Il papero che divenne un caso umano.

Per certi ricordi che ci tornano in mente, su fatti accaduti molti anni fa, ci chiediamo qual era la sensibilità che avevamo rispetto a quella che abbiamo adesso, anche nell'affrontare i fatti più banali.
Fatti, ad esempio, in cui tra i protagonisti ci fossero degli animali e come può essere cambiata la considerazione che ne avevamo, rispetto a come li vediamo adesso.
Un fatto che quando successe apparve del tutto banalissimo, per quanto posso ricordare.
Ci ritrovammo in casa un paperino grosso poco più di un pulcino e la giustificazione di tale presenza fu di una semplicità estrema:
"Una volta che sarà cresciuto, lo cucineremo"
Ho già accennato come, nelle case popolari, fosse abbastanza usuale vedere su qualche terrazzino uno o più polli portati da qualcuno di famiglia dal paese, che attendevano di partecipare come succulenti protagonisti a un pranzo domenicale o alla celebrazione di qualche festività.
Il fatto che fossero portati vivi e così mantenuti, era l'unico modo per mantenerli freschi, per l'assenza di frigoriferi o delle ghiacciaie che esistevano a quei tempi.
Da bambino ho assistito all'esecuzione di polli e conigli. Ai primi si torceva il collo o si lasciavano dissanguare appesi all'ingiù. Ai secondi, presi per le zampe posteriori, si dava un violento colpo, col taglio della mano, sulla nuca. Subito appresso, seguiva lo spennamento o lo scuoiamento.
Mi fu risparmiato l'assistere all'esecuzione di un agnello che avevo ordinato a un pastore del vicinato. Quando arrivai, la bestiola era già stata sgozzata e scuoiata e vederla non mi fece un bell'effetto. Se poi l'avessi vista viva, temo che l'impressione sarebbe stata peggiore.
A proposito di come può cambiare la sensibilità, non so quanto mi piacerebbe assistere a tali spettacoli, anche se poi, acquistando dei polli o altri animali da cucinare, potrei considerarmi come un complice delle loro uccisioni.
Adesso faccio attenzione anche a non far del male a un ragno che trovo per casa, cercando di riuscire a portarlo fuori incolume.
Continuo quindi a chiedermi come reagii alla presenza del paperino, quasi una cinquantina di anni fa, se succedesse adesso, non ci sarebbero problemi, anche grazie al giardino, diventerebbe un ospite a vita natural durante.
Ritengo possibile l'essere stato influenzato dalle letture di tesi provenienti dall'oriente sul rispetto che si dovrebbe avere verso qualsiasi essere vivente.
Ma torniamo al protagonista del racconto.
Il paperino fu alloggiato in cucina, pur disponendo di un terrazzo piuttosto capiente, forse perché era ancora inverno.
Fu assicurato ad una gamba del tavolino con una cordicella lunga abbastanza per concedergli un certo raggio d'azione.
E cominciarono i problemi.
Per il primo che entrava in cucina, tutto bene, il paperino gli faceva letteralmente le feste, iniziando a pigolare tutto giulivo e continuando per un pezzo, come se parlasse del più e del meno sui fatti fin lì accaduti.
Il problema che sorse, forse solo per me, era che uscire dalla cucina faceva sorgere una tragedia. Se in cucina c'era una sola persona, il paperino vedendola allontanarsi e non potendo seguirla, cominciava ad emettere pigolii disperati.
Quindi, almeno per quando avevo il tempo di poterlo fare, aspettavo pazientemente che il paperino si voltasse per uscire velocemente dal locale.
Avevo realizzato che la bestiola, se non vedeva la persona allontanarsi, restava calma e tranquilla.
Non avevo ancora letto i libri di Konrad Lorenz, sull'istinto delle oche ed animali simili e sull'imprinting a cui sono soggetti.
Lorenz osservando la schiusa delle uova delle papere si accorse che nei primissimi momenti di vita, le papere si “attaccavano” alla madre, cioè al primo essere vivente che vedevano accanto a loro e poi lo seguivano per imparare ad essere “vere papere”.
