Oggi
- 12 maggio 2024 - VII domenica di Pasqua, la Chiesa celebra la
solennità dell’Ascensione del Signore. Col termine “Ascensione” (dal
latino “Ascensionis”, derivato dal verbo “Ascensio”, col significato di
“ascendère”, cioè “salire”), s’indica la “salita al Cielo” di Gesù,
quaranta giorni dopo essere risorto. La tradizione vuole che
l’Ascensione sia avvenuta sul Monte degli Ulivi
presso Gerusalemme, consacrandolo come “Monte dell'Ascensione”. Questo
episodio, ultimo della vita terrena di Cristo, è descritto nei Vangeli
secondo Marco (Mc 16, 19) e Luca (Lc 24, 50-53), oltre che negli Atti
degli Apostoli (At 1, 6-11 e 1, 9-12). In quest’ultimo testo ne troviamo
un’interessante descrizione: “… Detto questo, fu elevato in alto sotto i
loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi
stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in
bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea,
perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi
assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete
visto andare in cielo». Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte
detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso
in un sabato …” (At 1, 9-12). Dell’Ascensione, parla anche la preghiera
del Credo cosiddetto “degli Apostoli”, dove la salita al Cielo di
Cristo è ricordata con queste parole: “… salì al Cielo, siede alla
destra di Dio Padre Onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i
morti ...”. Con l’ascesa al Padre, è terminata sulla terra la permanenza
visibile di Gesù fra gli uomini. Egli tornerà alla “Parusìa” (dal
termine greco “parousía”, traslitterato nel nostro alfabeto, che
significa “presenza”), parola neotestamentaria che indica la seconda
venuta del Signore alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio e
per tenere il giudizio finale. Il termine si carica così di un
peculiare significato escatologico in relazione all’attesa messianica
del ritorno del Cristo. L’odierna festa ci ricorda che aneliamo tutti al
Cielo, perché veniamo da Dio che da sempre ci ha voluti nel suo amore
in comunione con Lui e, pertanto, c’è una forza che “ci attira verso
l’alto”. Il Cristo glorioso che ascende al Cielo riapre la comunicazione
tra l’umanità peccatrice e il Padre, dandole nuovo spessore e
profondità, segnando il tragitto della vocazione di ogni uomo. Come il
sommo sacerdote, nei tempi antichi, una volta asperso il Santuario con
il sangue dei sacrifici si presentava al popolo per comunicare la
benedizione e il perdono di Dio, così Cristo ricomparirà alla fine dei
tempi per introdurci nel possesso dei beni eterni che ha ottenuto per
noi. Ora viviamo nell’attesa che è piena della benedizione di Cristo
salito al cielo e che noi siamo chiamati a testimoniare ogni giorno con
la nostra vita. L’origine di questa celebrazione è molto antica ed è
attestata già dal IV secolo. Per la Chiesa cattolica, l’Ascensione si
colloca quaranta giorni dopo la Pasqua, cioè il giovedì della sesta
settimana del Tempo pasquale, oppure quello successivo alla VI domenica
di Pasqua. Qualche anno addietro, però, la Santa Sede consentì alle
conferenze episcopali nazionali di potere (non di dovere
obbligatoriamente) trasferire la celebrazione dal giovedì, suo giorno
naturale, alla domenica seguente, come ha fatto quella italiana,
affinché vi fosse maggiore partecipazione di fedeli alle celebrazioni.
IMMAGINE: <<“Ascensione di Gesù”, olio su tela dipinto nel
1505 circa dal pittore umbro Pietro Vannucci, detto Pietro Perugino
(1448-1523). L’opera si trova nella cattedrale di Sansepolcro
(Arezzo)>>
Roberto Moggi
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