San Leonida di Alessandria

Oggi - 22 aprile 2024 - lunedì della IV settimana di Pasqua, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Leonida, indicato normalmente con la specificazione “di Alessandria”, martire. Di Leonídas (Leonida) - questo il suo nome sia in greco (traslitterato nel nostro alfabeto) che in latino - non si conosce quasi nulla ad eccezione del martirio. E’ noto come “Padre di Origene”, poiché genitore di tale famoso presbitero, filosofo e teologo di cultura ellenistica (185-254), considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani dell'epoca patristica, oltre che uno dei Padri della Chiesa, anch’egli venerato come santo. Leonida nacque ad Alessandria d’Egitto, metropoli multietnica e multiculturale, grande porto sul mar mediterraneo dell’allora Provincia Imperiale Romana dell’Egitto (oggi nell’omonima repubblica dell’Africa settentrionale), verosimilmente negli ultimi decenni del I secolo, da una famiglia cristiana di lingua e cultura greca. Uomo di grande sapere, era maestro di retorica nella sua città, dove viveva con la moglie e i sette figli. Il maggiore di questi, il precitato Origene, completò studi di alto livello in campo filosofico, letterario e religioso, imparando addirittura a memoria la Sacra Scrittura. A questo proposito, il vescovo e scrittore di cultura ellenistica Eusebio da Cesarea di Palestina (circa 265-340), nella sua “Storia Ecclesiastica”, riferisce che Leonida, vedendo che il figlio Origene mostrava grande interesse per la Sacra Scrittura, lo avviò allo studio della stessa prima ancora che a quello delle discipline greche. Aggiunge, nell’opera, che Leonida si rallegrava della facilità di apprendimento del figlio, ringraziava Dio di questo dono e, quando il ragazzo dormiva, gli baciava con amore il petto, considerandolo il Tempio dello Spirito Santo. Intanto, sotto il regno dell’imperatore romano Settimio Severo (dal 193 al 211), ripresero le feroci persecuzioni contro i cristiani. Anche in Egitto, il locale governatore Leto, oltre ad accanirsi sulle comunità cittadine dei seguaci di Gesù, fece rastrellare dall’esercito tutto il deserto della Tebaide, al centro circa della provincia, dove vivevano e pregavano pacificamente i buoni anacoreti, rinsecchiti dal digiuno e riarsi dal sole, completamente isolati dal mondo, senza dare il benché minimo fastidio alle Autorità, facendone strage. Le persecuzioni si rivelarono particolarmente feroci proprio nella città di Alessandria d’Egitto, dove anche Leonida, che non aveva voluto nascondersi e aveva continuato apertamente a testimoniare il Vangelo, fu arrestato. In considerazione del grande credito che godeva tra il popolo, fu condotto in catene direttamente davanti al governatore e, come di consuetudine, alternativamente minacciato di atroci castighi e sedotto in mille modi affinché abiurasse la fede in Cristo e sacrificasse agli dei. In quel doloroso e terribile frangente, suo figlio Origene, ancora bambino, gli scrisse una lettera accorata e ricca di fede e amore, per esortarlo a perseverare nell’amicizia con Gesù senza curarsi dei legami terreni, oltre che a guardarsi dal cambiare idea per desiderio di soccorrere la sua famiglia. Così, Leonida non solo restò saldo più che mai nel proprio credo, rifiutando di salvarsi la vita tradendo il Signore, ma il pensiero dei familiari che sarebbero rimasti soli non turbò i suoi ultimi giorni di vita terrena. Infatti, dopo essere stato condannato a morte, quando giunse il momento dell’esecuzione, nella sua Alessandria, porse sorridendo il petto alla spada che lo trafisse. Subì il martirio nella sua città intorno al 202, ma secondo altre fonti nel 204. I suoi beni furono sequestrati dalle autorità imperiali e la vedova e i sette figli orfani furono letteralmente “buttati in mezzo alla strada”, privi di qualsiasi ricovero e mezzo di sostentamento, venendo, però, provvidenzialmente accolti e mantenuti da una pia donna benestante della locale comunità cristiana.
Roberto Moggi
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