Il 20 maggio, la Chiesa
celebra la memoria facoltativa di San Bernardino da Siena, sacerdote
dell’Ordine dei Minori francescani. Bernardino nacque l'8 settembre 1380
a Massa Marittima, nella Maremma toscana appartenente alla Repubblica
di Siena (oggi in provincia di Grosseto, regione Toscana), dove suo
padre, il nobile senese Tollo Albizzeschi, era governatore per conto di
Siena. Nel 1386, rimasto orfano d’entrambi i genitori,
Bernardino si trasferì in quest’ultima città, dove fu cresciuto come un
figlio dalle due zie paterne, entrambe nubili, studiando in modo
adeguato al suo lignaggio e frequentando assiduamente la chiesa e una
pia confraternita del luogo. Nel 1400, quando aveva vent’anni, Siena fu
colpita da una terribile pestilenza, nel corso della quale moltissime
furono le vittime. Morirono o furono contagiati anche la maggior parte
dei medici e infermieri di quell’ospedale “Santa Maria della Scala”,
preposto al ricovero degli appestati, che sorgeva fuori dalle mura
cittadine in località Le Scotte. Fu così che il responsabile del
nosocomio chiese aiuto alla cittadinanza, per trovare dei valorosi
disposti ad accudire e curare i ricoverati sempre in aumento. Bernardino
rispose prontamente alla chiamata e si offrì volontario insieme ai
compagni della confraternita alla quale apparteneva, sui quali
esercitava un forte ascendente. La sua encomiabile quanto rischiosa
opera di assistenza durò quattro mesi, fino all’inizio dell’inverno,
quando il morbo cominciò a scemare, ma poi dovette trascorrere altri
quattro mesi tra la vita e la morte, essendosi anch’egli contagiato.
Riuscì a guarire e, una volta riprese le forze, assistette amorevolmente
per un anno una delle due zie, diventata cieca e sorda, fino alla
morte. Dopo queste esperienze di carità evangelica, profondamente
maturato e consolidato nella fede, seguì finalmente la propria vocazione
e abbandonò la vita mondana per vestire l’umile saio francescano. L’8
settembre 1402 entrò come novizio nel convento senese di San Francesco,
per poi completare il noviziato nel convento del Colombaio, sito in
territorio di Seggiano, sul monte Amiata (oggi in provincia di Grosseto,
regione Toscana), che, nel corso del XV secolo, era un centro
nevralgico di diffusione dello stile di vita dei frati francescani detti
“Osservanti”, caratterizzata dall'aspirazione a una vita più ritirata e
a un più rigoroso controllo sull'uso dei beni. Bernardino ne fu
entusiasta e diventò parimenti, in seno ai Francescani, uno dei
principali propugnatori della riforma dell'Osservanza, che grazie a lui
conobbe una straordinaria popolarità. Nel 1404 fu ordinato sacerdote e,
nel 1417, iniziò una brillantissima carriera di predicatore. Per
raggiungere tutto il popolo predicava in “volgare”, l’italiano del suo
tempo di uso comune, con stile vivace e commovente, sottolineando la
necessità di penitenza e la scelta di povertà, denunciando il gioco
d'azzardo, il lusso, l'usura, le stregonerie, la superstizione e le
faziosità. Le sue prediche in volgare, stenografate con un metodo da lui
inventato a cura di un discepolo, sono giunte fino a noi in tutta la
naturalezza con cui erano pronunciate sulle varie piazze italiane. A
rileggerle oggi, se ne scopre l'attualità dei temi, tra i quali i più
ricorrenti erano quelli della carità, dell'unità, della concordia e
della giustizia. Fustigava l'avarizia dei nuovi ricchi: i mercanti, i
banchieri, gli usurai e i sensali, per i quali ultimi ricorreva a un
gioco di parole chiamandoli “senz'ali”, incapaci cioè di spiccare il
volo e di sollevarsi di un palmo dalla loro “robba” o “masserizia”, come
allora si definivano i beni. A costoro diceva: “… Lo so bene che la
robba che tu tieni non è tua propria, anche l'ha data Iddio al mondo,
per sovvenire al bisogno dell'uomo: non è dell'uomo, no, ma per lo
bisogno dell'uomo…”. Aveva parole durissime per quanti “… rinnegano
Iddio per un capo d'aglio …” e per “… le belve dalle zanne lunghe che
rodono le ossa del povero …”. Diceva ancora: “… Se tu hai della robba
assai e non n'hai bisogno, e tu non la dispensi e muori, tu te ne vai a
casa calda (l’Inferno) …”. Oppure: “… O tu che hai tanti spogli
(vestiti) più che non ha la cipolla, ricuopri la carne del povero,
quando tu il vedi così stracciato e ignudo: la sua carne e la tua è una
medesima carne …”. Nelle sue prediche, per spiegare la necessità
dell'unione e della concordia, ricorreva a esempi familiari come quello,
visto poc’anzi, della cipolla tenuta insieme foglia a foglia. La sua
predicazione era itinerante e per questo si spostava in lungo e largo
per tutta la penisola, corroborato da numerosi episodi prodigiosi e
miracoli, attraverso i quali gli era dato di superare ogni problema che
lo potesse “frenare” nella sua immane opera di evangelizzazione. Nel
1420, mentre si trovava in territorio della Signorìa di Mantova (oggi
capoluogo dell’omonima provincia della regione Lombardia), prese
alloggio con i suoi frati accompagnatori nel convento francescano di
Santa Maria delle Grazie, fuori città e di là dal fiume Mincio, che
formava un lago attorno al centro abitato. La mattina i confratelli si
alzarono di buon’ora per attraversare lo specchio d’acqua ed entrare a
Mantova, ma trovarono Bernardino ancora addormentato, stanco per le
tante fatiche. Sapendolo molto indebolito, decisero di non svegliarlo e
sfruttarono il passaggio di un barcaiolo per arrivare nel capoluogo.
