La storia "Fai da te"

Una storia senza capo, né coda, come può succedere a una storia fai da te.
Una storia, che invece di rappresentare i trascorsi di qualcuno, di un evento di qualche rilevanza o un fatterello o una qualsiasi causa che possa generare una storia, acquista una personalità che manca a qualsiasi storia, tanto per dire, sarebbe come se un romanzo acquistasse un carattere che vada al di là del testo scritto.
Una storia che non è tanto colpa sua, quanto di chi ha avuto la pretesa di raccontarla, che è tutto dire, per quanto sarebbe stato meglio se si fosse trattenuto, anche se poi basta poco, ovvero la risoluzione di non leggerla, cercando qualcosa che valga di più la pena.
Così poi, tanto per accennare:
"Due poeti, un fraticello e una chiesetta"
"I primi tre per due storie che s'incontrano, che poi si aggiunge quella di un burattinaio, una chiesetta diroccata che sarà riempita da tanti burattini"
Una delle storie più antiche e ancora in corso che gli studiosi ci hanno presentato è quella del big bang, che comprende miliardi di storie che si svolgono nei miliardi di schegge che continuano ad essere emanate nell'universo e noi ci troveremmo su una di esse, insieme a tutto il sistema solare che va chissà dove.
Meglio semplificare e scendere sulla scheggia che conosciamo meglio, con storie più a portata di mano., rispetto a quelle affollanti l'universo.
E troppo ce ne sono poi di storie.
Ci sono storie che non hanno bisogno di essere cercate, ma trovano subito chi le riempie di personaggi e di episodi.
Altre aspettano invano che qualcuno faccia caso a loro e se ne restano vuote e sconsolate a far da tappezzeria, guardando con un po' d'invidia quelle fortunate che sono riuscite a baluginare in menti eccelse e trascinate in vortici di prosa, di poesia, di romanzi e drammoni strappa cuori, lacrime e ventricoli, che passano alla storia.
Una di queste, una storia miserella, modesta e sfortunata, perché più di una volta abbandonata, senza nemmeno essere arrivata a metà strada, o peggio ancora, davanti a un foglio bianco, per ispirazioni terminate insieme alle ebbrezze alcoliche provate, o per il blocco della penna incorso da sprovveduti e fallimentari scrittorucoli, decise di cercarsi personaggi ed ambienti per suo conto, senza agognare, sospirare e tanto meno elemosinare attenzioni pietose e incostruttive da pennaioli di bassa estradizione
Sognava di diventare una storia d'amore da lasciar il segno nei secoli a venire, da far diventare Via col vento robetta da essere giusto spazzata via dal vento della fama della nuova storia, ovvero lei.
Così che mentre fantasticava, cercando l'ambiente e i personaggi adatti, si rimbambì di un'overdose fantasiosa, che le fece per un po' perdere il senno e il senso della storia e cioè sé stessa.
Riavutasi, nel recuperare il poco senno, poco esperta in prosa fai da te ed in scarsa inventiva va da sé, allestì una prima ambientazione in un giardinetto di periferia, con una panchina sbrindellata e due alberelli.
Ma la peggior sorpresa la ebbe nel rendersi conto che nel rimbambimento in cui era incorsa, aveva evocato due personaggi che non sapeva come inquadrare, ancor meno collocare e, peggio ancora, riuscire a far incontrare.
Cercò di raccapezzarsi su cosa aveva in mente, finché mossa a pietà la maldestra psiche le presentò grosso modo la storielluccia che doveva impersonare e che in un primo momento le era sembrata chissà che e ora le appariva come un raccontino forse ben accolto da qualche minorato mentale, che cercò di riepilogare per sommi e stringati capi.
Inesperta anche in relazioni umane, vi fece incontrare due esseri del tutto inverosimili, che chiunque avrebbe scartato per il più insignificante dei racconti.
Qui la storia rimase un po’ impacciata, su come continuare e ha perso il controllo sui due primi personaggi, che hanno cominciato a guardarsi intorno piuttosto frastornati non riuscendo a capire lì chi fossero e che cosa ci facessero.
Due giovani, più o meno, o forse un po' attempati, con abiti un po' strani poi abbigliati, perché la storia aveva fatto confusione anche col tempo in cui li aveva collocati.
