San Stanislao di Cracovia

Oggi - 11 aprile 2024 - giovedì della II settimana di Pasqua, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria di San Stanislao, spesso conosciuto con la specificazione “di Cracovia”, vescovo e martire. Stanisław o Stanislaus (Stanislao) - questo il suo nome nella materna lingua polacca e in latino - nacque nel 1030 circa a Szczepanowice, non lontano da Cracovia, nel sud dell’allora Regno di Polonia (oggi nell’omonima repubblica), da una famiglia nobile, ricca e profondamente cattolica. Il buon esempio dei genitori esercitò su di lui una profonda impressione, tanto da portarlo presto a darsi alla preghiera, a evitare i frivoli divertimenti, a imporsi delle piccole privazioni e a soffrire volentieri le incomodità della vita. Infine, pervarso da una precoce vocazione religiosa, intraprese gli studi presso i monaci Benedettini di Cracovia, dove emersero le sue non comuni doti intellettive e spirituali. Per completare gli studi, fu quindi inviato prima a Gniezno, sede della celebre università della Polonia, poi a Parigi, capitale del Regno di Francia, dove per sette anni si applicò allo studio del diritto canonico e della teologia, formandosi culturalmente e spiritualmente. Qui, si fece talmente notare che ricevette la proposta di sedere su una delle più importanti cattedre, rifiutando per umiltà il grado accademico di dottore. In questo periodo, abbracciò con slancio le idee della cosiddetta “Riforma Gregoriana”, in realtà una serie di riforme che fra l'XI e il XIII secolo caratterizzarono l'operato dei pontefici romani - soprattutto quello di Gregorio VII, da cui il nome - e che erano tese al ristabilimento dell'integrità morale del clero, all'eliminazione d’ingerenze laiche e all'esaltazione della funzione papale intesa come guida unitaria e suprema della Chiesa. La riforma ebbe profonde conseguenze in campo religioso, giuridico e politico, ma anche musicale. Tornato in patria, alla morte dei genitori divenne possessore di una considerevole fortuna, che adoperò in favore dei poveri e per servire Dio con maggiore libertà. Il vescovo di Cracovia, Lamberto II Suła (dal 1061 al 1071), conoscendo la sua grandezza, lo ordinò sacerdote e lo fece canonico della locale cattedrale dei Santi Stanislao e Venceslao. Da quel momento, fu il modello del capitolo per le penitenze con cui affliggeva il proprio corpo, la lettura e la meditazione continua della Sacra Scrittura, le veglie e l'assiduità ai divini uffici. Incaricato della predicazione, si acquistò in breve una così grande reputazione che parecchi ecclesiastici e laici di alto lignaggio ed elevata cultura accorrevano da tutte le parti della Polonia per consultarlo. Poi, nel 1072, alla morte del presule, fu da tutti chiamato a succedergli, a una sola voce. Egli, che per umiltà si riteneva indegno e incapace di tanto ufficio, rifiutò energicamente, ma dovette tuttavia piegarsi all'ordine formale di papa Alessandro II (dal 1061 al 1073) e lasciarsi consacrare vescovo di Cracovia nello stesso anno. Costretto a compiere le funzioni degli apostoli, egli cercò di praticarne le virtù. Per tenere sottomessa la carne portò il cilicio fino alla morte e per distaccarsi sempre di più dai beni della terra soccorse i bisognosi con generosità. Per non dimenticare nessuno ne fece compilare un elenco completo. La sua casa era sempre aperta a quanti ricorrevano a lui per consiglio e aiuto. Ogni anno visitava la diocesi per togliere gli abusi ed esigere dal clero una vita che fosse di edificazione per i fedeli. Dimentico delle ingiurie, trattava tutti con la dolcezza e la bontà di un padre, e prediligeva i deboli e gli oppressi, che difendeva sempre e ovunque con invincibile fermezza. La Polonia era in quel tempo governata da re Boleslao II detto “l'Ardito” (dal 1058 al 1081). Costui, temuto per le sue angherie e la sua crudeltà, nella vita privata non rifuggiva dalle orge, e in quella pubblica dalla tirannia. I rapimenti e le violenze erano i crimini che quotidianamente consumava con grande scandalo dei sudditi. Nessuno, per paura, osava fargliene la minima rimostranza, tranne Stanislao, che cercava di convertirlo e indurlo a riflettere sull’enormità dei propri crimini e le funeste conseguenze degli scandali che dava. Boleslao II in principio cercò di scusarsene, poi parve dare segni di pentimento e promise di emendarsi. Tuttavia, quelle che sembravano le buone risoluzioni