Quando Bernardino si svegliò, avvedutosi della partenza dei confratelli,
vide che non c’erano barche che lo potessero trasportare dall’altra
parte del lago nel centro abitato, in tempo per la predica che vi doveva
tenere, ma non si perse d’animo. Dopo avere pregato, stese il suo
mantello sullo specchio d'acqua e lo usò come zattera, riuscendo
miracolosamente ad arrivare a Mantova in tempo per la predicazione.
Propagò con slancio la devozione al Santissimo Nome di Gesù e ne inculcò
la venerazione alle moltitudini. Per rendere più efficace la sua
parola, faceva scolpire, incidere o dipingere in colore dorato, su
tavolette e superfici dì vari materiali, il cosiddetto “trigramma” del
nome di Gesù, “YHS” o “JHS”, cioè “Jesus Hominum Salvator” (trascrizione
latina dell’abbreviazione del nome greco di Gesù, traslitterato nel
nostro alfabeto), circondato da raggi a guisa di sole, che è divenuto il
suo attributo iconografico principale. Sul pulpito, mentre predicava,
esponeva sempre una simile tavoletta o “formella”, com’era chiamata, con
il predetto simbolo disegnato o pitturato sopra, che dava da baciare al
pubblico al termine del discorso. Bernardino non mancò di attenzione
neanche agli aspetti pratici della vita lavorativa dei fedeli, con
un'analisi innovativa e decisamente moderna. Il suo pensiero è ricordato
nella storia del pensiero economico poiché fu uno dei primi teologi a
scrivere un'intera opera sull'economia, intitolata “Sui contratti e
l'usura”. Nel trattato, egli condanna aspramente l'usura e affronta i
temi della giustificazione della proprietà privata, dell'etica del
commercio e della determinazione del valore e del prezzo. Tanta attività
apostolica gli fece preferire sempre il chiostro all'Episcopio e,
durante la sua vita, per amore della semplicità, per ben tre volte
rifiutò la carica di vescovo, rispettivamente delle diocesi di Siena,
Ferrara e Urbino, per dedicarsi appieno alla sua vocazione di
missionario. Nel 1437 divenne vicario generale dei frati Minori
Osservanti e, nel 1438, fu nominato vicario generale di tutti i
francescani italiani. Tuttavia, nonostante questi incarichi gravosi e
delicati, non smise mai di dedicarsi all'evangelizzazione. Nel 1444, pur
essendo molto malato, su invito del vescovo dell’Aquila Amico Agnifili,
partì per la città abruzzese per tentare di riconciliare due fazioni
che si affrontavano apertamente con violenza. Tra il 12 e il 13 maggio
di quell’anno, attraversando l’Umbria per giungere in Abruzzo, giunse
nel piccolo paese di Montefranco (oggi in provincia di Terni, regione
Umbria) Qui, dopo aver ottenuto ospitalità nella casa di un'anziana
donna del posto, le chiese del pane e del vino per sé e per i suoi
frati. La donna però non poteva accontentarli perché era poverissima e
non aveva nulla da condividere. Bernardino, senza perdersi d’animo, le
suggerì allora di cercare con cura in cucina. La contadina lo assecondò e
vi trovò miracolosamente una botte colma di vino e una grande quantità
di pane ancora caldo sul tavolo. Con tanta gioia tornò dai religiosi,
che però si erano già allontanati. Bernardino giunse infine nel
capoluogo abruzzese il 20 maggio 1444, giusto in tempo per morirvi,
spossato dalle fatiche apostoliche e dalla febbre, senza riuscire a
tenervi il corso di prediche sulla riappacificazione cittadina che si
era prefisso. Ciò nonostante, anche dopo la morte Bernardino continuò la
sua opera di pacificazione. Infatti, persistendo le lotte tra le
opposte fazioni cittadine, il suo corpo dentro la bara cominciò a
versare sangue come una fontanella zampillante e il flusso si arrestò
soltanto quando i cittadini dell'Aquila si riappacificarono. Per
riconoscenza, gli fu dedicata in città una grande chiesa (oggi basilica
minore), eretta, con l'adiacente convento, fra il 1454 e il 1472. Le
spoglie del Santo sono custodite al suo interno in un apposito mausoleo.
Alcune sue reliquie sono anche presso la chiesa “della Compagnia” a
Seggiano sul monte Amiata. Di lui ci restano molte opere, tra cui i
“Sermones” in latino e le “Prediche” in volgare. Fu canonizzato da papa
Niccolò V (dal 1447 al 1455) appena sei anni più tardi, nel 1450. Per la
sua intensa e specifica opera predicatoria, San Bernardino è diventato
il patrono dei pubblicitari italiani.
Roberto Moggi
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