27 DICEMBRE 2023 - SAN GIOVANNI APOSTOLO
Oggi - 27 dicembre 2023 - mercoledì dell’Ottava del tempo di Natale, la Chiesa celebra la festa di San Giovanni, apostolo ed evangelista. Yehohanàn [significante “Dio (YH) fece grazia”], è il suo nome nella natia lingua ebraica traslitterata nel nostro alfabeto; mentre Ioànnes lo è sia in greco (sempre nella traslitterazione) che in latino. Egli nacque nel I secolo dopo Cristo, probabilmente verso l’anno 10, a Betsaida, cittadina sulle rive del lago di Tiberiade nella Gaulanitide, regione storica al confine con la Galilea, nella Palestina romana (oggi nel territorio corrispondente grosso modo alla regione del Golan, Israele). Era un pescatore, figlio di Zebedeo e di Salomé, nonché fratello di Giacomo detto “di Zebedeo” o “il Maggiore”, anch’egli uno dei dodici apostoli, unitamente al quale ricevette il soprannome di “Figlio del tuono” per la sua impetuosità. Era un pescatore discepolo di Giovanni il Battista e, un giorno, si trovava ad ascoltarne la predicazione nei pressi del predetto lago, in compagnia di Andrea, suo amico e collega di lavoro, quando, circa alle quattro del pomeriggio, il “battezzatore” additò Gesù che passava nei pressi, indicandolo come “l’Agnello di Dio” (cfr. Gv 1, 35-42). Da quest’annuncio, che rimarrà inciso in modo indelebile nel suo cuore tanto da riportarne l’orario nel suo Vangelo (Gv 1, 39), nacque in lui quello slancio di fede che lo portò a seguire Gesù assieme ad Andrea. Giovanni scrisse il suo Vangelo alcune decine d’anni dopo i tre sinottici (secondo gli evangelisti Marco, Matteo e Luca), dai quali è molto differente. Infatti, probabilmente considerava inutile soffermarsi sugli aspetti della vita di Gesù che gli altri avevano già trattato, ritenendo più utile indugiare sugli aspetti non abbastanza approfonditi dagli stessi. Nel suo testo ci sono due cose peculiari. Una è che lui presta più attenzione all’insegnamento di Gesù Cristo rispetto agli altri e l’altra è che, allo stesso modo, dichiara in maniera più vivida la Sua virtù e il Suo potere. Col suo Vangelo ci conduce al cuore di Gesù e alla profondità del suo messaggio, attraverso immagini cariche di tenerezza. Ci porta a quel “conoscere” che significa un’intimità unica e indissolubile col Signore, proprio come quella da lui vissuta, per cui la perifrasi “discepolo che Gesù amava”, utilizzata nel proprio Vangelo, indica secondo la tradizione lui stesso (cfr. Gv 13, 23; 19, 26; 20, 2; 21, 7 e 21, 20). L’importanza che il verbo “credere” aveva per lui, tanto che lo utilizzò per ben novantotto volte nel suo Vangelo, è dimostrata anche dal fatto che sarà lui il primo a credere alle donne che tornavano dal sepolcro vuoto e a correre verso la tomba, anche se per rispetto a Pietro si fermò per farlo entrare per primo (cfr. Gv 20, 1-10). Non per nulla sarà poi definito, dall’“Apostolo delle Genti” Paolo di Tarso, come “colonna” della Chiesa nascente. Fu il più giovane di tutti gli apostoli e, quando seguì Gesù, era nel fiore degli anni e purissimo di cuore e di spirito, cosa che gli meritò singolari attenzioni dal Signore, come il poter essere presente alla Trasfigurazione unitamente a Pietro e Giacomo, anche se lui non ne parla nel suo Vangelo. Ancora, durante l’Ultima Cena, ebbe l’onore di poggiare il capo sul petto del Maestro e di apprendere dalla sua bocca chi lo avrebbe tradito (Gv 13, 25-26). Di più, fu l’unico apostolo sotto la Croce accanto a Maria, che Gesù morente sulla Croce gli affidò come madre (Gv 19, 25-27), incarnando e rappresentando in quel momento l’umanità intera. Questo tenendo presente che, secondo molti studiosi, è la tradizione, non il Vangelo, a identificarlo in colui al quale Gesù indicò