Oggi
- 15 maggio 2024 - mercoledì della VII settimana di Pasqua, la Chiesa
ricorda, tra i vari santi e beati, Sant'Isidoro, conosciuto anche con le
specificazioni di “l’agricoltore” o “di Madrid”, laico. Isidorus o
Isidro (Isidoro), questo il suo nome rispettivamente in latino e in
spagnolo, nacque intorno al 1070 a Madrid, capitale del Regno di
Castiglia (oggi della Spagna), da una
poverissima famiglia di contadini. Fin da bambino fu costretto al
durissimo lavoro dei campi dall’alba al tramonto, con il solo conforto
della continua e fervorosa preghiera. Rimasto presto orfano, fu preso a
servizio da un ricco possidente terriero dei dintorni della città, che
col tempo, grazie alla sua bontà d’animo e ai suoi modi rispettosi e
educati, gli si affezionò. La palese predilezione che il padrone
mostrava nei suoi confronti, però, provocò la gelosia degli altri
contadini, che tentarono di screditarlo accusandolo di tralasciare il
lavoro per dedicarsi alla preghiera. Era ancora un ragazzo e non sapeva
né leggere né scrivere, ma era in grado di parlare con Dio.
All'Onnipotente dedicava molto tempo, tutto quello che poteva,
sacrificando anche il riposo, ma non il lavoro, al quale si dedicava
alacremente. Narra la tradizione che durante le lunghe giornate di
lavoro, quando cominciava a pregare, erano gli Angeli a venirgli in
aiuto, svolgendo per suo conto le varie incombenze agricole, zappando o
conducendo l’aratro. In questo modo Isidoro teneva sempre Dio al primo
posto, senza al tempo stesso venir mai meno ai suoi doveri terreni. I
colleghi invidiosi, però, dopo averlo falsamente accusato di trascurare
il lavoro, giunsero anche a incolparlo di furto ai danni del
proprietario terriero, perché aveva l’abitudine di aiutare con
generosità chi era ancora più misero di lui, attingendo abbondantemente
da un sacco pieno di prodotti dei campi, il cui livello tuttavia,
miracolosamente, non si abbassava mai. Fu il padrone stesso a indagare
sulla questione, verificando che Isidoro era un grande e onesto
lavoratore, con tutte le carte in regola con Dio e con gli uomini. A
ogni controllo a suo carico, infatti, i lavori agricoli a lui assegnati
risultavano sempre perfettamente eseguiti, mentre la produzione era
abbondante come non mai. Nel 1081, caduta Madrid e il suo circondario in
mano araba, fu costretto alla fuga e trovò rifugio un po’ più a nord, a
Torrelaguna (sempre nella Castiglia), lavorando alle dipendenze di un
altro agiato latifondista. Anche qui, tuttavia, dovette sopportare
l’invidia dei colleghi e i conseguenti sospetti del padrone, ma Isidoro
sopportava tutto con grande pazienza, per amore del Signore, venendo
sempre aiutato dal Cielo nel suo lavoro, in modo prodigioso. Negli anni
seguenti sposò una giovane del posto di nome Maria Tobiria, contadina
come lui e profondamente credente. Liberata Madrid, egli vi tornò con la
moglie ponendosi alle dipendenze di un certo Juan Vargas, possidente
agrario di bassa nobiltà, ma presto ripresero le angherie degli altri
salariati che, vedendolo pregare, lo tacciavano d’essere uno
scansafatiche, calunniandolo con il padrone. Come narra la tradizione,
il Vargas, volendo vederci chiaro, lo spiò di nascosto durante l’orario
di lavoro, costatando con sommo stupore che Isidoro era assorto in
preghiera, mentre alcuni Angeli aravano il campo per lui. Verificò anche
come lui e la moglie praticassero verso i più miserabili un’incessante
carità, costatando inoltre come il grano da lui raccolto fosse
prodigiosamente moltiplicato, nonostante vi attingesse per sfamare i più
derelitti, accrescendo così la propria stima verso lui e la moglie.
Nondimeno, la generosità di Isidoro non si limitava alle persone, ma si
estendeva anche verso gli animali della campagna, ai quali d’inverno non
faceva mai mancare il necessario sostentamento. In questo continuo
esercizio di carità e preghiera era seguito dalla moglie Maria, che una
certa agiografia ha dipinto dapprima piuttosto avara, ma poi
“conquistata” dall’esempio di generosità del coniuge. Certo è comunque
che sulla strada della perfezione avanzavano entrambi, sostenendosi a
vicenda e aiutandosi anche a sopportare i dolori della vita, come quello
cocente della morte in tenerissima età del loro unico figlio. La vita
di questa coppia esemplare continuò così fino alla morte di Isidoro,
avvenuta a Madrid nel 1130. Fu sepolto inizialmente, senza particolari
onori, nel locale cimitero di Sant’Andrea, ma, anche da lì, egli
continuò a “fare la carità”, dispensando grazie e favori a chi lo
invocava, al punto che quarant’anni dopo, nel 1170, si dovette a furor
di popolo riesumarne il corpo incorrotto e trasferirlo nella chiesa, ora
a lui dedicata, dove Isidoro aveva ricevuto il battesimo. Col tempo, la
sua fama di diffuse in tutta la Spagna e fuori dai suoi confini. Il 25
maggio 1622, ebbe l’onore di essere canonizzato, da papa Gregorio XV,
con Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri e Teresa d’Avila.
Nel 1697, il pontefice Innocenzo XII proclamò beata sua moglie Maria
Tobiria.
IMMAGINE: “Sant’Isidro Labrador“(in italiano Sant’Isidoro l’agricoltore), olio su tela dipinto, tra il 1625 ed il 1630 circa, dal pittore spagnolo Jusepe Leonardo (1601-1652). L’opera si trova presso il Museo Camón Aznar di Zaragoza (Spagna).
Roberto Moggi
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IMMAGINE: “Sant’Isidro Labrador“(in italiano Sant’Isidoro l’agricoltore), olio su tela dipinto, tra il 1625 ed il 1630 circa, dal pittore spagnolo Jusepe Leonardo (1601-1652). L’opera si trova presso il Museo Camón Aznar di Zaragoza (Spagna).
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