Oggi
- 21 maggio 2024 - martedì della VII settimana del tempo Ordinario, la
Chiesa celebra la memoria facoltativa dei Santi Cristoforo Magallanes e
ventiquattro compagni, martiri. Questi venticinque testimoni, noti anche
come “Martiri messicani”, sono un gruppo di sacerdoti e laici uccisi in
odio alla fede cattolica, in Messico, nei primi decenni del 1900, il
cui “capogruppo” è appunto il sacerdote
Cristóbal (Cristoforo) Magallanes Jara. Ciascuno dei membri del gruppo,
ha sacrificato la propria vita in circostanze di tempo e luogo
differenti, accomunati dall’essere tutti vittime della persecuzione
antireligiosa indetta dal governo massonico vigente in quel periodo nel
Paese americano. Tra il 1915 e il 1939, infatti, la Chiesa del Messico
subì una violentissima sopraffazione con grande spargimento di sangue
innocente. Forti limitazioni del culto e della libertà religiosa
iniziarono già nel 1914, quando il locale governo cominciò a
perseguitare il clero e a limitare riti ecclesiali e sacramenti. Le cose
peggiorarono ulteriormente dopo l'entrata in vigore, il 5 febbraio
1917, della nuova costituzione del Paese, apertamente anticlericale e di
chiara impronta massonica. Fu tuttavia il 14 marzo 1926 che la
repressione del governo, guidato dal presidente e generale dell’esercito
Plutarco Elía Callés (1877-1945) detto “El Turco”, un tiranno
sanguinario insignito d’importanti medaglie dalle logge massoniche
mondiali, ebbe il suo apice. Callés, rivoluzionario filosovietico, in un
paese in cui la percentuale dei cattolici superava il 95 per cento
della popolazione e in cui la fede era intensamente vissuta dal popolo,
espulse i sacerdoti nati all’estero, chiuse le scuole, gli ospedali, gli
ospizi e gli orfanotrofi cattolici, oltre ai seminari, i cui studenti
furono addirittura deportati. Soppresse la maggior parte delle diocesi e
ogni manifestazione pubblica della fede, tanto che persino farsi il
segno della croce in pubblico, era molto rischioso. Infine, il 31 luglio
1926, per la prima volta in Messico dopo quattrocento anni di storia
del paese, fu addirittura sospeso il culto pubblico in tutte le chiese
della nazione e il clero cattolico fu oggetto della violenza più
brutale. La misura era colma. Fu allora che il popolo messicano insorse
spontaneamente, chiedendo solo di poter continuare a professare la
propria fede. Era una rivolta, poi sfociata in guerra civile, guidata
dai cosiddetti “Cristeros”, nome che deriva da “Cristos Reyes” (cioè
“Cristi-Re”), come i persecutori atei definivano con intento spregiativo
gli insorti cattolici, combattenti per la libertà al grido divenuto
famosissimo di “Viva Cristo Rey!” (“Viva Cristo Re!”). I ribelli
riprendevano il tema della regalità di Cristo, all’epoca molto popolare e
in sintonia con l’enciclica “Quas primas” [ovvero “Nella prima”
(enciclica)], sull’istituzione della festa di Cristo Re, pubblicata l’11
dicembre 1925 da Papa Pio XI (dal 1922 al 1939). Fu una causa sentita
dal popolo intero. Villici, contadini, artigiani, analfabeti e
intellettuali, armati più di pochi strumenti agricoli che di fucili,
riuscirono nell’insperata impresa di tenere testa a un grande esercito
governativo bene equipaggiato e organizzato. Quella dei Cristeros era
una ben strana armata. Brandendo pistole e Croci, desideravano soltanto
mantenere viva e praticare la propria fede, reagendo alle sopraffazioni
militari al predetto grido “Viva Cristo Rey!”, parole che apparivano
anche sul loro vessillo accanto all’immagine della Madonna di Guadalupe.