Al che, la storia cercò di dare un senso a quella che doveva essere una storia, trasformando i due esseri, che non avevano un passato, perché la storia per la fretta non l'aveva nemmeno immaginato,
in due poetici amanti, colmi d'amor l'un l'altro, e viventi in armoniosa convivenza, fatta di reciproci scambi di odi, carmi, versi e sonetti, indulgendo in escursioni in metrica, giambi ed epodi, dimentichi di tutto il resto intorno a loro, senza nemmeno accorgersi di essersi ridotti a chiedere l'elemosina davanti a una povera chiesetta fuori mano, che favoriva il loro poetico intimo legame, senza troppo distoglierli da frequenti elemosine, che avrebbero rischiato di attenuare la dimensione poetica in cui erano immersi.
Una chiesetta situata in una deserta e misera piazzetta che a poco a poco presero vita, dicevo la piazzetta e la chiesetta, perché da una a due persone, che s'intestardivano a passarci, per quanto il luogo fosse deprimente, a poco a poco si formò una piccola folla di entusiasti che si fermavano rapiti ad ascoltare l'inesauribile fantasia poetica dei due artisti, ignorati dagli impaludati accademici del tempo. I loro versi poi, trascritti dagli appassionati spettatori, divennero acclamate ed ammirate opere postume. Ah, che storia tra l'avvincente ed il miserevole!
Appunto, l'unica parola indovinata, miserevole.
E c'è da fare un passo in dietro, perché la chiesetta a suo tempo era abbandonata e messa male, prima che i due personaggi ci fossero portati, perché appunto ci voleva qualcuno che ce li portasse, del tutto incapaci non solo di orientarsi, ma di qualsiasi altra elementare decisione, dal procurarsi sia il cibo che un alloggio.
Dicevo un passo indietro, perché c'è un fraticello, anche lui con una storia come chiunque viva in questo mondo.
Ora mi è sorto il problema del nome da appiccicare al frate, un nome che suoni emblematico, riguardo a un fraticello sprovveduto, che il priore del convento, non riuscendo a risolvere come impiegarlo in altro modo, perché inadatto a qualsiasi incombenza e scarsino sia nell'ora che in labora, per levarselo di torno, l'ha incaricato di occuparsi della questua.
La questua? Sono esplosi i confratelli, ma se è una vita che non si usa più! Tornerà in auge e male che vada si beccherà qualche improperio, rispose serafico il priore, felice di aver risolto il problema costituito da quel mezzo ritardato.
Anche se poi la storia, intendo questa di storia, a parte le altre, presenterà il fraticello molto meno ritardato, anzi diciamo pure un po' ispirato. Ispirato come può succedere a chi vive in un estrema semplicità.
Qui, mi sa tanto che per impratichirmi su usi conventuali, vado a rileggermi il Nome della rosa, per mettere d'accordo compieta e mattutino, insieme ad altri usi monastici e claustrali.
Eh sì, perché di conserva alla storia fai da te, c'è quella del fraticello che cerca di darle una mano come può, che tanto, con quello che combina il frate, di tempo ne ha a bizzeffe.
Qualcuno mi suggerisce il nome da dare al frate? A chi riuscisse a indovinarlo appropriato al personaggio, gli faccio una dedica sul frontespizio che, anche se non c'è, basta che l'invento.
Come? Ah, il burattinaio. È un personaggio in cui si imbatte il frate, ma appunto prima viene il frate, che poi c'è anche un gruppo di donnette che vanno in estasi con la recitazione del rosario e che però arrivano dopo. Dopo cosa? Dopo il frate e il burattinaio. Non cominciamo con le domande, che altrimenti vado in confusione.
Iole, tu che dici, continuo? Se poi è sì, me lo suggerisci il nome del frate?
rm
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Commenti

  1. Certo che continui. La forma della storia è quella del flusso di pensiero, anche se c'è la punteggiatura.
    Una storia che si auto-crea mentre la si legge..
    Di piacevolissima lettura,, è divertente , dissacrante e tenera.

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  2. Il nome del frate? Lo immagino maldestro e quindi FRA - CASSONE. (attenzione a non sostituire la doppia consonante 😁)

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