San Giovanni d’Avila

Oggi - 10 maggio 2024 - venerdì della VI settimana di Pasqua, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Giovanni d’Avila, presbitero e dottore della Chiesa. Juan, questo il suo nome di battesimo, nacque ad Almodòvar del Campo, nella regione della Castiglia del Regno di Spagna, il 6 gennaio 1499 o 1500, dai pii genitori Alonso e Catalina, discendenti da famiglie di cosiddetti “Cristiani nuovi”, ossia convertiti dall’ebraismo al cristianesimo. Da alcuni dati storici si sa che Giovanni aderì a un ordine religioso, forse quello domenicano, ma non si conosce oltre. Dal 1520 al 1526 studiò filosofia e teologia nell’ateneo della città di Alcalà. Subito si segnalò come ottimo studente, tanto che il celebre professore e teologo domenicano Domingo de Soto (1494-1560) lo prese sotto la sua direzione. Nel 1526 cercò di partire per le missioni in America, ma nel mentre incontrò l’avventuriero Hernando de Contreras (XVI secolo) il quale, cogliendo subito in lui le qualità umane e culturali, lo segnalò al vescovo di Siviglia affinché non gli permettesse di partire. Non fu facile dissuaderlo, ma alla fine la sua condizione di “Cristiano nuovo” gli impedì di emigrare. Restò così a Siviglia e in altre città della diocesi, insegnando catechismo ai bambini e agli adulti. Ben presto anche sacerdoti cominciarono a unirsi tra gli uditori e molti si affiancavano a lui per la direzione spirituale. Di fronte alle folle che si riunivano attorno a lui e al numero di persone che chiedevano solo lui per la direzione spirituale, non mancarono le gelosie e le denunce di plagio, ancor più in un tempo in cui andava moltiplicandosi il rancore tra cattolici e protestanti. Dalle denunce si passò ai processi e al primo arresto, nel 1532, da parte dell’Inquisizione. Sarà proprio durante il periodo in carcere che Giovanni si concentrerà maggiormente gettando le basi della sua opera più nota “Audi Filia” (“Ascolta figlia”, dal Salmo 45, 11-12). Sempre durante la prigionia, inoltre, tradusse l’Imitazione di Cristo e scrisse lettere. Il 16 giugno 1533 fu assolto e durante tutto il periodo non proferì parola alcuna contro nessuno, approfondendo il tema della carità di Dio. Da Siviglia si trasferì a Cordova dove incontrò il domenicano fra Luigi de Granada, che diventerà suo biografo. Quando predicava nelle piazze o nelle chiese, era sempre molta la gente che vi accorreva e che spesso si convertiva. Tra questi merita menzione la conversione di quello che diventerà San Giovanni di Dio (1495-1550), fissata al 20 gennaio 1537, e così sarà per il futuro San Francesco Borgia (1510-1572). Scrive a San Giovanni di Dio: ”Mi avete dato molto conforto con l’aver ben osservato quanto avevamo concordato voi ed io circa l’obbedire a Padre Portillo nell’amministrazione dei poveri… perché ho gran paura che v’inganni il diavolo, procedendo di vostra testa; ché quando non può sopraffare uno facendogli compiere opere cattive, ci riesce facendogli compiere disordinatamente le buone… Pertanto, fratello, abbiate gran cura di sottomettervi al parere altrui, e non v’ingannerà il diavolo”. E in un’altra lettera: “Per restare fedele, bisogna mostrarsi prudente, come ha detto Nostro Signore perché, per mancanza di prudenza, l’uomo commette mille infrazioni che dispiacciono a Nostro Signore e Lo obbligano a castigarlo. Cosi, un solo errore deve servire da lezione per la vita. Un cane bastonato non ci ritorna due volte, né un uccello nella gabbia da cui è scappato. I saggi traggono vantaggio dagli errori degli altri e gli stolti dai propri”. Dalla fine del 1536 si recò spesso a Granada dove ottenne, verso il 1537, i gradi in sacra teologia e il titolo di “Maestro d’Avila”. Nel suo peregrinare da una città all’altra, fondava collegi minori e maggiori, per dare istruzione ai bambini e ai giovani, compresi i sacerdoti giovani che però non potevano accostarsi alle facoltà universitarie se non dopo aver fatto esperienza pastorale. Tra il 1535 e il 1551 vari sacerdoti si legarono a lui nel vincolo della direzione spirituale, creando una sorta di “Fraternità spirituale e teologica”. Ai sacerdoti ricordava che “nella messa ci poniamo sull’altare nella persona di Cristo a fare l’ufficio dello stesso Rendentore” (Lettera 157), Questa “Fraternità” attirò subito l’attenzione di Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù, il quale confidava di veder fondersi questa realtà con la sua Compagnia: cosa che non avvenne, ma che non intaccò mai l’amicizia tra i due, tanto che Giovanni d’Avila spesso mandava i migliori allievi proprio nella Compagnia di Gesù. Non mancò di incoraggiare a voce e per iscritto la religiosa e mistica Santa Teresa d’Avila (1515-1582), la quale si sottomise a lui per il giudizio sul manoscritto della propria famosa Autobiografia. Morì il 10 maggio 1569 a Montilla presso Cordova (Spagna), dove venne sepolto nella locale chiesa dei Gesuiti, oggi initolata a San Francesco. La sua causa di beatificazione fu avviata nel 1623, ma solo il 6 aprile 1864 fu beatificato. Nel 1946, il Servo di Dio papa Pio XII lo dichiarò “Apostolo dell’Andalusia” e principale patrono del clero secolare di Spagna. Il 31 maggio 1970, il pontefice San Paolo VI lo ha proclamato santo e il 7 ottobre 2012 papa Benedetto XVI dottore della Chiesa. 
IMMAGINE: <<ritratto di San Giovanni d’Avila, olio su tela eseguito, nel 1580 circa, dal pittore di origine greca e cittadinanza veneziana Domenikos Theotokópoulos, noto come “El Greco“ (1541-1614). L’opera si trova presso il Museo El Greco di Toledo (Spagna)>>

Roberto Moggi
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