Oggi - 5 aprile 2024 - Venerdì fra l’Ottava di Pasqua, tempo omonimo, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Vincenzo Ferrer (o Ferreri), sacerdote. Vicente (Vincenzo), questo il suo nome in spagnolo, nacque il 23 gennaio 1350 a Valencia, sulla costa mediterranea meridionale del Regno d’Aragona, nella parte occidentale della Penisola Iberica (oggi capoluogo della Comunità Valenciana, Spagna). Dopo un’infanzia serena, ancora ragazzo, cominciò a pensare alla vita religiosa, attratto dal carisma dei Frati Predicatori (o Domenicani). Il 5 febbraio 1367, a diciassette anni, entrò nel predetto ordine, nel convento esistente nella sua città, emettendovi i voti l’anno dopo. In patria, studiò logica a Valencia e Barcellona, approfondendo la teologia biblica con particolare riferimento alla tradizione ebraica, poi filosofia a Lerida, dove assimilò le linee portanti della tradizione mistica domenicana. In quest’ultima città, divenne insegnante di logica nel 1371 e nel 1374 fu ordinato sacerdote. Nel 1376 si trasferì al di là dei Pirenei, nel Regno di Francia, prima a Tolosa e poi nella capitale Parigi, per completare e perfezionare gli studi. Intanto, di pari passo con la cultura e il sapere, cresceva a dismisura il suo stato di grazia e - come riporta la tradizione - ebbe il dono di compiere miracoli, tanto da essere considerato già in vita alla stregua di un santo dal popolo intero. A partire dagli ultimi mesi del 1378, infuriò nella Chiesa un terribile e disastroso “uragano spirituale” proveniente da Roma, la legittima sede del successore di Pietro dove il papa era tornato solo l’anno precedente dall’esilio di Avignone (Francia). Ciò fu scatenato dall’elezione, da parte dei cardinali francesi, di un cosiddetto “antipapa” (competitore del vero e legittimo pontefice, che ne usurpa titolo e autorità, facendo nascere nella Chiesa uno scisma), avvenuta il 20 settembre 1378 nella persona del sedicente Clemente VII (1342-1394), in contrapposizione del legittimo pontefice Urbano VI (dal 1378 al 1389). Nel 1379, tornato nella sua Valencia, Vincenzo fu eletto priore di quel convento domenicano, proprio durante questa “tempesta”. Egli, nella confusione di tale tormentato e triste momento, in piena buona fede e in spirito di obbedienza, si mantenne fedele alla linea del Maestro Generale dei Domenicani fra Elia Raimondo, che si era schierato proprio con l’antipapa. La sua scelta di campo fu dovuta anche ai resoconti del confratello fra Nicola Eymerich, inviato a Roma durante l’elezione di papa Urbano VI, che aveva riferito dell’atmosfera tesa e violenta in cui era avvenuta, concludendo per la sua nullità. Sempre in spirito d’obbedienza al proprio superiore, Vincenzo cercò di convincere i domenicani a schierarsi per Clemente VII, ma il tentativo fallì, poiché essi obbedirono al re di Spagna che aveva dato disposizioni di neutralità sulla vicenda. In seguito a ciò, Vincenzo, in spirito di umiltà si dimise da priore nel 1380, accettando l’incarico d’insegnante di teologia in cattedrale, tenuto tra il 1385 e il 1390. Il che non gli impedì di recarsi in missione in Portogallo, di esercitare il ministero di confessore a corte e soprattutto di dedicarsi alla predicazione quaresimale a Valencia e in catalogna. Dopo la morte dell’antipapa Clemente VII nel 1394, nel maggio 1395 si recò ad Avignone come cappellano domestico dell’antipapa Benedetto XIII, succeduto al primo (poi deposto dal Concilio di Costanza nel 1417, anche se non riconobbe mai l'autorità di quel concilio e continuò a essere antipapa fino alla sua morte). Pur se davvero convinto della legittimità di Benedetto XIII, Vincenzo compì diversi tentativi per farlo dimettere, difatti soffriva molto per la divisione della Chiesa e, per lui, veniva prima la sua unità che non la legittimità giuridica, e comunque prima di ogni cosa la predicazione della parola di Dio. Quando cominciò, infine, ad avvertire qualche perplessità sulla legittimità dell’antipapa, si ritirò dalla corte papale entrando nel convento domenicano di Avignone. Ancora più decisiva, per segnare una svolta nella sua vita, fu la visione che ebbe il 3 ottobre 1398, nella quale Cristo, tra San Domenico e San Francesco, gli assegnava la missione di evangelizzare il mondo. Il periodo che va tra il 1399 ed il 1412 è contrassegnato da intensa predicazione per tutta l’Europa occidentale. Predicò tra le valli alpine, la Savoia e il Piemonte, combattendo anche gli eretici