Oggi
- 25 maggio 2024 - sabato della VII settimana del tempo ordinario, la
Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Gregorio VII, papa
(obbligatoria nella diocesi di Roma). Ildebrando, questo il suo nome di
battesimo, nacque in data imprecisata che, secondo alcune fonti, sarebbe
compresa fra il 1013 e il 1024 e, secondo altre, fra il 1020 e il 1025,
a Soana nei pressi di Grosseto,
nella Maremma toscana (oggi Sovana, frazione di Sorano in provincia di
Grosseto, regione Toscana), tanto da essere noto anche come “Ildebrando
di Soana”. La tradizione popolare lo vuole rampollo della nobile casata
Aldobrandeschi, che nel corso del Medioevo dominò vasti feudi nella zona
della Maremma e del Monte Amiata, ma non ci sono prove a sostegno di
questa tesi ed è più probabile che sia venuto alla luce in una famiglia
di modesta estrazione. In giovane età si trasferì a Roma, dove
probabilmente - sull’esempio dello zio (abate del monastero benedettino
romano di Santa Maria sul colle Aventino) - si fece monaco in tale
Ordine, divenendovi poi sacerdote. Sembra che tra i suoi maestri vi
fosse anche Giovanni dei Graziani, detto Graziano, che divenne papa
Gregorio VI (dal 1045 al 1046) in modo illegittimo e simoniaco (la
simonia era nel Medioevo la compravendita di cariche ecclesiastiche),
comprando il titolo, il 1° maggio 1045, dal predecessore Benedetto IX,
che era stato dimesso a furor di popolo per indegnità. Gregorio VI,
tuttavia, lo ammirava quale giovane monaco già famoso per la sua volontà
riformatrice e, quando ascese al Soglio Pietrino, lo scelse come
proprio cappellano personale. In seguito, dopo il sinodo indetto a Sutri
(in provincia di Viterbo) proprio per riportare ordine nella Chiesa, fu
sancita la sua decadenza dal titolo di pontefice e invitato ad
abdicare, cosa che fece nel 1046, prima di partire per l’esilio a
Colonia (Germania), ove era stato destinato. Ildebrando, da parte sua,
lo seguì e servì fedelmente anche al confino, fino alla morte avvenuta
l’anno successivo, facendo quindi rientro nell’Urbe. Da quel momento,
divenne molto attivo e influente nella Curia Romana, tanto che divenne
per molti pontefici uomo di totale fiducia e consigliere prezioso.
Comparve ben presto, influente, al fianco di papa Leone IX (1002-1054),
futuro santo che, nel 1050, lo nominò arcidiacono, amministratore e
preposito (magistrato esercitante cariche speciali) al monastero di San
Paolo fuori le Mura. Nel 1054, lo stesso Pontefice lo incaricò inoltre
di risolvere la difficile situazione creatasi in Francia per i contrasti
intorno alla dottrina eucaristica, causati dall’eresia sostenuta dal
presbitero e filosofo Berengario di Tours (988-1088 circa), il quale
asseriva che, durante la celebrazione della messa, il pane e il vino
consacrati dal celebrante non si trasformano realmente nel corpo e nel
sangue di Cristo, ma sono solo simboli. Sistemata questa grave
situazione, Ildebrando tornò ancora più apprezzato a Roma. Morto Leone
IX, continuò ad avere una certa importanza anche sotto i pontefici
Vittore II (dal 1054 al 1057), Stefano X (dal 1057 al 1058) e Niccolò II
(dal 1059 al 1061), ma tale importanza crebbe molto sotto il successore
di quest’ultimo, papa Alessandro II (dal 1061 al 1073), che egli
incitò, in sintonia con le sue idee, a un'attività sempre più intensa
diretta alla riforma della Chiesa e alla liberazione della stessa da
ogni assoggettamento al potere civile. Nel 1073, alla morte di
Alessandro II, Ildebrando era talmente conosciuto e stimato che la voce
unanime del popolo dell’Urbe lo designò come nuovo pontefice, essendo
effettivamente eletto nuovo papa dal collegio cardinalizio, prendendo il
nome di Gregorio VII. Così come aveva già cominciato a fare nella sua
veste di consigliere del precedente Pontefice, iniziò subito il suo
programma di riforma della Chiesa, che resterà noto come "Riforma
Gregoriana", nella piena consapevolezza della dignità e dell’autorità
pontificale. Questi sentimenti, ebbero la loro espressione nelle formule
energiche e precise del “Dictatus Papae” (“Affermazioni di principio
del Papa”), quasi certamente l'indice di una collezione canonistica
composta tra il 1075 e il 1076, costituita da ventisette tesi, ciascuna
delle quali enuncia uno specifico potere del Pontefice Romano. In essa
si afferma chiaramente la superiorità del papato su ogni autorità
terrena e la sua indipendenza completa da ogni potere umano; si sostiene
l'autorità diretta del papa sui vescovi, al di là da quella dei
metropoliti e la sua prerogativa di giudicare e condannare, senza poter
mai esser sottoposto a giudizio e perfino di deporre re e imperatori. Su
queste basi, Papa Gregorio VII iniziò la sua attività sforzandosi di
far giungere in tutta la cristianità la sua voce per mezzo dei suoi
