Oggi
- 21 marzo 2024 - giovedì della V settimana del tempo di Quaresima, la
Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Nicola (o Nicolao) di
Flüe, padre di famiglia ed eremita. Niklaus (Nicola), questo il suo nome
nella natia lingua tedesca, nacque nel 1417 a Flüeli, frazione di
Sachseln, presso Luzern (Lucerna), nella parte centrale germanofona di
quella che era una federazione di territori, la prima “bozza” della
Confederazione Elvetica, di fatto
sottoposta ancora al Sacro Romano Impero (oggi Flüeli-Ranft, nel cantone
Obwalden, al centro della Svizzera tedesca). La sua famiglia d’origine,
quella dei Von Flüe, era di probabile origine nobiliare, agiata e
profondamente cattolica, mentre il padre, Heinrich, era membro del
governo di quel circondario. Il piccolo Nicola respirò nell’ambiente
domestico, fin dalla più tenera età, un’aria profondamente spirituale,
imparando ad amare il Signore sopra ogni cosa e sentendosi precocemente
chiamato alla vita religiosa. Tuttavia, suo malgrado, non poté
soddisfare il proprio desiderio per circa ventisette anni. Infatti, tra
il 1433 e il 1460 - periodo contrassegnato da continue guerre nella sua
area geografica - prese parte, con ruoli di comando anche elevati, a
diverse campagne militari con le truppe della predetta confederazione di
regioni locali, dette cantoni, che ambivano all’indipendenza
dall’Impero, distogliendolo dai suoi antichi propositi spirituali. Per
di più, dopo la campagna bellica compresa tra il 1440 e il 1444 circa,
per obbedienza ai genitori, dovette piegarsi a sposare la piissima
nobildonna cattolica Dorotea Wyss Von Schwendi, anch’essa probabilmente
di rango nobiliare, da cui ebbe dieci figli. In questo lungo periodo di
contese militari, comunque, pur non mancando mai di fare il suo dovere
di ufficiale, si distinse sempre per il suo spirito cristiano e
umanitario, manifestato - ad esempio - dalla protezione e dalla clemenza
che manifestava verso i vinti, i prigionieri, le donne, i vecchi e i
bambini, oltre che dal divieto di saccheggio di chiese, conventi e case,
imposto alle sue truppe. Rientrato in Patria, grazie alla sua fulgida
intelligenza, ricoprì anche le cariche civili di podestà della sua
città, consigliere, giudice cantonale e deputato del suo cantone a
quella che era chiamata la “Dieta federale”, una sorta di parlamento
della nascente Confederazione. Tuttavia, nonostante gli eventi della
vita lo avessero fino a quel momento soggiogato, il suo animo
travagliato era sempre rimasto alla costante ricerca di Dio. Trovò pace
solo quando prese a frequentare assiduamente, in solitudine e preghiera,
l’aspra e impervia zona montuosa del Ranft, attorno a un burrone
solitario (oggi nel cantone Obwalden, nel centro-nord della Svizzera).
Fu qui che i contadini e i pastori locali, nel 1468, affascinati dalla
sua grazia e dal suo misticismo, gli costruirono un piccolo rifugio con
attigua cappella. Da quel momento si recò sempre più spesso sul posto e
prese a essere affettuosamente chiamato da tutti “Bruder Klaus”
(“Fratello Nicola”), dove Klaus è un affettuoso diminutivo del suo nome.
Incontrato finalmente quel Signore che da sempre aveva bramato, la
chiamata a una radicale vita spirituale si fece inarrestabile, tanto che
nel 1474, all’età di cinquantasette anni, ottenuto il consenso dalla
altrettanto religiosa e pia moglie, si ritirò definitivamente a vita
eremitica in quella zona isolata. Le pendici del monte dove si trovava
il suo minuscolo eremo personale, erano sempre gremite di gente che
accorreva da lui anche da lontano, per chiedere consigli e preghiere, ma
anche guarigioni e miracoli. Fra i tanti pellegrini, accorrevano a lui
anche personalità eminenti della Chiesa, dell’aristocrazia e delle
amministrazioni civili. Assolutamente prodigioso, come doviziosamente
narra la tradizione, è che, per i diciannove anni e mezzo passati
nell’isolamento dell’eremo del Ranft, Nicola visse nutrendosi della sola
particola della Santa Comunione, come esaminato e riconosciuto dalla
Chiesa e dalle autorità civili. Dal Ranft Nicola non uscì mai, tranne
che per recarsi in chiesa nel piccolo villaggio di Sachseln e, per tre
volte, allo scopo di salvare la confederazione Svizzera. Invero, in un
periodo di turbolenze e dispute fra cantoni, le autorità cosiddette
“federali” ricorsero a lui per ottenere la pace per la sua terra e
furono da lui orientate alla riconciliazione, tanto che, nel “Patto di
Stans” del 1482, fu costituita, con otto cantoni, la prima
Confederazione Elvetica, in altre parole la Svizzera. I suoi interventi
per conservare la pace ebbero un successo assoluto, che perdurò per i
secoli a seguire fino ai nostri giorni e gli valsero il titolo, in
Svizzera, di “Padre della Patria”. Morì nel suo eremo il 21 marzo 1487 e
il suo corpo fu inumato in una cappella sepolcrale presso il vecchio
campanile della chiesa parrocchiale di Sachseln (cantone Obwalden,
Svizzera), dove ancora si trova. Il processo canonico, apertosi nel
1587, si finì solo il 15 maggio 1947, quando il papa Servo di Dio Pio
XII lo canonizzò, dichiarandolo patrono principale della Svizzera e
della Guardia Svizzera Pontificia.
Roberto Moggi
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