Oggi
- 25 febbraio 2024 - II domenica del tempo di Quaresima, Pasqua
settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa
ricorda, tra i vari santi e beati, San Nestore, conosciuto anche con la
specificazione “di Magydos”, vescovo e martire. Le notizie che lo
riguardano sono alquanto incerte e provengono, per lo più, da un passio
greco di poco successivo alla sua morte. Di origine non sicura, nacque orientativamente
sul finire del II secolo, probabilmente nella città portuale
ellenistica di Magydos o Magydus, nella provincia romana della Panfilia,
regione della Penisola Anatolica bagnata dal Mediterraneo orientale, le
cui coste sono prospicienti all'isola di Cipro (oggi nella Turchia
asiatica). Cristiano e probabilmente incardinato nel clero locale, fu
consacrato vescovo della sua città in data imprecisata. Durante la
persecuzione contro i seguaci di Gesù indetta dall’imperatore Decio
(regnante dal 249 al 251), Poplio o Polio, il magistrato romano della
Panfilia, ricevette l'editto imperiale che obbligava tutti i cristiani
ad abiurare la loro fede e a sacrificare agli dèi pagani, inviando i
legionari in tutta la provincia, con l'incarico di scovare i Cristiani e
costringerli a sacrificare agli idoli. Nestore, avvertito del loro
arrivo, si preoccupò di far mettere in salvo tutti i membri della
comunità cristiana della sua città, facendoli nascondere fuori Magydos.
Poi, raccoltosi in preghiera nella sua casa, attese tranquillo l'arrivo
dei soldati. Una volta giunti i militari, egli si consegnò loro
volontariamente e li seguì con sottomissione, senza aver timore della
sua sorte. Venne inizialmente condotto davanti al senato e al giudice
del tribunale locale; dopo un interrogatorio, incurante delle minacce,
il futuro santo rifiutò di obbedire all'editto imperiale e di
sacrificare incenso agli dèi. Narrano le cronache che, mentre veniva
trasferito nella vicina città di Perge, in cui risiedeva il preside
della provincia (autorità imperiale superiore), la terra fu scossa da un
terremoto. In quest’ultima città, Nestore fu sottoposto al giudizio
dell'adiutore Urbano e nuovamente invitato ad abiurare. Al suo nuovo
rifiuto, fu sottoposto a lunghe torture e infine condannato alla
crocifissione, perché, come afferma il Martirologio Romano, “lui che
aveva confessato il Crocefisso subisse il medesimo supplizio”. Fu
pertanto crocefisso nell'ultimo anno della persecuzione di Decio, nel
250, o, come sostengono altre fonti, nel 251, e sotto il suo patibolo si
radunò subito una grande folla di fedeli.
Roberto Moggi
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