Si nun sure e nun travaglie nun puó stènnere ’a tuvaglia.
Se non sudi e non lavori, non mangi.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
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Ci
è presentato oggi un proverbio che esorta all'operosità, per conseguire
i beni necessari al sostentamento, che sia adeguato per una vita civile
e dignitosa, che si accompagna ai detti: "Chi semina, raccoglie",
riguardo agli industriosi, e "Chi semina vento, raccoglie tempesta", dedicato a quelli oziosi e inconcludenti.
Il
lavoro nelle svariate forme che ha assunto dall'antichità ai giorni
nostri, parola derivante dal latino "labor", che significava “pena”
“sforzo” “fatica” “sofferenza” e ogni attività penosa, come è ricordato
ancora oggi dalla parola siciliana "travagghiàri", che si vuole
derivante dal francese "travailler”, ad indicare il travaglio e la
sofferenza provati nell'attività lavorativa, quando è rappresentata da
lavori manuali e di campagna, attenuata dal "faticare" usato nel
napoletano.
Ricordiamo
come, presso i romani, alla parola "labor, si contrapponeva "otium", non
nel senso dato oggi alla parola ozio, ma al tempo libero dedicato alle
cure domestiche della proprietà, oppure agli studi, così da passare a
indicare l'attività letteraria (otium litteratum), considerata del tutto
differente da quella lavorativa.
Il
lavoro, quello manuale, che nei tempi è stato caratterizzato da diverse
forme di sfruttamento, viste con gli occhi di oggi, caratterizzate
dalla schiavitù dei tempi antichi, dal servaggio della gleba, nel medio
evo, dalla classe del proletariato, sorta ai primordi dell'epoca
industriale, fino ai fenomeni di sfruttamento attuali, col caporalato e
forme similari.
Tanto da
poter dire che per quanto il lavoro sia decantato come attività
nobilitante, spesso, dalle epoche passate a quella attuale, rende l'uomo
simile a una bestia da soma, per come vi è costretto.
Pensiamo
al lavoro rappresentato dalle varie forme di artigianato che hanno
prodotto sia manufatti, che la circolazione degli stessi col commercio,
che hanno fatto sorgere la borghesia, come classe di mezzo tra la
nobiltà e il cosiddetto quarto stato, relegato al lavoro manuale in
senso stretto e privato spesso dei diritti più elementari.
Ci
sono lavori gravosi ed altri meno ed altri ancora edificanti, per i
fortunati che nemmeno hanno l'impressione di lavorare, per l'appagamento
che trovano nella loro attività, come si espresse al riguardo l'ex
rugbista Jason Leonard:
“Andate
a parlare di sacrifici a chi scende in miniera o a chi tutte le mattine
si alza dal letto pensando che fuori dalla porta lo attende la catena
di montaggio. Io sono fortunato, io gioco, non mi sacrifico.”
Al lavoro, che sia materiale o intellettuale, il miglior senso lo hanno dato le parole di Martin Luther King:
“Se
un uomo viene chiamato a fare lo spazzino, dovrebbe spazzare le strade
come Michelangelo dipingeva, o come Beethoven componeva, o Shakespeare
scriveva poesie. Dovrebbe spazzare le strade così bene che tutti gli
ospiti del cielo e della terra si fermerebbero a dire che qui ha vissuto
un grande spazzino che faceva bene il suo lavoro.”
E
alla fine, tanto per farci una risata, pensiamo a Concetto, il famoso
nullafacente per antonomasia, con i tanti impegnati a lavorare al posto
suo, i cosiddetti "impiegati di concetto", definizione consolatoria con
la quale può presentarsi qualsiasi passa carte.
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