Ma se il paperino appena nato (magari in un'incubatrice) vede per primo un essere umano, lo identifica come la madre e l'istinto lo induce a seguirlo e se non gli è possibile soffre l'allontanamento.
Poi si presentò un problema del tutto irrisolvibile.
Passò il tempo e il paperino divenne sempre più un bel papero, fino a che lo si poté considerare maturo per essere commestibile e il problema fu che nessuno se la sentiva di sopprimerlo.
Come fai ad ammazzare un essere vivente che ti fa le feste quando ti vede e si mette a piangere se si accorge che lo lasci solo?
Ho accennato che se oggi mi capitasse un qualsiasi animale che sia una gallina, un'oca o una papera, diventerebbe ospite stabile in giardino e purtroppo non mi ricordo come reagii al nuovo bisogno che era sorto, quello di disfarsene.
Conoscevamo delle persone che commerciavano in frutta e verdura e vivevano in campagna fuori città, conducendo una vita abbastanza agreste, tra la coltivazione degli ortaggi e l'allevamento dei cosiddetti animali da cortile, da cui traevano parte del loro sostentamento alimentare, in carne e uova.
Risolvemmo il problema del papero regalandolo a loro.
Col senno di poi, non sentendoci in grado di sopprimere l'animale, l'affidammo a quelli che sarebbero stati i suoi futuri carnefici.
Una considerazione che mi viene in mente adesso e che temo non abbia nemmeno fatto capolino a quel tempo, per quanto mi sforzi inutilmente di ricordare.
Risolto che fu il problema, non immaginavamo che la cosa non sarebbe finita lì.
Dopo qualche tempo, tornammo a trovare questa famiglia e, mentre si parlava del più e del meno in casa, successe qualcosa che non ci risultava rientrare nelle loro abitudini.
A un cero punto, entrò una grossa papera e, senza essere cacciata fuori, come sarebbe successo con gli altri animali, fu lasciata libera di girovagare a suo piacere per le stanze fino a quando non uscì di casa per conto suo.
La nostra meraviglia fu notata dagli astanti che ci chiesero: "Non lo riconoscete?" Era il papero che gli avevamo regalato.
Qui subentra il fatto saliente di questa storiella, delle persone abbastanza rustiche, nelle loro abitudini, e più che abituate ad allevare animali e a servirsene per le loro necessità, erano rimaste spiazzate dal comportamento del papero che a loro apparve del tutto inusuale.
Un animale che, invece di comportarsi come ci si aspettava da un qualsiasi animale, interagiva con gli esseri umani come se fosse uno di loro, assumendo un comportamento che sarebbe stato considerato più normale, forse. se fosse stato un cane.
A differenza di come trattavano gli altri animali, lasciarono che il papero vivesse come più gli piaceva, libero di girare in casa e fuori.
Sono abbastanza certo che quel papero morì di vecchiaia.
Non è che la storia di un fatterello avvenuto tanto tempo fa, ma che mi fa sorgere molte considerazioni che a quel tempo non so quanto mi ponessi rispetto a varie tematiche, vedi quella sui rapporti con gli animali e la distinzione che ne facciamo tra quelli che consideriamo da compagnia a quelli che vediamo sotto il profilo di utilità o quella sulla contrapposizione del vegetarianismo all'alimentazione carnea.
Tematiche che stanno assumendo sempre più importanza, rispetto a una cinquantina di anni fa, che meritano qualche riga di approfondimento.
rm
Trent’anni fa, il 27 febbraio 1989, morì #Konrad_Lorenz, lo zoologo austriaco considerato uno dei fondatori dell’etologia, cioè la scienza del comportamento degli animali. Tra le altre cose, Lorenz studiò a lungo e fece entrare nell’immaginario collettivo il fenomeno dell’imprinting filiale: quello per cui molti animali, in particolare gli uccelli che lasciano il nido poco dopo la nascita, imparano a riconoscere un oggetto o un altro animale – idealmente la madre – nel primo periodo di vita, e quindi possono essere indotti a seguire ovunque un essere umano se nascono in un’incubatrice.
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