferenza possa essere seria, rispetto a quanto non è che immaginata, leggiamo tra gli aforismi di Fabrizio Caramagna:
"Tutti hanno sofferto. Chi ne fa argomento per vantarsi.
Chi per avanzare pretese. Chi per giustificarsi.
E chi non ne parla mai.
Perché ha sofferto davvero."
A riprova di quanto il dolore spesso non è tanto quello che si dice, rispetto a quello vero che si tace.
Leggiamo tra le frasi di Siddharta Gautama, definito il Buddha, che furono annotate dai seguaci:
"Questa, o monaci, è la nobile verità sul dolore: la nascita è dolore, la vecchiaia è dolore, la malattia è dolore, la morte è dolore; l’unione con ciò che non si ama è dolore, la separazione da ciò che si ama è dolore. Dolore è non raggiungere ciò che si desidera. I cinque legami sono dolore."
E il modo di emanciparsi dal dolore, è costituito dalla liberazione dall'attaccamento a cose, a persone e a valori ingannevoli, per cui ciò che è provvisorio è maggiormente desiderabile, un percorso per nulla facile e molto impegnativo, che manca negli insegnamenti che ci dovrebbero essere impartiti nel primo apprendistato a cui si partecipa nella gioventù.
Home page   ARGOMENTI

Commenti