Oggi
- 24 aprile 2024 - mercoledì della IV settimana di Pasqua, la Chiesa
celebra la memoria facoltativa di San Fedele, noto con la specificazione
“da Sigmaringen”, martire. Mark o Markus (Marco) - questo il suo nome
di battesimo rispettivamente in olandese e in tedesco - nacque il 1°
ottobre 1577 (ma secondo altre fonti lo stesso giorno del 1578) a
Sigmaringen, cittadina sulle rive del fiume Danubio a sud di Stoccarda,
nella regione della Svevia posta nella
parte meridionale dei territori germanofoni del Sacro Romano Impero
(oggi nello stato federato Baden-Württemberg, nel sud della Germania).
La sua era una benestante famiglia cattolica fiamminga, originaria della
regione olandese delle Fiandre (attualmente nel Belgio settentrionale),
il cui cognome è stato tramandato come Reyd, oppure Roy o Rey. Dopo la
prima istruzione culturale e religiosa ricevuta a casa, proseguì gli
studi presso il collegio dei Padri Gesuiti di Friburgo (oggi nella
Svizzera tedesca) e, in seguito, presso l'università della stessa città,
dove conseguì brillantemente il dottorato in filosofia e diritto il 7
maggio 1611. Intraprese poi la professione di avvocato a Kolmer, nella
regione germanica dell’Alsazia (ora nella Francia del nord-est),
rimanendone però presto deluso, dato che era più portato per gli studi
filosofici che per le arringhe in tribunale, mentre era, al tempo
stesso, molto attratto dalla vita religiosa. Fu così che accettò con
entusiasmo la proposta del conte svevo Von Stotzingen, che gli propose
di fare da istitutore ai propri figli e a quelli di un gruppo di nobili
suoi amici, tutti residenti nella vicina Svevia. Così, chiuso lo studio
legale di Kolmer, tornò nella sua terra e assunse l’incarico
d’insegnante. In questo periodo visitò con gli studenti, a scopo
culturale, diverse città d'Italia, Spagna e Francia, impartendo agli
aristocratici discepoli utilissimi ammaestramenti mai disgiunti dalla
morale cattolica, tanto da farlo conoscere come il "Filosofo cristiano".
In ogni caso, non erano gli onori né tantomeno la ricchezza che egli
cercava, bensì il Signore. La sua ricerca di Dio maturò a tal punto che
il 4 ottobre 1612, all'età di circa trentacinque anni, abbandonò ogni
cosa e tornò a Friburgo, dove, nel locale convento dell’Ordine dei Frati
Minori Cappuccini, indossò l'umile saio di San Francesco e assunse il
nome religioso di “Fra Fedele”. Fu poi ordinato sacerdote e,
approfonditi gli studi teologici a Costanza, nel sud della Germania,
divenne quindi padre guardiano dei conventi tra loro non lontani di
Rheinfelden, Friburgo, Weltkirchen e infine Feldkirch. Mentre si trovava
in queste comunità religiose, fu definito dal popolo come "Avvocato dei
poveri", perché, forte della sua precedente esperienza legale,
difendeva gratuitamente nei giudizi chi non aveva denaro a sufficienza
per pagarsi un avvocato. Quando coprì l'ufficio di padre guardiano nel
convento di Weltkirchen, inoltre, durante una terribile epidemia di
peste, si prodigò con straordinaria carità ed eroico coraggio
nell'assistenza ai colpiti dal morbo. Tuttavia, non tralasciava affatto
l’attività di letterato, divenendo presto celebre in virtù di alcuni
suoi scritti contro il protestantesimo, tanto che il vescovo della
località alpina di Coira (oggi nel Cantone dei Grigioni, Svizzera), nel
1614 gli chiese di istruire un gruppo di frati missionari, che avrebbero
dovuto contenere il dilagare delle idee protestanti nella sua diocesi,
provenienti dai limitrofi territori germanofoni. Fedele accolse la
richiesta nel 1621 e, l'anno seguente, affinché potesse svolgerla
autorevolmente, la neo istituita Sacra Congregazione “de Propaganda
Fide” (“della Propaganda della Fede”), dicastero pontificio che si
occupava dell'attività missionaria cattolica nel mondo, istituita a Roma
dal Papa Gregorio XV il 22 giugno 1622, lo nominò Responsabile delle
missioni nel territorio svizzero delle Tre Leghe (oggi Cantone dei
Grigioni). Da quel momento, percorse tutta la regione predicando
instancabilmente e suscitando molte conversioni. Dalla Congregazione
ebbe anche l'incarico di recarsi nella Rezia, com’era chiamata la
restante regione dell’arco alpino, che pure era in piena crisi di
penetrazione protestante. In seguito al comportamento suo e dei suoi
collaboratori, i “ritorni” e le conversioni al cattolicesimo furono
numerosissimi, ma l'intolleranza di molti finì per creargli attorno una
forte ostilità, soprattutto da parte dei contadini calvinisti svizzeri,
in quel periodo scesi in guerra contro l’Imperatore d'Austria,
cattolico. Più che scontata, quindi, l'accusa mossa a Fra Fedele
d'essere al servizio dell'Imperatore cattolico. Ciò nonostante, per
nulla intimorito dalle minacce, dalle ingiurie e dalle false accuse,
egli continuava impavido la sua missione, recandosi di città in città e
di villaggio in villaggio a tenere predicazioni, sostenendo sempre che
avrebbe ritenuto una grazia il suo eventuale martirio. Era poco meno di
una profezia. Infatti, il 24 aprile 1622, a Seewis im Prättigau nella
Rezia (adesso nel Cantone Grigioni, Svizzera), durante una sua accorata
predica sulla pubblica piazza, si udirono improvvisamente alcuni spari,
forse finalizzati a spaventare lui e il popolo che ascoltava numeroso,
creando scompiglio. Fra Fedele, però, non tentennò un solo istante e
portò a termine il sermone senza scomporsi minimamente, facendo sì che
anche la gente restasse sul posto. Al termine dell’orazione, mentre
lasciava la piazza e si avviava verso il suo alloggio, all'improvviso fu
circondato da una ventina di soldati armati di tutto punto, capeggiati
da un ministro della confessione calvinista (che in seguito si sarebbe
convertito). Quest’ultimo, forte della soldataglia al suo seguito, gli
intimò di rinnegare quanto aveva predicato poco prima, pena la morte.
Fedele oppose un immediato e netto rifiuto, aggiungendo che avrebbe dato
volentieri la propria vita per riportare il ministro e i suoi sgherri
alla vera fede. A queste parole, immediatamente, senza alcun preavviso
né motivazione, fu colpito pesantemente al capo con un’arma e stramazzò a
terra, avendo appena il tempo di pronunciare parole di perdono per i
suoi assassini, prima d’essere finito a colpi di spada, con una furia
tale che la testa gli fu tagliata. Così rese la sua anima a Dio nella
gloria del martirio. Il corpo fu inumato nella cripta della cattedrale
cattolica Santa Maria Assunta di Coira e il capo in una cappella
costruita in suo onore nella chiesa dei Cappuccini della non lontana
Feldkirk, dove ancora oggi riposano. Fu beatificato il 24 marzo 1729 dal
papa Benedetto XIII e canonizzato il 29 luglio 1746 dal pontefice
Benedetto XIV.
Roberto Moggi
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