Sant'Agnese di Montepulciano

Oggi - 20 aprile 2024 - sabato della III settimana di Pasqua, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, Sant'Agnese, nota con la specificazione “di Montepulciano”, vergine. Le notizie che la riguardano provengono principalmente dall’opera “Legenda Beate Agnetis de Monte Policiano” [Leggenda (vita) della Beata Agnese da Montepulciano], del suo biografo Beato Raimondo da Capua (1330-1399), religioso dell’Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani). Da essa sappiamo che Agnese venne al mondo il 28 gennaio 1268 (ma secondo altre fonti nel 1274) a Gracciano, frazione di Monte Policiano, libero comune della Toscana vicino al territorio della Repubblica di Siena (oggi Gracciano, frazione di Montepulciano, in provincia di Siena, regione Toscana), dalla famiglia Segni. Si tramanda che, alla nascita, misteriose luci ne illuminassero la culla, presagio della predilezione celeste che la accompagnò fin da piccola. Aveva circa nove anni quando, recandosi con la famiglia a Montepulciano, fu aggredita lungo la strada da uno stormo di corvi che le si gettarono addosso cercando di beccarla negli occhi, cercando di impedirle di proseguire fino al paese. Evidentemente - narrano le cronache - le forze del male non volevano ch'ella si stabilisse in quella cittadina. Fu in quella circostanza che, riuscita con difficoltà a entrare nel borgo, vide per la prima volta le umili suore che vi operavano, dette popolarmente “del sacco” per il rustico panno che vestivano come saio, rimanendone affascinata. Fu un incontro per lei molto importante, tanto che chiese e ottenne di essere ammessa nel loro convento, completandovi il periodo di noviziato, prima di essere trasferita. In quel periodo, infatti, alcuni incaricati del castello di Proceno, appartenente al feudo di Orvieto nel Lazio (oggi in provincia di Viterbo, regione Lazio), si recarono a Montepulciano per chiedere alla superiora di quel monastero, data la buona fama che tali religiose avevano acquistato, l'invio di alcune suore per aprire un monastero anche nel loro territorio. Agnese, che per la sua vita integerrima alla sequela del Vangelo dava già segni di santità, fu tra le prescelte e, benché molto giovane, ebbe anche la nomina a superiora della nuova comunità di Proceno. Anche nel borgo della Tuscia, si distinse presto per doti di umiltà, attaccamento alla preghiera, spirito di sacrificio e ardente amore verso l’Eucarestia. Agnese, che per ben quindici anni si nutrì e si sostenne solo con pane e acqua, ricevette dal Signore il dono dei miracoli. Gli indemoniati erano liberati solo al suo avvicinarsi, moltiplicava il pane destinato ai bisognosi e guariva completamente malati gravi anche moribondi. Tuttavia, nei ventidue anni che restò nel paese del Lazio, non mancarono tribolazioni e gravi sofferenze fisiche, che la tormentarono per lunghi periodi. Nella primavera del 1306, fu richiamata dalla superiora a Montepulciano, dove, con l’aiuto materiale ed economico di tutto il popolo, fece iniziare la costruzione di un nuovo convento con annessa chiesa, come chiestogli dalla Vergine Maria in una visione avuta alcuni anni prima, nella quale le aveva donato tre piccole pietre da utilizzare a questo scopo. Tali edifici, per suo volere, sorsero proprio nel luogo, appena fuori paese, dov’era stata assalita dai corvi durante il viaggio compiuto da bambina. Fu un'altra visione, questa volta di San Domenico di Guzmán (1170-1221), fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori (o Domenicani), che spinse Agnese a fare adottare a quelle che ormai erano “le sue suore” la Regola di Sant'Agostino, utilizzata anche dall'Ordine Domenicano e ad aggregarsi a esso per l'assistenza religiosa e la cura spirituale. Numerose furono le occasioni in cui Agnese intervenne in città come paciera e risolutrice delle controversie nelle lotte tra le famiglie locali. Nel 1316, essendo ammalata, su invito del medico e dietro le pressioni delle consorelle si recò nella vicina Chianciano (oggi Chianciano Terme in provincia di Siena, regione Toscana), per curarsi con le acque di quelle salutari terme. Qui fece scaturire una nuova fonte d'acqua salubre, che anche oggi si chiama di Sant’Agnese. La sua presenza fu d'aiuto ai numerosi malati presenti nella località, dove operò numerosi miracoli, senza che però le cure le portassero alcun giovamento e anzi peggiorò. Così Agnese fece ritorno a Montepulciano più malata di prima. Qui, entrata nel nuovo convento da lei voluto e nel frattempo completato, dedicato alla Madonna con il titolo di Santa Maria Novella, fu scelta come prima abbadessa. Tuttavia, fu subito costretta a letto e, ormai in punto di morte, rincuorava le consorelle invitandole a rallegrarsi perché per lei era giunto il momento dell'incontro con Dio. Morì infatti nella notte del 20 aprile 1317 e, nel preciso momento del trapasso, tutti i bambini di Montepulciano si svegliarono prodigiosamente, gridando all’unisono: “Suor Agnese è morta, suor Agnese è santa!”. La mattina dopo, tutta la città accorse nella chiesa del convento, trovandovi la salma di Agnese che spandeva un gradevole odore di violette. I frati e le suore dell’Ordine Domenicano volevano imbalsamarne il corpo e per questo motivo si decise di inviare dei legati a Genova per acquistare balsami appositi. Ciò non fu necessario, giacché dalle mani e dai piedi di Agnese stillarono un liquido piacevolmente odoroso che impregnò anche le sue vesti, utilizzato allo scopo e col quale furono riempite pure alcune ampolle. Il suo corpo, quindi, fu sepolto nella chiesa del convento anzidetto che - in seguito - in suo onore fu rinominata chiesa e santuario di Sant’Agnese, dove tuttora si trova, incorrotto, in un'urna collocata sopra l'altare maggiore. L'eco del miracolo richiamò numerosi ammalati, che desideravano essere unti dal fluido miracoloso. Come scrisse il suo biografo Beato Raimondo da Capua, a distanza di cinquant'anni dalla morte il corpo di Agnese era ancora intatto, come se fosse appena morta e molti erano i miracoli di guarigione che avvenivano nella chiesa, che ormai era conosciuta come “di Sant'Agnese”, ma si guariva anche solamente col voto di recarsi a visitare la stessa. Di questi miracoli (famoso quello della manna che ricoprì l’altare alla presenza del vescovo), si ha anche una pubblica registrazione fatta da notai già pochi mesi dopo la morte. La grande Santa Caterina da Siena (1347-1380) - che l’aveva in altissima considerazione - la chiama “Madre nostra, Agnese gloriosa” e ne tratteggia la figura affermando che “la carità continuamente ardeva nel cuor suo”, invitando a imitarne la vita perché sempre “dié dottrina ed esempio di vera umiltà”. 
Roberto Moggi
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