numerosi legati: in particolare in Italia egli riuscì a ottenere e
conservare l'amicizia della contessa Beatrice di Toscana (1019-1076) e
di sua figlia Matilde di Canossa (1046-1115 circa), appartenenti a una
delle più nobili famiglie del tempo. Più difficili furono, invece, i
rapporti con i Normanni del Ducato di Normandia, che gli erano assai
ostili specialmente nei primi anni del suo pontificato. Gregorio VII
convocò un concilio a Roma nel 1074, che riprese e continuò la lotta
contro il clero simoniaco e concubinario, emanando disposizioni che
suscitarono vivi contrasti in Francia, Inghilterra e Germania,
nonostante l'iniziale buona volontà del re di quest’ultimo paese e
Imperatore del Sacro Romano Impero Enrico IV (1050-1106). Un altro
concilio, nel 1075, ripeté le decisioni prese l'anno precedente, punì i
riottosi e i ribelli, e sancì infine, con una decisione assai dura
quanto coraggiosa, la proibizione dell'investitura religiosa da parte
dei poteri civili. Questa decisione, invisa a ogni sovrano, fu
addirittura un motivo di conflitto in Germania, dove Enrico IV non
accettava più limitazioni al suo potere sovrano. Tale contrasto,
inizialmente tenuto solo a livello d’idee e concezioni, divenne poi
lotta aperta, con tanto di spargimento di sangue. Da un lato
l'Imperatore e i suoi seguaci dichiaravano che un re non poteva essere
deposto dalla Chiesa e, dall'altro, Gregorio VII ripeteva che il
Pontefice ha il diritto d'ammonire, punire e deporre i sovrani colpevoli
verso la Chiesa medesima. Alla fine, sospendendo ogni confronto e
patteggiamento, l’Imperatore Enrico IV, riunita una dieta a Worms
(Germania), prese l’inaudita decisione di deporlo con un proclama,
mentre lui, a sua volta, lo scomunicò, sciogliendo i sudditi dal
giuramento di obbedienza. Tale sentenza di deposizione a carico di
Gregorio VII, mai eseguita realmente, coincise con un momento assai
difficile per la situazione interna tedesca, anche perché molti
feudatarî laici ed ecclesiastici, ostili a Enrico IV, ne approfittarono a
proprio vantaggio. Il danno d’immagine a carico di Enrico IV fu grande,
ma l'imperatore, però, con abile e opportuna decisione politica, nel
1077 si presentò in veste di penitente a Canossa, non lungi da Reggio
Emilia, castello della contessa Matilde di Toscana (o di Canossa), dove
in quel frangente si trovava Gregorio VII quale ospite gradito,
chiedendogli il perdono e ottenendone l'assoluzione e la revoca della
scomunica. La piena reintegrazione nei suoi poteri, invece, era
condizionata al consenso dei grandi dell'impero. Tuttavia, poiché
costoro gli si opposero con le armi, Enrico IV dovette affrontarli col
suo esercito, battendoli più volte. Non desistette dalla lotta neanche
quando fu colpito di nuovo dalla scomunica lanciatagli da Gregorio VII
in occasione di un concilio tenuto a Roma nel 1080. Enrico, allora,
piombò in Italia, ove trovò alleati anche fra gli ecclesiastici
corrotti, spingendosi fino a Roma, ove pose sulla cattedra di Pietro un
“antipapa” col nome di Clemente III (dal 1080 al 1100) e costringendo il
legittimo Pontefice Gregorio VII a rinchiudersi, in pratica
prigioniero, in Castel Sant’Angelo. Tale gravissima e inaudita azione di
forza compiuta da Enrico IV, determinò, grazie anche all'amicizia di
Matilde di Canossa, l'alleanza di Papa Gregorio VII con il condottiero
normanno Roberto detto "il Guiscardo". Questi, di fronte all'accresciuta
potenza imperiale, reputò necessaria l'alleanza col papa, dal quale
vide finalmente riconosciuta e accettata la sua politica antibizantina,
concretatisi in una spedizione nell'Albania in mano bizantina. Nel 1084,
Gregorio VII fu liberato dalla sua prigionia romana, proprio da milizie
normanne, ma, quando Enrico IV e l'antipapa riapparvero minacciosi,
Gregorio fu costretto a lasciare la città ai Normanni che la
saccheggiarono e si ritirarono poi insieme con lui a Salerno (oggi
capoluogo dell’omonima provincia della regione Campania). Qui Gregorio
morì, nell'amarezza della solitudine, nel 1085, venendo sepolto nella
locale chiesa di San Matteo, oggi duomo, che ufficialmente risponde al
nome di Cattedrale Primaziale Metropolitana di Santa Maria degli Angeli,
San Matteo e San Gregorio VII. Fu proclamato santo nel 1606.
IMMAGINE: << “Gregorio VII Papa”, ritratto ad olio su tela eseguito da ignoto autore di scuola italiana, verosimilmente nel XVII secolo. L’opera si trova presso la cattedrale di Salerno>>
Roberto Moggi
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IMMAGINE: << “Gregorio VII Papa”, ritratto ad olio su tela eseguito da ignoto autore di scuola italiana, verosimilmente nel XVII secolo. L’opera si trova presso la cattedrale di Salerno>>
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