Il 27 gennaio, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di Santa Angela
Merici, vergine. Angela nacque attorno al 1474 a Desenzano, sul lago di
Garda, in territorio della repubblica di Venezia (oggi Desenzano del
Garda in provincia di Brescia, regione Lombardia), da un’agiata famiglia
della piccola nobiltà rurale, molto attiva nel commercio. La sua
infanzia fu segnata dalla prematura morte della sorella cui
era legatissima e poi dei genitori, ma fu proprio la perdita della
germana a incidere particolarmente sul suo animo sensibile, sommando al
dolore della scomparsa la trepidazione per la destinazione della sua
anima. Finita in uno stato di grave prostrazione, ebbe la grazia di
essere consolata dal cielo, attraverso una rasserenante visione, che
Angela ebbe a definire “della scala verso il cielo”, nella quale si
apriva la volta celeste e, appunto attraverso una scala, ne scendeva una
processione meravigliosa di angeli e vergini, che insieme suonavano e
cantavano con gioia al Signore. Visione nella quale si può agevolmente
cogliere il riferimento alla simile “scala” avuta in visione dal
patriarca Giacobbe, così come descritta nel Libro della Genesi (Gen 28,
10-22). Angela era ancora adolescente quando fu accolta da un facoltoso
zio materno a Salò, sulla riva dello stesso lago, rimanendovi diversi
anni, durante i quali entrò, a coronamento di una precoce vocazione, nel
Terzo ordine (oggi Ordine secolare) francescano, nel locale convento
dei Frati minori osservanti di San Bernardino. Del periodo che va dalla
sua adolescenza alla maturità, sappiamo ben poco, ma le scarne notizie
tramandateci concordano nel rilevare la sua inclinazione alla frequenza
dei sacramenti, alla preghiera, ai digiuni e alla contemplazione. Nel
1516, a circa quarant’anni d’età, si trasferì a Brescia in casa della
sua conoscente Caterina Patengola, per confortarla in occasione della
recente morte dei figli. Qui cominciò la sua missione di solidarietà e
consiglio che, a poco a poco, si allargò ai tanti che sempre più
facevano ricorso a lei, alle sue preghiere, alla sua mediazione e alla
sua azione pacificatrice. Iniziò per lei un periodo di proficuo
misticismo, di preghiera e di carità. La sua fama di santità intanto
cresceva a dismisura, tanto che si legarono spiritualmente a lei, in un
primo cenacolo, alcuni cittadini bresciani: Girolamo Patengola, il
mercante Antonio Romano, l’agronomo Agostino Gallo e Giacomo Chizzola,
uno dei più brillanti esponenti del patriziato locale, ambasciatore
della “Serenissima” repubblica di Venezia e fondatore dell’Accademia di
Rezzato nella stessa Brescia. In seguito cominciò a compiere i primi
pellegrinaggi in luoghi santi della cristianità e, nel 1522, si recò
presso il duomo di Mantova (Lombardia), al sepolcro della Beata Osanna
Andreasi, morta stigmatizzata nel 1505 in quella città, ma fu il viaggio
in Terra Santa, intrapreso nel 1524, ad assumere un particolare
significato nel suo percorso spirituale. Quando la nave dei pellegrini
giunse nel possedimento veneziano dell’isola allora detta Candia (oggi
Creta, Grecia), fu improvvisamente colpita da un “evento” che si rivelò
poi come straordinario, la quasi completa perdita della vista, che, una
volta giunta in Terra Santa, le impedì di vedere i luoghi sacri. Gli
agiografi interpretano questo episodio in chiave soprannaturale, in
altre parole come una cecità transitoria procuratale dal Signore per
costringerla a “guardare” con gli occhi dello spirito, onde affinarla
nella comprensione del Suo disegno divino. Secondo alcuni testimoni del
tempo, infatti, sarebbe stata la stessa Angela a confidare loro di aver
visto i luoghi santi con gli occhi interiori come se gli avesse veduti
con quelli esteriori. Dopo un tragitto travagliato e un rientro
“fortunoso”, tanto che i compagni di viaggio attribuirono alle sue
preghiere la loro salvezza, Angela arrivò a Venezia alla fine del 1524.
