Oggi
- 2 gennaio 2024 - martedì del tempo di Natale, la Chiesa celebra la
memoria obbligatoria dei Santi Basilio “Magno” e Gregorio “Nazianzeno”,
vescovi e dottori della Chiesa. Basíleios o Basilius (Basilio) e
Gregórios o Gregorius (Gregorio), questi i loro nomi rispettivamente in
greco (nella traslitterazione nel nostro alfabeto) e latino, sono
commemorati congiuntamente per via dell’intima amicizia che li legò,
in fraterna comunione di vita alla sequela Cristo. Parteciparono,
infatti, alla medesima ansia di santità, ebbero un'analoga formazione
culturale e nutrirono entrambi l'aspirazione alla vita monastica.
Unitamente a un piccolissimo gruppo nel quale è compreso anche San
Gregorio “di Nissa” (335-394), fratello carnale di Basilio, vengono
definiti dagli agiografi “Padri Cappadoci”, poiché provenienti
dall’allora Provincia romana della Cappadocia, in Anatolia (oggi Kaysery
nella parte centrale della Turchia asiatica). Basilio e Gregorio
nacquero e vissero nella predetta regione, all'interno di famiglie
cristiane di alta estrazione sociale e raffinata cultura ellenistica.
Furono legati tra loro da rapporti di stretta amicizia e collaborazione
spirituale, che li spinse ad abbracciare insieme la vita monastica
cenobitica (forma comunitaria di monachesimo, sotto la guida di
un'autorità spirituale e di una regola). Si distinsero per la capacità
di parlare della loro fede agli intellettuali pagani di lingua greca, ai
quali dimostrarono la perfetta conciliabilità tra il cristianesimo e
una retta filosofia. Cercarono di realizzare l'ideale di un
cristianesimo colto, adatto pertanto e soprattutto alla popolazione
dalla raffinata cultura greca (diffusa in tutto il bacino del
Mediterraneo), accompagnata a coniugare quanto c'era di valido nella
tradizione filosofica greco-romana, con gli elementi fondamentali del
messaggio cristiano. Basilio nacque a Cesarea di Cappadocia nel 329, in
una famiglia cristiana ricca e notabile, figlio di un valente retore e
avvocato. Dotato di viva intelligenza, capacità organizzativa e
realizzativa, energia, moderazione ed equilibrio, fu per questo definito
“Magno” (Grande). Egli fu positivamente formato dai vari esempi di
santità che contraddistinsero la propria famiglia d’origine. Un suo
nonno, in effetti, morì martire durante le persecuzioni scatenate
dall’imperatore Diocleziano (regnante dal 284 al 305), esempio seguito
dai suoi genitori, dalla nonna e dalla sorella carnale, che si
chiamavano entrambe Macrina (rispettivamente detta “l’Anziana” e “la
Giovane” per distinguerle). Proprio la sua amatissima nonna Macrina si
rivelò fondamentale per la sua educazione alle virtù cristiane, ed egli
non ne dimenticò mai gli insegnamenti. Dopo gli studi nella natìa città,
completò la propria formazione a Costantinopoli e Atene, quest’ultima
capitale morale e culturale del mondo ellenistico. Proprio qui conobbe
Gregorio “Nazianzeno”, stringendo con lui una forte amicizia e col quale
fu allievo del famoso retore e filosofo pagano Imerio (315-386). Nel
356, al ritorno in patria, dopo un breve periodo trascorso come
insegnante di retorica, fu battezzato e si ritirò a vita ascetica
itinerante nel Medio Oriente e zone limitrofe, facendo conoscenza con
diversi anacoreti dell’Egitto, della Palestina, della Siria e della
Mesopotamia, dai quali mutuò il modo di vivere. Ritornato nella terra
d'origine, si ritirò vicino ad Annosi nel Ponto, nella zona
nord-orientale della Penisola Anatolica, sulle sponde del mar Nero
(attualmente nella Turchia asiatica), dove redasse le norme che
diventeranno note come “Grande regola” e “Piccola regola”, importanti
fonti di orientamento per la vita dei monaci che - attratti dal suo
carisma - si radunavano spontaneamente attorno alla sua persona e che da
lui presero il nome di “Basiliani”. Per i suoi regolamenti, che
contribuirono a disciplinare sapientemente i cicli di preghiera e lavoro
delle comunità monastiche, Basilio fu definito il “Legislatore del
monachesimo orientale” e influì anche su quello occidentale. In Oriente
fu notevole pure il suo contributo alla liturgia, che aiutò a comporre e
si conserva ancora oggi nel corpus noto come “Divina Liturgia di
Basilio Magno”. Intorno al 360 fu ordinato sacerdote e nel 370 venne
eletto nuovo vescovo della sua città natale di Cesarea di Cappadocia,
nonché metropolita ed “esarca” (titolo onorifico della Chiesa orientale)
per la regione del Ponto. Da vescovo, organizzò la Chiesa in autonomia
dal potere civile e la difese contro le invadenze imperiali. Vigoroso
predicatore sferzò l’avidità dei ricchi e le manchevolezze dei cristiani
dimentichi dei loro doveri. Riformò il culto liturgico e consigliò la
comunione quotidiana. Nella sua diocesi fondò una vera e propria
“cittadella della carità”, in suo onore chiamata dal popolo “Basiliade”,
un’opera davvero grande e importante, con locande, ospizi, scuole,
opifici, un lebbrosario e un ospedale. Fondò inoltre, in tutte le
parrocchie dipendenti da lui, degli ospizi per ogni necessità. Si trovò a
combattere gli eretici Ariani, che negavano la divinità di Cristo e
avevano il sostegno dell’imperatore Valente (dal 364 al 378), nonché
quelli Macedoniani, che negavano la divinità dello Spirito Santo.