locali, catari e valdesi. Dalla Svizzera rientrò in Francia, seguito da una marea di frati cosiddetti “disciplinanti” o “flagellanti”, il che già di per sé rende bene l’idea di come la sua predicazione fosse trascinante. Con eccezionale mobilità passava dalla Liguria alla Lombardia, dalla Francia al Belgio e nuovamente all’Andalusia in Spagna. In uno dei suoi passaggi da Valencia fu tra i fondatori dell’università della città, nonché di un collegio per orfanelli. Egli predicava che la fine del mondo era prossima e che l’anticristo stava per nascere se non era già nato. Da cui traeva ragione d’essere lo spettacolo dei “flagellanti” che creavano un’atmosfera carica in ogni città dove arrivava. Uno spettacolo ed una predicazione già criticati dagli avversari, che preoccupò anche il Papa Benedetto XIII, che gli chiese delle spiegazioni, senza però richiamarlo. In ogni caso al tema escatologico seguiva sempre una vita di penitenza e una riforma dei costumi. Ovviamente un tema così ricorrente non poteva non creare forti analogie fra una predica in una città e quella in un’altra. Vincenzo si limitava ad adattare alcuni temi di fondo alle situazioni locali, sia in rapporto al tempo che al luogo, oltre che al carattere delle persone. Un suo studioso ha supposto che portasse con sé un volumetto di appunti schematici. Tornò ancora a Bologna, dove già era stato in passato, predicando e compiendo segni straordinari, come il fermare una grande epidemia e impedire che i suoi ascoltatori di una predica all’aperto non si bagnassero durante una fortissima quanto improvvisa pioggia. S’intromise nelle questioni cittadine allo scopo di mettere pace tra le fazioni e sembra che le sue iniziative in tal senso fossero coronate da successo. L’eccezionale impegno profuso nella predicazione in mezza Europa non fece dimenticare a fra Vincenzo il drammatico periodo che la Chiesa stava attraversando per la lacerazione della sua unità. E benché fosse convinto di essere schierato dalla parte giusta, dentro di lui si faceva sempre più largo la convinzione che fosse da preferire comunque una ricomposizione dell’unità. Ecco perché, al concilio di Perpignano (oggi in Francia) del 1° novembre 1408, consigliò all’antipapa Benedetto XIII di rinunciare al suo pontificato affinché fosse facilitata la via per l’unità della Chiesa. Nel 1412 dovette tornare in Spagna ed intervenire nella questione della successione al re Martino. Egli fu tra i saggi più ascoltati al riguardo della scelta del candidato più idoneo. Appoggiando la salita al trono d’Aragona di Ferdinando, già erede al trono di Castiglia, egli aveva in mente l’unificazione della nazione spagnola. Nel 1413 era a predicare nelle Baleari, ma già l’anno dopo riprendeva il discorso della ricomposizione dell’unità della Chiesa. Sostenendo in questo la politica di re Ferdinando I, tentò nuovamente di convincere Benedetto XIII a dimettersi, ma anche questo tentativo ebbe esito negativo. Il 7 novembre 1415 faceva il suo appello addirittura da un pulpito, quello di Perpignano, nonostante che il medico gli avesse dato poche settimane di vita. L’insuccesso di questo ennesimo tentativo lo spinse ad un passo doloroso. Il 6 gennaio 1416 leggeva l’atto di sottrazione di obbedienza a Benedetto XIII, stilato da Ferdinando I, tornò a predicare in Catalogna ed in Francia. I Padri di Costanza ormai guardavano a lui come ad un profeta. E prima inviarono a lui dei messi a Digione per chiedergli un parere, poi un altro a Tours per comunicargli la ricomposizione dell’unità della Chiesa grazie all’elezione di Martino V (11 novembre 1417). Ma ormai Vincenzo si era totalmente immerso nella predicazione itinerante, dedicandosi alla riforma dei costumi, la lotta all’eresia e a missioni diplomatiche per ricomporre la pace fra nazioni in guerra. Continuò per tutto il 1417 a predicare in Francia, e l’anno seguente volle incontrare personalmente i protagonisti della Guerra dei Cent’anni, andando persino a Caen per parlare col re d’Inghilterra. Aveva cominciato nel 1419 a predicare la quaresima a Vannes, in Bretagna (Francia), quando la morte lo colse il 5 aprile 1417. Venne inumato nella locale cattedrale di San Pietro, dove i suoi resti riposano ancora. Grande fu la sua popolarità sin dalla sua sepoltura. Beatificato il 29 giugno 1455 da papa Callisto III, fu canonizzato dal pontefice Pio II il 1 ottobre 1458.
Roberto Moggi
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