Tornò carica di carisma, la santità della sua vita era ormai conosciuta
ovunque, dai Luoghi Santi di Gerusalemme a Venezia, centro dei traffici
mercantili, a Roma, capitale della cristianità, e a Milano. Il viaggio
l’aveva profondamente mutata e la trasformazione doveva essere molto
evidente. Tornata a Brescia, cominciò per lei, che aveva ormai assunto
le connotazioni di una “santa viva”, una nuova dimensione di apostolato
pubblico, tanto è vero che moltissime erano le persone d’ogni livello
sociale, tra cui religiosi e nobili, che si recavano a incontrarla per
chiederle consiglio. Nel 1525, dopo pochi mesi, andò in pellegrinaggio a
Roma per l’anno giubilare, venendo ricevuta dal papa Clemente VII, che
le propose di restare al suo servizio, invito che però lei declinò.
Quando Angela tornò a Brescia, nello stesso anno, non era più la stessa
“pia donna” partita per il suo primo pellegrinaggio. La sua integerrima
vita spirituale l’aveva plasmata, resa più profonda, sapiente e capace
di cogliere l’essenza delle cose. Così, il 25 novembre 1535, Angela rese
concreta una sua grande intuizione e, presso la chiesa di Santa Afra a
Brescia, assieme ad altre ventotto compagne, si impegnò a dedicare il
resto della sua vita al servizio di Dio, specialmente mediante
l'istruzione e l'educazione delle fanciulle, dando così inizio alla
“Compagnia delle dimesse di sant'Orsola”, in onore di Sant’Orsola,
nobile martire bretone del III-IV secolo circa, alla quale era molto
devota (oggi Istituto delle Suore Orsoline). Le prime orsoline vivevano
"da vergini nel mondo", ovvero non praticavano vita comune, non avevano
abito religioso e non emettevano voti. Le dimesse della Compagnia
rimanevano nello stato laicale, conducevano una vita ritirata, si
riunivano periodicamente per la comunione generale, seguivano la regola
preparata dalla fondatrice ed erano soggette all'autorità dei vescovi
locali, che riconoscevano come unici superiori, venendo inizialmente
approvate dal vescovo di Brescia nel 1536. Con la nuova condizione di
vita consacrata nata dalla sua intuizione, ogni donna poteva santificare
la propria esistenza non rinchiusa fra le mura di un convento, ma
vivendo e operando nel mondo sul modello della Chiesa primitiva. Ciò
portava implicitamente all’attribuzione di dignità a ogni “stato” o
“condizione” femminile, in un mondo che invece vedeva con sospetto la
nubile, fuori dai due soli stati socialmente riconosciuti del matrimonio
o della vita religiosa. Per le orsoline, assunse una particolare
valenza simbolica il cosiddetto “Matrimonio mistico” di Santa Caterina
d’Alessandria, vergine e martire (287-305), la cui memoria liturgica si
celebrava il giorno della fondazione della “Compagnia”, che è narrato in
un testo medievale che descrive la conversione al cristianesimo di
Caterina. Il testo racconta come, dopo esser stata battezzata, la
giovane abbia avuto una visione: nel cielo, tra angeli e santi, le
apparvero la Madonna con in grembo il Bambino Gesù, il quale infilò al
dito di Caterina un anello, facendola sua sposa. Per questo
l’istituzione prese a definirsi come la “Compagnia delle spose di Gesù”,
instaurando anche il rituale della “incoronazione” delle nuove
Orsoline, di grande importanza simbolica, mediante la quale ognuna di
esse diviene “Sponsa Christi”. Angela spirò a Brescia il 27 gennaio 1540
e, quando in città se ne sparse la voce, una gran folla si riversò
nella chiesa di Sant’Afra (oggi santuario a lei dedicato) ove fu
composto il corpo in una bara aperta. Per trenta giorni restò esposto
all’incessante pellegrinaggio di fedeli senza che mostrasse segni di
decomposizione. Raccontano le cronache che dopo la sua morte accaddero
eventi straordinari e che nelle prime sere sopra la chiesa di Sant’Afra
apparve un grandissimo splendore o per altri una lucidissima stella,
entrambi corrispondenti perpendicolarmente al punto dove giaceva il suo
corpo. Venerata per oltre due secoli come santa, ne fu aperto il
processo di canonizzazione nel 1757 su richiesta delle Orsoline di Roma.
Un decennio dopo, nel 1768, fu proclamata beata da papa Clemente XIII e
infine canonizzata dal Pio VII nel 1807. Il pontefice Pio IX, nel 1861,
ne estese il culto alla Chiesa universale.
Roberto Moggi
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