La solitudine dell'amministratore.

Solitudine che mi è venuta in mente ripensando al romanzo di Manuel Vazquez Montalban, autore che piaceva molto a Camilleri, se non ricordo male, anche se nel libro si parla di un manager e non di un amministratore di un gruppo su Facebook.
Intanto la banalità del bisogno che sorge di avere meno amici possibile, nel gruppo, per poter individuare i post non visibili, che a me non risulterebbero tali se pubblicati appunto da amici.
Ma c'è un'altra cosa che ho imparato, a guardarmi dall'invitare nel gruppo conoscenti e persone con le quali ho una certa confidenza.
Sono quelli che, se vengono ripresi per una qualsiasi contravvenzione alle regole del gruppo, si offendono di più. Come a dire "Che diamine, siamo fra noi, e tu mi tratti come se fossi uno qualsiasi?"
Vagli a spiegare che nel gruppo nessuno vale più di qualcun altro e che una relazione nella vita reale non ha nessun peso in tale contesto.
Un amministratore che tira a campare e lascia correre, arrivando a tollerare che qualche membro sia offeso da qualcun altro (E' successo), non ha problemi del genere. Ma se si attiene all'etica che richiede il suo compito, nell'esigere che tutti i membri abbiano gli stessi diritti e doveri e che nessuno possa trasgredire le regole del gruppo, c'è poco da fare, non è compreso da tutti, specialmente da quelli che conosce al di fuori di Facebook e da alcuni che, figurando tra i suoi amici in FB, ritengono di dover essere privilegiati rispetto agli altri, cosa del tutto impensabile.
Agendo come agisco, ho provato più volte questa sensazione, di essere più solo, specialmente nell'ambito di un gruppo nel quale figuravo semplicemente come membro e ritrovandomi successivamente a dover svolgere le mansioni di amministratore. .
rm
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