Riguardo a quest’ultima eresia, Basilio scrisse un pregevole trattato
teologico sullo Spirito Santo di cui argomentò la consustanzialità con
il Figlio e il Padre, che a due anni dalla sua morte sarà definita
solennemente dal primo Concilio di Costantinopoli (tenutosi in quella
città tra il maggio e il luglio del 381) con l’integrazione del Simbolo
Niceno, il nostro Credo, vero argine contro gli eretici che negavano Dio
“Uno e Trino”. Provato dalle austerità, dalle malattie e sfinito dalle
tante preoccupazioni legate al suo ruolo, morì il 1º gennaio 379 nella
sua Cesarea, dove fu sepolto. Gregorio “Nazianzeno” nacque nel 330 ad
Arianzo presso Nazianzo in Cappadocia, figlio di Gregorio, ebreo
convertito dalla moglie al cristianesimo. L’appellativo “Nazianzeno” che
lo contraddistingue, deriva proprio dalla città di Nazianzo, della
quale fu vescovo nella fase finale della vita (oggi Nemisi, nella parte
centrale della Turchia asiatica). Come l’amico Basilio, anche Gregorio
crebbe in una famiglia ricca di santità. Sono venerati, infatti, i suoi
genitori, la nonna paterna, il fratello Cesario e la sorella Gorgonia.
D’intelligenza acuta e fervida immaginazione, aveva un’irresistibile
tendenza alla solitudine e alla contemplazione. Di animo impressionabile
e delicato, di fronte alle forti opposizioni, condotte anche in modo
alquanto rude, voleva ritrarsi in solitudine, ma la bontà, lo zelo e
l’eloquenza prodigiosa lo portarono alla predicazione tra gli uomini.
Come Basilio s’impegnò nella lotta alle diverse eresie che attaccavano
la Divina Trinità. Forte di una preparazione teologica e filosofica
solidissima, acquisita nei suoi studi prima a Cesarea in Cappadocia, poi
a Cesarea Marittima in Palestina, Alessandria d’Egitto e Atene in
Grecia, nutrita dalla costante preghiera e dall’ascolto di Dio, che lo
faceva brillare nella predicazione e negli scritti. Attirato anch’esso
dalla vita monastica, visse per qualche tempo nell’eremo fondato dal
fraterno amico Basilio nel Ponto. Diresse le comunità cristiane rimaste
fedeli al Simbolo di Nicea a Sasima, sempre in Cappadocia e infine a
Costantinopoli, dove pronunciò i celebri “Discorsi Teologici sulla
Trinità”. In questa fase della vita, ebbe come discepolo San Girolamo
(347-420), che aiutò a perfezionare il greco. Per le vette raggiunte dai
suoi discorsi teologici, meritò l’appellativo di “Teologo”, in
precedenza attribuito al solo San Giovanni Evangelista. Assieme a San
Gregorio di Nissa, fratello di Basilio Magno, fu tra i principali
partecipanti al Concilio di Costantinopoli del maggio-luglio 381, che a
un certo punto presiedette, salvo dimettersi circa un mese più tardi per
le difficoltà di mediazione tra gli eretici Macedoniani e i vescovi
fedeli come lui al Simbolo Niceno, i quali a differenza dei primi
proclamavano la consustanzialità dello Spirito Santo con il Padre e il
Figlio. Con Basilio fu il grande difensore della fede apostolica,
specialmente della divinità di Cristo e dello Spirito Santo. Umanista,
oratore, poeta, è soprattutto il teologo che ha lasciato opere tra le
più profonde della Chiesa orientale, di cui è uno dei quattro maggiori
dottori. Di Gregorio Nazianzeno ci sono pervenuti anche numerosi sermoni
liturgici, un epistolario e vari elogi funebri, tra cui quello che
pronunciò alla morte del suo carissimo amico Basilio. Nell'autunno del
382 divenne vescovo di Nazianzo per poi, dopo un anno, ritirarsi in
solitudine ad Arianzo, dove morì nel 389 o 390 e fu sepolto. Dopo varie
vicissitudini, le sue reliquie riposano oggi a Roma, nella basilica di
San Pietro in Vaticano. Nel 1568, papa San Pio V li ha entrambi
proclamati Dottori della Chiesa.
Roberto Moggi
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