di adottare la “Madre smarrita”. Se ne discute ancora, ma non vi è consenso. Senz’altro quest’ultimo gesto compiuto dal Signore è il preludio di una relazione profonda tra Maria e Giovanni, anime elette e consacrate in tutto alla missione del Padre, in comunione con il Figlio, vergini e oranti, le prime in questo stato di vita. Forse è proprio da questa intima vicinanza che il discepolo prediletto ebbe modo di penetrare e custodire il mistero del Cristo e realizzare il quarto Vangelo, definito “spirituale” per lo spessore teologico. Fu proprio a causa di questa contemplazione divina e delle più alte verità, che più tardi gli fu assegnata l’aquila, come simbolo di evangelista, perché si credeva che questo maestoso volatile potesse fissare il sole, cioè Cristo. Ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecoste, infiammato di ardente amore, annunziò il Vangelo ai Giudei in compagnia di Pietro. Grande fu l’opera di apostolato compiuta con il Principe degli Apostoli e, con lui, fu più volte arrestato e flagellato a causa della predicazione. Successivamente si dedicò all’evangelizzazione dell’Asia minore, fondando diverse comunità di credenti, tra cui la Chiesa di Efeso, una delle più grandi città greche sulla costa mediterranea dell’Anatolia (oggi nella Turchia asiatica). Fu l’unico apostolo a non subire il martirio, ma patì comunque la persecuzione sotto l’imperatore romano Domiziano (dall’81 al 96), tanto che, essendo ritenuto particolarmente pericoloso, fu condotto a Roma. Qui, costatato che mai avrebbe rinnegato la fede in Gesù e abiurato, dopo le tante torture, fu rasato in segno di scherno come uno schiavo e immerso in una caldaia d’olio bollente, dalla quale però prodigiosamente uscì del tutto illeso. Fu quindi mandato in esilio a Patmos, isola greca del mare Egeo di fronte alle coste anatoliche, dove visse con Maria dal 95 al 100 d.C. circa. Qui, secondo un'antichissima tradizione cristiana, Giovanni ebbe le sue famose visioni, che lo portarono alla redazione del Libro dell’Apocalisse o delle Rivelazioni. Giovanni profetizzò la fine dei tempi, la vittoria finale del Bene e il trionfo di Cristo, chiudendo per sempre la rivelazione divina come l’ultimo dei profeti. Da quel momento fu la Chiesa a parlare, e lo farà fino alla fine dei tempi. L’Apocalisse è un libro spesso sconosciuto e apparentemente enigmatico, in realtà attualissimo se pensiamo, ad esempio, alle attuali rinvigorite persecuzioni contro i cristiani in varie parti del mondo. La voce di Giovanni, nel libro, vuole essere un seme di speranza per le Chiese di ogni tempo, perseguitate e in crisi, affinché si rinfranchino nella fede e testimonino con coraggio il “Kerygma” (parola che in greco letteralmente significa: “gridare” o “proclamare”, come un banditore), che nel Nuovo Testamento indica l'annuncio del messaggio cristiano. In seguito l’apostolo tornò a Efeso, dove passò la maggior parte dei suoi ultimi anni in compagnia della Madonna e rimase fino alla fine. Qui fondò una fiorente comunità religiosa, governò le Chiese circonvicine e, comparendo in quel tempo eresiarchi che spargevano dottrine false contro i dogmi della fede e specie contro la divinità di Gesù Cristo, essendo egli l'unico apostolo ancora vivente, fu pregato dai fedeli e vescovi di mettere per iscritto la dottrina che predicava. Fu così che egli scrisse il quarto Vangelo, che completa i primi tre, il Vangelo “della divinità di Cristo”. Lasciò pure in dono alla Chiesa tre lettere canoniche, nelle quali trasfuse tutto l'amore di cui ardeva la sua grand'anima. Morì, secondo la tradizione, ultracentenario, tra il 98 e il 104 circa d.C.
Roberto Moggi
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