Gli storici raccontano che, questi “zotici” dalla fede granitica, erano
soliti proteggere le celebrazioni clandestine di messe, matrimoni,
battesimi, comunioni, esequie e confessioni, montando la guardia a turno
attorno ai luoghi a ciò deputati. I Cristeros si facevano il segno
della croce prima di ogni scontro e dicevano: “Preghiamo per noi e per
essi”. Don Cristóbal Magallanes Jara - che è stato posto per primo nella
lista dei venticinque martiri della memoria odierna - nacque il 30
luglio 1869 a San Rafaél, frazione del piccolo villaggio rurale di
Totatiche (Stato di Jalisco, nel centro del Messico), da una poverissima
famiglia ardentemente cattolica. Lavorò duramente nei campi dalla più
tenera età fino ai diciannove anni, quando finalmente riuscì a coronare
la sua vocazione entrando nel seminario di Guadalajara (Messico), dove
si distinse per la sua pietà e dedizione. Fu ordinato sacerdote nel
settembre del 1899 nella chiesa di Santa Teresa a Guadalajara e
inizialmente fu cappellano e vice direttore della Scuola d’Arti e
Mestieri della stessa città. Sacerdote alla sequela di Cristo, fu molto
attivo nel campo sociale, attento e solerte alla risoluzione dei tanti
problemi del popolo più povero e abbandonato, da quelli spirituali a
quelli materiali. Allo scopo, fondò un asilo per gli orfani, organizzò
centri di catechismo e scuole rurali, fece costruire addirittura una
diga per favorire l'irrigazione e stabilì l’assegnazione di piccole
suddivisioni di terra per aiutare i più poveri. Fu missionario tra gli
indigeni “Huichole” dove compì il suo apostolato suscitando molte
vocazioni sacerdotali. Quando il governo chiuse il seminario di
Guadalajara, ne fondò segretamente un altro, non arrendendosi mai di
fronte alle persecuzioni. Fu parroco di Totatiche per ben diciassette
anni, amatissimo dai suoi parrocchiani, fino al giorno del martirio. Il
21 maggio 1927, Don Cristóbal andò a celebrare segretamente la messa in
un’azienda agricola, dove si svolgeva clandestinamente una festa
religiosa in onore di Santa Rita, quando improvvisamente sopraggiunse la
cavalleria governativa comandata dal Generale Goñi, verosimilmente
informata da qualche spia. Nella fuga generale, complici le violenze dei
soldati, si scatenò una furibonda sparatoria tra un gruppo di Cristeros
e le truppe federali, che finì con la vittoria delle preponderanti
truppe dell’esercito. Quasi tutti i partecipanti furono arrestati e
anche Don Cristóbal, che non oppose alcuna resistenza, fu ammanettato e
portato a Totatiche, dove fu imprigionato con il suo giovane vicario Don
Agustín Caloca, che stava concelebrato con lui. Il 25 maggio 1927,
senza alcun processo e dopo reiterati maltrattamenti, furono trasferiti
nel palazzo municipale di Colotitlán e subito condotti nel patio per
essere fucilati. Di fronte al plotone d’esecuzione, Don Cristóbal
perdonò e benedisse tutti, quindi confortò il suo giovane vicario
rivolgendogli le affettuose ma ferme parole: “Tranquillo figliolo, solo
un attimo … e poi il Cielo!”. Poi, rivolgendosi alla truppa pronta per
l’esecuzione, esclamò: “Io muoio innocente e chiedo a Dio che il mio
sangue serva per l’unione dei miei fratelli messicani”. Subito dopo Don
Caloca, rincuorato, gridò a gran voce rivolto agli sgherri: “Per mezzo
di Dio viviamo e per mezzo di lui moriamo!”. In quello stesso momento,
con una scarica di fucileria, i due eroi suggellarono la loro esistenza
col sangue del martirio, raggiungendo il Sommo Creatore che tanto
avevano amato in terra. Don Cristóbal Magallanes Jara, Don Agustín
Caloca, altri venti sacerdoti e tre laici, di varie età e provenienti da
diverse regioni del Messico, che hanno versato il loro sangue per amore
di Cristo e della Santa Chiesa, principalmente tra il 1926 e il 1928
(ma si registrano anche due martiri nel 1915 e nel 1937), sono stati
beatificati il 22 novembre 1992 da Papa San Giovanni Paolo II e
canonizzati il 21 maggio 2000 dallo stesso Pontefice.
IMMAGINE: << Foto originale di San Cristóbal (Cristoforo in italiano) Magallanes Jara (1869-1927), scattata in Messico tra il 1900 ed il 1927 circa). Opera di pubblico dominio>> Roberto Moggi
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IMMAGINE: << Foto originale di San Cristóbal (Cristoforo in italiano) Magallanes Jara (1869-1927), scattata in Messico tra il 1900 ed il 1927 circa). Opera di pubblico dominio>> Roberto Moggi
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