Oggi
- 6 aprile 2024 - Sabato fra l’Ottava di Pasqua, tempo omonimo, la
Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Pietro “da Verona”, noto
anche con l’ulteriore specificazione di “martire”, sacerdote e martire.
Pietro - questo il suo nome di battesimo - nacque verso il 1205 a
Verona, nel nord-est della Penisola Italiana (oggi capoluogo
dell’omonima provincia della regione Veneto), uno dei cosiddetti "Liberi
Comuni" che si andavano costituendo
in quel tempo nel Nord e Centro Italia, in contrapposizione all’Impero.
La sua nobile e potente famiglia d’origine, quella dei Rosini, pur
cattolica, era stata sedotta e contaminata dall’eresia Manicheista
(fondata in Persia dal filosofo Mani nel III secolo, che concepiva tutto
ciò che esiste come espressione della lotta perenne tra il bene e il
male), alla quale Pietro, che studiò comunque nelle scuole cattoliche,
presto cominciò a opporsi apertamente. Più tardi si trasferì a Bologna,
altro Libero Comune della Romagna (oggi capoluogo della regione
Emilia-Romagna), dove completò gli studi di diritto presso la
prestigiosa università locale. In questa città, ebbe modo di assistere
alle pubbliche prediche tenute nelle piazze dal frate e presbitero
spagnolo Domenico di Guzmán (1170-1221), futuro santo, fondatore
dell’Ordine dei Frati Predicatori, detti comuemente "Domenicani" in suo
onore. Rimase letteralmente affascinato dal carisma di Guzmán e, anche
grazie ai suoi toccanti sermoni, sviluppò una salda vocazione religiosa
che lo spinse, nel 1221, ad entrare proprio nell’ordine religioso da
quest’ultimo fondato, preparandosi per diventare sacerdote. Una volta
ordinato presbitero, narrano le fonti, mantenne sempre una condotta
esemplare alla sequela di Cristo, anelando costantemente alla lotta per
la fede, tanto che, celebrando la Santa Messa, all’elevazione del calice
chiedeva sempre al Signore la grazia di farlo morire martire. Nel 1232,
venne nominato Inquisitore per l'Italia settentrionale da papa Gregorio
IX (dal 1227 al 1241), dal quale fu inviato a combattere le eresie che
si erano largamente diffuse in Lombardia. Nel 1234, destinato a Firenze
per lo stesso motivo, affrontò senza posa gli eretici soprattutto con la
parola, creandosi parecchi nemici. Fra il 1232 e il 1234, inoltre, è
citato da fonti storiche come promotore o attivo partecipante nella
fondazione di varie "Società della Fede" e "Confraternite Mariane" a
Milano, Firenze e Perugia. Queste ultime erano fondamentalmente
istituzioni poste a difesa della dottrina cristiana, che sorsero poi
anche presso molti conventi Domenicani. A partire dal 1236, visitò tutte
le principali città del centro e del settentrione d’Italia, col titolo
di "Grande Predicatore" contro l’eresia dualistica dei Manichei, la
stessa che aveva osteggiato, già da fanciullo, nella sua stessa famiglia
d’origine. Ma fu Milano il campo principale del suo apostolato, dove le
sue prediche e le sue pubbliche dispute con gli eretici erano
accompagnate sovente da miracoli e profezie, tanto che molti apostati
ritornavano alla vera fede del Vangelo. Nel 1251, papa Innocenzo IV (dal
1242 al 1254) gli diede l’incarico specifico di Inquisitore per le
città di Milano e Como. Pietro intraprese subito la sua opera in questi
centri con grande energia, ma la lotta fu dura perché l’eresia era molto
radicata in quelle zone. Il 24 marzo 1252, Domenica delle Palme,
durante una predica, egli predisse pubblicamente e con estrema chiarezza
la propria morte violenta per mano degli eretici che già da tempo
tramavano contro di lui, rassicurando gli attoniti fedeli che avrebbe
combattuto più da morto che da vivo. La previsione si avverò
puntualmente. I capi delle sette eretiche delle città di Milano,
Bergamo, Lodi e Pavia, tutte in Lombardia, coalizzati tra loro,
assunsero dei sicari per assassinarlo, tali Pietro detto Carino,
originario di Balsamo (oggi Cinisello Balsamo in provincia di Milano,
Lombardia) e Albertino Porro di Lentate (oggi Lentate sul Seveso in
provincia di Monza e Brianza, Lombardia). Il 6 aprile 1252 essi
prepararono un agguato in un bosco vicino a Meda, non lontano da Milano
(oggi in provincia di Monza e Brianza, Lombardia), dove Pietro,
unitamente al confratello Domenico che lo accompagnava nel tragitto da
Como a Milano, si era fermato per riposardi prima di proseguire la
strada. Il sicario Albertino, pentito, all’ultimo momento abbandonò il
criminoso intento e, pertanto, fu il solo Carino che, con un particolare
tipo di falce detta "falcastro", colpì la testa di Pietro,
conficcandogli anche un lungo coltello nel petto prima di darsi alla
fuga. Le agiografie riportano che Pietro, prima di spirare, intinse un
dito nel proprio sangue e con esso scrisse per terra la parola "Credo".
Anche il suo confratello Domenico ricevette parecchie ferite gravi che
lo portarono alla morte sei giorni dopo, nel convento delle Benedettine
di Meda dove venne ricoverato. Il corpo di Pietro, pietosamente
raccolto, fu subito trasportato a Milano, dove ebbe esequie trionfali e
fu sepolto nel cimitero dei martiri, annesso alla Basilica di
Sant’Eustorgio, dove si conservano ancora la roncola e il pugnale
dell’assassino. In seguito i suoi resti furono inumati all’interno di un
sontuoso sepolcro, denominato Arca di San Pietro Martire, conservata
nella Cappella Portinari all'interno della medesima basilica. Già quello
stesso giorno, si diffusero notizie di miracoli dovuti alla sua
intercessione. Tra queste grazie, bisogna annoverare la conversione del
vescovo eretico Daniele da Giussano, uno dei mandanti dell’efferato
delitto e dello stesso esecutore Carino, che entrarono anch’essi, poi,
in un convento dell’Ordine Domenicano. Il grande clamore suscitato dal
vile omicidio ed i tanti prodigi che avvennero, a lui collegati, fecero
sì che da tutte le parti si chiedesse l’innalzamento alla gloria degli
altari di Pietro. Ciò avvenne ed il suo culto ebbe grande espansione. La
sua data di culto è il 6 aprile, mentre l'Ordine Domenicano lo ricorda
il 4 giugno.
Roberto Moggi
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