Oggi
- 23 febbraio 2024 - venerdì della I settimana del tempo di Quaresima,
la Chiesa consente la commemorazione di San Policarpo, vescovo e
martire. Di Polykarpos o Polycarpus (Policarpo), questo il suo nome
rispettivamente nella natia lingua greca (traslitterata nel nostro
alfabeto) e in latino, si hanno poche notizie. Policarpo, noto anche con
la specificazione “di Smirne”), nacque nel 69 circa, probabilmente in
una famiglia cristiana, a Smyrne o
Smyrna (Smirne), città greca nella provincia romana d’Asia, sulla costa
egea dell’Anatolia centro-occidentale (oggi Izmir, nella predetta
collocazione geografica della Turchia asiatica). In quel periodo, era in
atto in Palestina una guerra tra l’Impero Romano e gli ebrei, poi
sconfitti nel 70 con la presa della loro capitale Gerusalemme, nel corso
della quale fu distrutta la città e il suo famoso tempio, come aveva
predetto Gesù (Cf. Lc 19, 41-44). La sanguinosa lotta armata causò una
“Diaspora” (termine di origine greca significante letteralmente
“esilio”, “dispersione”), in altre parole la fuga da Gerusalemme e dalla
Palestina di un gran numero di giudei, sia di antica osservanza sia
convertiti al cristianesimo, i quali si rifugiarono prima nei territori
vicini e poi più lontani, giungendo anche a Smirne. Ciò rese possibile -
come spiegherà in seguito il vescovo Sant’Ireneo (130 circa - 202
circa), che fu allievo di Policarpo - l’incontro di quest’ultimo, ancora
giovinetto, con alcuni anziani profughi ebrei di religione cristiana,
che avevano conosciuto o visto Gesù. Egli rimase talmente affascinato
dai loro racconti riguardanti il Signore, che, in seguito, con alcuni di
essi avrebbe deciso di raggiungere la vicina città di Efeso, per
conoscere il discepolo prediletto di Cristo, l’apostolo San Giovanni
evangelista (10 circa - tra 98 e 104 circa), che all’epoca vi viveva.
Sant’Ireneo e altri antichi scrittori ecclesiastici, infatti, sono
concordi nel ritenere che Policarpo sia stato personalmente istruito
proprio da San Giovanni. Ireneo, in particolare, ha lasciato scritto che
Policarpo fu discepolo “degli apostoli” e familiare con molti che
avevano visto il Signore, oltre che, dagli stessi “apostoli”, nominato
vescovo per l’Asia nella Chiesa di Smirne. Anche se nei suoi scritti non
ha nominato esplicitamente San Giovanni evangelista (facendolo comunque
in seguito), è da rilevare che, la nomina a vescovo di Policarpo,
descritta genericamente come fatta “dagli apostoli”, poté avvenire solo
per opera dello stesso Giovanni, essendo egli l’unico apostolo vivente
alla fine del I secolo. Le stesse affermazioni di Sant’Ireneo, inoltre,
sono ripetute dallo scrittore Tertulliano (160-220) e dal monaco e
teologo San Girolamo (347-420). La nomina episcopale di Policarpo,
dovette avvenire quando egli aveva circa trent’anni, verso il 99. Alla
veneranda età di ottantaquattro o ottantacinque anni, Policarpo si fece
coraggiosamente carico di un lungo e faticoso viaggio a Roma, dove
desiderava pubblicamente riconoscere e rendere omaggio al prestigio,
all’autorità e al ruolo guida di quella Chiesa, consacrata dal martirio
dei Santi apostoli Pietro e Paolo, come centro dell’unità della Chiesa
universale e riferimento per la genuina dottrina della fede. Quando
arrivò nell’Urbe, da poco era stato eletto papa Sant’Aniceto (155-166),
nato nella città siriana di Emesa, dal quale fu accolto a braccia
aperte, poiché anziano discepolo dell’apostolo San Giovanni. Durante la
sua permanenza nell’Urbe, si dedicò anche a risolvere la questione della
data in cui celebrare la Santa Pasqua. I cristiani dei primi secoli,
infatti, ritenevano essenziale la sua determinazione precisa, sia per
l’uniformità in tutta la Chiesa, sia per la fedeltà alla celebrazione
fatta da Cristo. In occidente si era raggiunta la quasi totale
uniformità accettando l’uso romano secondo il quale la Pasqua cadeva la
domenica seguente al plenilunio primaverile, mentre in oriente le usanze
erano diverse e legate a calcoli astronomici quasi precisi. A Roma,
Policarpo ebbe pure modo di incontrarsi con alcuni eretici, che venivano
dal pontefice con la speranza di veder approvate le loro dottrine e
ricevere così un crisma d’autorità. Testimonianze storiche riportano che
riuscì a illuminare parecchi di questi e a ricondurli all’unità della
vera fede, forte della sua santità di vita e del legame avuto con
l’apostolo Giovanni, che gli conferivano un ascendente e una benefica
influenza su tutti. La dolce pacatezza dei suoi modi e delle sue parole
cessava, però, di fronte alla consapevole ostinazione nell’errore da
parte di qualcuno. Ad esempio, incontrando l’impenitente eretico
Marcione (85-160), non esitò a dirgli che lo considerava primogenito di
Satana. Policarpo morì martire nella sua diocesi di Smirne, forse
condannato al rogo e bruciato vivo, durante le persecuzioni avvenute
sotto il regno dell’imperatore Antonino Pio (138-61). Del suo martirio
abbiamo un dettagliato resoconto, redatto dai cristiani di Smirne per i
fratelli della città di Filomelio, sede episcopale della Frigia (regione
storica dell'Anatolia centrale, oggi nel centro della Turchia
asiatica), sulla strada per Efeso sulle coste del mare Egeo, che ne
avevano fatta richiesta. In un passo è citata la data della morte, che
corrisponde al 23 febbraio 155, anche se alcuni autori hanno posticipato
il martirio al 167. Non sappiamo, precisamente, dove i fedeli di Smirne
collocarono le ossa risparmiate dal fuoco e raccolte con venerazione.
Questo perché era consigliabile, all’epoca, non indicare per scritto
l’ubicazione di un sepolcro cristiano, per evitare profanazioni da parte
dei pagani. Oggi si ritiene che tale luogo fosse sul Monte Pagos,
nell’immediato entroterra di Smirne, dove ora sorge un convento dei
Frati Cappuccini. A Roma sono conservati frammenti delle sue ossa nella
Chiesa di Santa Maria della Concezione in Campo Marzio, nell’omonimo
rione del centro storico, sede della Rettoria di rito siro-antiocheno
del Patriarcato di Antiochia di Siria. A Smirne gli è dedicata una
parrocchia, sul cui altare maggiore si trova una statua con i segni
della dignità vescovile secondo l’uso latino. Ogni anno la sua festa vi
richiama i cristiani, anche da lontano, per stringersi attorno al Santo
patrono e implorare saldezza nella fede e il ritorno dei fratelli
all’unità della Chiesa.
Roberto Moggi
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