San Giovanni I, papa

Oggi - 18 maggio 2024 - sabato della VII settimana di Pasqua, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Giovanni I, papa e martire (obbligatoria nella diocesi di Roma). Di Ioannes (Giovanni), questo il suo nome in latino, si conosce poco prima della sua elezione al Soglio Pontificio. Secondo il “Liber pontificalis” (“Libro dei papi”), raccolta di brevi voci biografiche sugli stessi fino alla fine del IX secolo, egli sarebbe probabilmente nato sul finire del V secolo nella regione italiana della Tuscia (che indicava all’epoca l'intera antica Etruria, vasto territorio al centro della Penisola Italiana, composto pressapoco dagli attuali territori della Toscana, dell’Umbria occidentale e del Lazio settentrionale), forse nella città di Siena (oggi in Toscana), figlio di un certo Costanzo. Incardinato nel clero dell’Urbe, fu eletto papa il 13 agosto 523, con il nome di Giovanni I. Durante il suo ministero apostolico, nella Penisola Italiana, pur se ufficialmente sottoposta all’Impero Romano d’Oriente, regnava di fatto Teodorico detto “il Grande”, re degli Ostrogoti (dal 474 al 526). Quest’ultimo, che pure non aveva mai ostacolato i cattolici, professava l'Arianesimo, una dottrina cristologica elaborata dal presbitero, monaco e teologo Ario (256-336), condannata come eretica al Concilio di Nicea del 325, asserente la sostanziale inferiorità della natura divina del Figlio rispetto a Dio Padre. Nell’Impero Romano d’Oriente, dove sedeva sul trono l’imperatore cattolico Giustino I (dal 518 al 527), si era invece dato il via alla lotta contro gli ariani. Re Teodorico reagì e il suo atteggiamento, fino allora conciliante, cambiò radicalmente, anche se la sua posizione anticattolica e antimperiale divenne aperta solo a seguito dell’assassinio, nel 524, del suo principale collaboratore, il filosofo e senatore romano Severino Boezio (477-524), che ricoprì per lui la carica di “Magister Officiorum” (che si può tradurre come “Direttore degli Uffici”), un alto funzionario della burocrazia, molto vicino al sovrano e in possesso di vasti poteri. Questo delitto, in realtà, fu una confusa vicenda di corte, interpretata volutamente come un complotto e un atto di tradimento contro il governo ostrogoto, da parte di forze politiche vicine all’imperatore d’Oriente. In seguito, proseguendo nelle sue intenzioni di difendere l’Arianesimo e la propria politica, Teodorico decise di inviare un’ambasceria all’imperatore, con la minaccia che, se le sue richieste non fossero state esaudite, la sua violenza si sarebbe abbattuta su tutta l’Italia cattolica. Allo scopo, il monarca ostrogoto costrinse il pontefice Giovanni I, malato e sofferente, ad andare a Costantinopoli come suo “legato”, con il preciso mandato di chiedere all’imperatore Giustino I di bloccare la lotta contro gli ariani, di riconsacrare come ariane le chiese già trasferite al culto cattolico e, soprattutto, di fargli annullare tutte le conversioni al cattolicesimo che - secondo Teodorico - sarebbero state solo frutto di coercizioni. Giovanni sopportò l’imposizione per amore di Cristo e della Chiesa, costretto ad assecondare re Teodorico per evitare catastrofi peggiori e con l’intenzione di evitare una vera e propria sanguinosa guerra civile, dichiarando di essere determinato a ottenere, fidando nell’aiuto di Dio, tutte le cose richieste tranne l’ultima, in altre parole il disconoscimento delle conversioni degli ariani. Nell’inverno del 525 o nei primi mesi del 526, ebbe luogo il viaggio via mare verso Costantinopoli, dove l’ambasceria guidata da Giovanni I fu accolta trionfalmente. Infatti, nei pressi di quella capitale, una processione composta di una moltitudine di popolo, guidata dall’imperatore, gli andò incontro e Giustino I si prostrò dinanzi a Giovanni. Il papa si trattenne a lungo e celebrò con rito latino le festività di Natale e Pasqua, durante la quale ultima incoronò nuovamente l’imperatore. Quest’ultimo, grazie ai buoni uffici del pontefice, concesse tutto quello che aveva richiesto re Teodorico, tranne, come previsto, l’annullamento delle conversioni al cattolicesimo, quindi la legazione rientrò a Roma. Qui, tuttavia, dal punto di vista del monarca ostrogoto, l’ambasceria fu considerata un fallimento, sia perché aveva ottenuto risultati parziali, sia per il clima di accoglienza trionfale di cui era stato testimone il lungo soggiorno orientale del papa. Così, l’ira di Teodorico si abbatté sugli uomini della legazione e tutti, compreso il pontefice, furono brutalmente arrestati con l’inganno in odio alla fede, imprigionati a Ravenna (oggi in Romagna) e probabilmente torturati. Giovanni, già gravemente malato e debilitato, non resse alle angherie e, dopo pochi giorni di dura segregazione, morì in quest’ultima città il 18 maggio 526, venendo trasportato a Roma e sepolto nella basilica di San Pietro il 27 maggio successivo. Situazione e modo della sua morte ne fecero subito un martire della fede. Negli “Annales Valesiani” (raccolta di due annali in latino, la cui seconda parte riguarda il periodo da 474 al 526 e si occupa principalmente della vita di Teodorico “il Grande”), si narra del culto popolare di cui il suo corpo fu fatto oggetto immediatamente dopo la morte e dei miracoli che sarebbero stati per sua intercessione ben presto compiuti.
IMMAGINE: <<“San Giovanni I, Papa e martire”, miniatura di dominio pubblico, ascrivibile verosimilmente a ignoto autore del XVI secolo>>

Roberto Moggi
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