20 OTTOBRE 2023 - SANTA MARIA BERTILLA BOSCARDIN
Oggi - 20 ottobre 2023 - venerdì della XXVIII settimana del tempo ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, Santa Maria Bertilla Boscardin, vergine. Anna Francesca, questi i suoi nomi di battesimo, ma chiamata abitualmente Annetta, nacque a Gioia, frazione del comune di Brendola (in provincia di Vicenza, regione Veneto), il 6 ottobre 1888, dalla famiglia contadina dei Boscardin. A causa delle ristrettezze economiche familiari, poté frequentare solo le prime classi della scuola elementare, dedicandosi poi al duro lavoro dei campi e alle tante faccende domestiche, aiutando come serva anche le famiglie del vicinato. Sua madre era pia e laboriosa, a differenza del padre che era dedito al vino e collerico, al punto che, quand’era ubriaco, diventava violento e picchiava la moglie. Anna Francesca rimase profondamente segnata da questa tragedia familiare e cercava come poteva di difendere la mamma e riportare la pace. Aveva un carattere mite e dolce, frammisto a una singolare ingenuità, arricchito dalla passione per la preghiera e dall’acceso amore per la Vergine Maria. Di questi suoi aspetti profondamente spirituali, ne è prova il fatto che, nel 1896, le fu concesso di accostarsi per la prima volta all’Eucaristia all'età di otto anni e mezzo, quando, di norma, il minimo di anni consentiti per ricevere il sacramento era di undici. Nel 1900, poi, a dodici anni, venne accolta nel gruppo parrocchiale dell’associazione “Figlie di Maria” ed il parroco le regalò un piccolo catechismo, che fu ritrovato nella tasca del suo abito quando morì. Da esso attingeva ispirazione e conforto fin da bambina, ritirandosi tutta lieta in solitudine, dopo aver lavorato nei campi e sbrigato gli impegni domestici, per leggerlo e rileggerlo continuamente, e per insegnarlo con trasporto alle coetanee. Non avendo potuto studiare, non fu certamente ricca di cultura, ma, in compenso, aveva sviluppato un cuore mite e sensibilissimo e, al contempo, una volontà tenacissima e intraprendente, per cui si distinse sempre. Fin da bambina sentì forte il desiderio di consacrarsi a Dio e, questa ispirazione, si trasformò presto in fermo proposito che neanche l'esitazione del parroco del paese e del padre valsero a estinguere. Finalmente, convinto il genitore, lasciò che fosse il suo parroco a scegliere per lei, tra le varie congregazioni di suore, quella ritenuta più adatta al suo temperamento. Così, l'8 aprile 1905, dietro tale consiglio, entrò a Vicenza nella casa madre delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, dette comunemente Suore Dorotee di Vicenza. Qui, l'8 dicembre 1907, emise i voti e assunse il nome religioso di Maria Bertilla, venendo inizialmente incaricata di lavorare nella cucina, nel forno e nella lavanderia. In seguito, in ossequio al carisma della Congregazione, fu inviata ad apprendere la professione infermieristica presso l’ospedale di Treviso (capoluogo dell’omonima provincia della regione Veneto), come tirocinante in corsia, in sostituzione di una suora malata. Attratta dal mondo ospedaliero, che le permetteva di stare in contatto con i malati nei quali vedeva Gesù stesso, s’impegnò molto e si diplomò infermiera, senza che questo le impedisse di dedicarsi anche a compiti più umili per aiutare le consorelle. Suor Maria Bertilla, che aveva sempre lavorato in cucina o in lavanderia, si rivelò un’infermiera abilissima, apprezzata e ricercata dai medici anche nei casi più difficili, e benvoluta dai malati. Destinata per molto tempo al reparto dei bambini difterici, ebbe per loro le più attente e materne cure. Responsabili, personale e pazienti di altri reparti, ai quali fu poi destinata, la chiamavano “l'Angelica infermiera dalla carità eroica”. Nel nosocomio trevigiano, la sua presenza, le sue cure e le sue parole di conforto e consolazione, furono un’autentica benedizione per tutti i malati, mentre con l’esempio e la carità ne avvicinava molti alla fede. La sua vita fu pratica costante di tutte le virtù cristiane, fino all'eroismo. In seguito si ammalò di cancro e, nel 1910, all'età di ventidue anni, dovette subire un delicatissimo intervento chirurgico per l'asportazione di un tumore maligno. Ripresasi a malapena, tornò presto al suo lavoro d’infermiera, destinata di volta in volta agli ospedali di Treviso, Como (capoluogo dell’omonima provincia della Lombardia), Viggiù (in provincia di Varese, Lombardia) e infine di nuovo Treviso, sempre suscitando ammirazione. Purtroppo, però, il tumore si riprodusse e la costrinse a sopportare altre gravi sofferenze, prostrandola e riducendola in uno stato di grande debolezza, senza tuttavia che lei si avvilisse, offrendo anzi le sue sofferenze a Gesù e alla Madonna, alla quale era devotissima. Il suo amore per la Madre di Dio ebbe tutta la tenerezza, la fiducia, l'incantevole semplicità di quello che nutre una figlia per sua madre. A tutti raccomandava la devozione alla Santa Vergine, nel cui cuore metteva tutti i suoi assistiti. Durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1917, l’avvicinarsi della linea del fronte a Treviso dopo la disfatta di Caporetto, portò il terrore e lo scompiglio nella città e anche nell'ospedale dov’era di servizio Suor Maria Bertilla. Quando infine la città venne a trovarsi in imminente pericolo d’occupazione nemica, fu trasferita in Lombardia con tutto l’ospedale. Qui fu sottoposta a una prova molto dura: incomprensioni, dissensi, gelosie e invidie, causati dalla sua rettitudine e onestà, provocarono la sua “retrocessione” da infermiera a donna di fatica in lavanderia. Suor Maria Bertilla, che non aveva colpa alcuna, ne soffrì moltissimo pur non dandolo a vedere. Non le sfuggì mai una parola di amarezza o di risentimento, ma il suo già minato fisico ormai resisteva molto meno allo sforzo e ai soprusi ingiustificati, anche se la volontà non cedeva. Dopo il rientro a Treviso, fu reintegrata nelle funzioni d’infermiera presso il locale ospedale San Leonardo, ma la sua salute crollò definitivamente, devastata dal tumore riprodottosi. Era perfettamente consapevole che la morte poteva sorprenderla in ogni momento e si preparava all’incontro con il Signore, come scrisse nei suoi appunti. La sua attività instancabile, le veglie continue, la sopportazione silenziosa del suo male che da qualche tempo nascondeva con eroica pazienza, consumarono in breve ciò che rimaneva della sua salute. Il 16 ottobre 1922, essendosi molto aggravata, venne a visitarla un professore, diagnosticando la necessità di un ulteriore urgentissimo intervento chirurgico per estirpare il nuovo fibroma. L'indomani stesso ebbe luogo l'operazione, ma ormai era troppo tardi. Pochi giorni di acutissimi dolori, vissuti in santa rassegnazione e assoluta sottomissione al Divino Volere, bastarono per preparare il suo incontro col suo Sposo Celeste, che avvenne nel medesimo nosocomio il 20 ottobre 1922, alla giovane età di trentaquattro anni. Fu inumata nella cappella della casa madre delle Suore Dorotee di Vicenza, dove i suoi resti mortali riposano ancora. E’ stata beatificata l’8 giugno 1952 dal papa Servo di Dio Pio XII e canonizzata dal pontefice San Giovanni XXIII l’11 maggio 1961.
Roberto Moggi
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