Chi s’accuntenta, campa a lluongo.

Chi s’accuntenta, campa a lluongo.
Per vivere bene basta accontentarsi di ciò che si ha.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni

È a ricordarci il proverbio come vive meglio chi si contenta anche del poco che ha, campando meglio e anche più a lungo, libero com'è dall'assillo dell'insoddisfazione provata dall'eterno scontento che, pur possedendo beni anche in eccesso, ritiene di riuscire a migliorare il suo stato, solo se continua ad accumulare beni, come se fosse eterno.
Chi sa accontentarsi del poco che ha, vivendo in tutta serenità il suo stato, accoglie con gioia ed entusiasmo anche il più piccolo miglioramento della sua vita, accogliendolo come un bel dono, che il destino gli ha riservato, anche se in realtà è dipeso dalla sua condotta.
Riguardo al sapersi accontentare di quello che si ha, scegliamo due figure che furono d'esempio, dimostrando quali sono i beni essenziali della vita, che spesso è rovinata dal desiderio incessante dei superflui.
Una rappresentata da filosofo Diogene di Sinope, che da 2400 anni fa, ci manda a dire che le persone più ricche del mondo sono quelle che hanno bisogno solo dell'essenziale per vivere.
Magari esagerava, vivendo in una botte, recandosi al mercato per divertirsi ad osservare tutti i prodotti dei quali non aveva bisogno e, visto un ragazzo bere a una fontana con le mani a coppa, scoperse di avere un altro oggetto inutile e gettò il recipiente che gli serviva per bere.
Il miglior arredamento di cui poteva disporre, ce l'aveva nella mente e non intorno a sé.
Al filosofo Aristippo che lo biasimava nel vederlo pasteggiare con un misero piatto di lenticchie, dicendogli che se fosse stato ossequioso con il re, avrebbe potuto vivere molto meglio, rispose all'interlocutore che se avesse imparato ad accontentarsi di un piatto del genere, non avrebbe avuto bisogno di piegarsi ad adulare il re, tanto Diogene era capace di non chiedere e ancora meno di elemosinare, perché l'adulatore che cerca di ottenere dei favori, giusto assomiglia a un mendicante.
Un uomo che non aveva nemmeno bisogno di "possedere" una nazionalità, proclamandosi cittadino del mondo.
Ci pensiamo che se tutti gli esseri viventi sulla terra la pensassero così, diminuirebbero le guerre?
L'altra figura eccelsa, a tal riguardo, fu rappresentata dal filosofo Epicuro, per il quale, una vita piacevole, non includeva né lussi né stravaganze. Se lo scopo della vita è la rimozione di tutto il dolore, il modo più efficiente per assicurarsi una vita il più possibile priva di dolore, consiste nel rimuovere tutti i desideri che non sono assolutamente naturali e necessari.
I bisogni che per abitudine sono definiti naturali, ma che non sono necessari, possono produrre soltanto un piacere effimero, nell'istante di riuscire ad ottenerli, un piacere che purtroppo dura poco, facendo spazio alla sofferenza fatta sorgere da altri desideri. Dunque occorre liberarsi di essi e appagare i soli bisogni effettivamente necessari, non solo accontentandosi, ma sapendone godere, e in questo, secondo Epicuro, consiste il liberarsi dal timore del dolore e raggiungere la felicità.
Quello di riuscire ad accontentarsi anche del poco che si ha, può essere visto in modo negativo, come il modo di vivere di una persona senza ambizioni, ma a dissipare tale dubbio, può servire l'opera di Erich Fromm "Avere o Essere?" che illustra come possono esistere due diverse modalità dell’esistenza, attraverso le quali vengono distinti gli individui, tra coloro che vivono secondo la modalità dell’avere e coloro che seguono invece un sistema di vita incentrato sull’essere.
La distinzione di Fromm sulle due differenti modalità esistenziali di "Avere o Essere?", si fa più netta quando il sociologo individua nel consumismo la principale forma dell’avere, introducendo una formula inquietante:
“Io sono in funzione di ciò che ho e di quello che consumo”.
L’uomo nuovo ipotizzato da Fromm, collocato in una società nuova,deve possedere delle precise caratteristiche, tutte imperniate nella modalità esistenziale dell’essere e non dell'avere, una visione una visione più che utopica, alla luce dell’attuale deriva dell’umanità, ma sulla quale vale davvero la pena soffermarsi.
Se negli anni settanta (il testo di Fromm è apparso per la prima volta nel 1976), questi concetti erano già ampiamente riscontrabili, oggi sono estremizzati e osservabili oltre ogni peggiore aspettativa, in quanto la modalità dell’avere è letteralmente diventata la sola norma esistenziale che risulta ai più utilizzabile.
Se gli esseri umani riuscissero a vivere anche solo un poco secondo questi dettami e quest’etica, ne gioverebbe l’intera società e sparirebbero, come d’incanto, tutta una serie di mali e di accidenti radicati da secoli nel mondo.

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