del re non durarono a lungo. Un giorno, nella provincia di Siradia, Boleslao fece rapire a viva forza la nobildonna Cristina, legittima moglie del suo vassallo Miecislao, famosa per la sua bellezza. L'atto tirannico e immorale provocò l'indignazione di tutta la nobiltà polacca. L'arcivescovo di Gniezno, all’epoca primate del regno, e i vescovi della corte furono pregati d'intervenire, ma essi, timorosi di dispiacere al sovrano e consci di rischiare la vita, rimasero dei cani muti. Solo Stanislao, dopo avere a lungo pregato, ancora una volta osò affrontare il re, minacciandogli le censure ecclesiastiche se non avesse immediatamente liberato la povera donna e posto fine alla sua vita disordinata e prepotente. Alla minaccia di scomunica, però, il sovrano uscì dai gangheri, ingiuriò grossolanamente il coraggioso prelato e da quel momento lo prese in odio e decise di vendicarsi. Così il re ordì una cospirazione contro il vescovo, accusandolo falsamente - dopo aver minacciato di morte e zittito qualsiasi utile testimone della verità diametralmente opposta - di aver acquistato da un privato del terreno per costruire una chiesa, senza pagarlo. Il venditore era morto da qualche giorno e non avrebbe potuto smentire la falsa accusa. In questo modo, Boleslao contava di fare condannare a morte il vescovo Stanislao, attraverso un tribunale compiacente che lui stesso avrebbe presieduto. Narra la tradizione che in questo frangente Stanislao si sia reso protagonista di un prodigioso miracolo, risuscitando l’uomo dal quale aveva regolarmente comprato il terreno, il quale testimoniò sulla correttezza della compravendita e sull’assoluta onestà del vescovo, facendolo necessariamente assolvere. Ovviamente questa sconfitta non piacque al re che decise di farlo assassinare. Da parte sua, Stanislao chiese al Signore con preghiere e penitenze la conversione del re, lo visitò parecchie volte per fargli aprire gli occhi e sollevarlo dall'abisso in cui era precipitato. La sua fatica fu inutile: il sovrano lo caricò d'ingiurie e lo minacciò di morte se continuava a censurare la sua condotta. Questa volta Stanislao, mortificato per l'offesa che il re faceva a Dio, dopo avere chiesto il parere di altri vescovi, scomunicò pubblicamente Boleslao II e gli interdisse l'ingresso in chiesa. Siccome il re continuava, nonostante le pene canoniche in cui era incorso, a prendere parte con i fedeli ai riti liturgici, il vescovo ordinò ai sacerdoti di sospendere i divini uffici ogni volta che lo scomunicato ardiva varcare la soglia delle loro chiese. Da parte sua, allo scopo di non essere turbato dalla sua presenza nella celebrazione della Santa Messa, andava a officiare nella chiesa di San Michele, fuori Cracovia. Pieno di furore, Boleslao II si recò colà e ordinò ad alcune guardie di entrare in chiesa e di massacrarvi seduta stante Stanislao. Esse ubbidirono, ma mentre stavano per mettere le mani addosso al vescovo, intento a celebrare la Messa, furono fatti stramazzare a terra da una forza misteriosa. Allora il re, ormai fuori di senno per la rabbia, si avvicinò di persona a Stanislao con in mano la spada sguainata, e gli assestò un fendente sulla testa con tale violenza da farne schizzare le cervella contro la parete. Era l'11 aprile del 1079. Per assaporare di più la sua atroce sete di vendetta tagliò il naso e le labbra al martire, e quindi ordinò che il cadavere fosse trascinato fuori della chiesa, fatto a pezzi e disperso per i campi affinché servisse da cibo alle bestie selvatiche. Tuttavia Iddio fece sì che quattro aquile difendessero per due giorni le reliquie del vescovo, rilucendo durante la notte di un prodigioso splendore. Alcuni sacerdoti e pii fedeli, fatti audaci da questi prodigi, osarono, nonostante la proibizione del re, raccogliere quelle membra sparse, emananti un soave profumo, e seppellirle alla porta della chiesa di San Michele dove era stato assassinato. Il popolo reagì di fronte a quest’orrenda esecuzione e il re dovette fuggire in esilio. Dopo alcuni anni Boleslao chiese perdono del suo peccato e si ritirò in penitenza nel monastero di Osjak (Polonia). Nel 1081 il corpo di Stanislao fu trasportato a Cracovia e seppellito in mezzo alla chiesa della fortezza, poi, nel 1088, nella cattedrale, dove tuttora i suoi resti riposano. Fu canonizzato nel 1253 da papa Innocenzo IV. 
Roberto Moggi
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