31 MAGGIO 2023 - VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Oggi - 31 maggio 2023 - mercoledì della VIII settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la festa della Visitazione della Beata Vergine Maria. Il mese di maggio, che liturgia e devozione popolare dedicano in particolare al culto della Madre di Dio, si conclude oggi con la festa che ricorda la visita di Maria a sua cugina Elisabetta, contemplata nel secondo mistero “gaudioso” del Santo Rosario. Per “Visitazione”, infatti, s’intende proprio l'incontro fra la giovane Maria, l'Ancella del Signore, incinta di Gesù, e la sua anziana cugina Elisabetta, simbolo di chi attendeva la venuta del Signore in Israele, gravida di Giovanni il Battista. La premura affettuosa di Maria, con il suo cammino frettoloso, esprime insieme al gesto di carità anche l'annunzio che i tempi si sono compiuti. Giovanni che sussulta nel grembo materno di Elisabetta inizia già la sua missione di Precursore. La Madonna ricevette dall’arcangelo Gabriele l’annuncio della sua prodigiosa gravidanza per opera dello Spirito Santo, unitamente a quello della straordinaria maternità della sua ormai non più fertile cugina Elisabetta, segno esplicito dell’onnipotenza di Dio, partì da Nazareth per visitare la parente e offrirle tutti quei servigi che una ragazza può compiere per una donna anziana e per di più incinta (Lc 1, 26-38). Maria, inoltre, non vedeva l’ora di comunicarle la gioia che essa provava per la “meraviglia” operata in lei dal Signore (Lc 1, 39-56). Allo scopo si aggregò probabilmente a una carovana di pellegrini che si recavano a Gerusalemme, attraversando la Samaria e raggiungendo il villaggio di Ain-Karim, in Giudea, allora distante circa sette chilometri da Gerusalemme (di cui è oggi un quartiere), dove abitava la famiglia di Zaccaria, marito di Elisabetta. È facile immaginare quali sentimenti pervadessero il suo animo alla meditazione del mistero annunciatole dall'angelo. Erano emozioni di umile riconoscenza verso la grandezza e la bontà di Dio, che Maria esprimerà alla presenza della cugina con le parole di lode e ringraziamento a noi note come “Magnificat” (Lc 1, 46-55), espressione “dell'amore gioioso che canta e loda l'amato”, come le definì San Bernardino da Siena (1380-1444). Il nome “Magnificat” deriva dalla prima parola della traduzione latina di tale cantico di lode: “Magnificat anima mea Dominum”, in altre parole “L'anima mia magnifica il Signore”. Quando fu arrivata a destinazione, salutò la congiunta che - aggiunge Luca - all’udirne la voce sentì “sussultare” di gioia il bambino che portava in grembo, quel Giovanni Battista che avrebbe preparato la strada a Gesù e, piena di Spirito Santo, si rivolse deferente alla giovane Maria, dicendole: “… Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? …” (Lc 1, 41-45). Il linguaggio usato dall’evengelista per riferire il fatto, fa capire che la “abitazione di Dio in mezzo agli uomini” si colloca su un nuovo piano, anche nella persona di Maria. Mentre porta in grembo il suo divino bambino, Maria è la vera dimora di Dio e come tale è riverita dalla cugina. Ecco, dunque, che Dio viene ad abitare fra gli uomini, in una dimora che non è più un tempio di pietra, bensì una persona. D’ora innanzi, non sarà più con i massi che si edificherà l’abitazione di Dio sulla terra, ma con la fede, la carità, la dedizione e la speranza. Elisabetta, perciò, proclamò la verità al momento dell’Incarnazione, quindi al centro della storia della salvezza, riconoscendo allo stesso tempo sia il ruolo del Figlio custodito nel grembo di Maria sia quello che la grazia divina le aveva fatto concepire. Da qui il suo elogio alla cugina che era venuta a visitarla, un elogio divinamente ispirato che i cristiani ripetono da secoli ogni volta che recitano l’Ave Maria: “… tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno …”. Elisabetta, nella Visitazione, riconosce dunque Maria quale Madre dei redenti e modello di fede: “… beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto …” (Lc 1, 45). Entrambe sono madri per grazia, Maria nonostante la sua verginità ed Elisabetta nonostante la sua sterilità; la prima chiamata a dare alla luce il Redentore, alla cui opera salvifica coopererà in modo unico, la seconda il Precursore. Il Vangelo di Luca, ricorda pure che ogni onore alla Vergine Maria rende gloria a Dio, al quale Lei innalza immediatamente il suo inno di lode, il Magnificat (o Cantico di Maria), ricco di richiami all’Antico Testamento, in cui esalta l’Onnipotente dichiarandosi ancora una volta, dopo averlo già fatto nell’Annunciazione, sua serva. Lei, inoltre, indica ai fedeli la misericordia e la giustizia di Dio, annunciando una profezia che la riguarda direttamente e che si compie da oltre duemila anni: “… D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata …” (Lc 1, 48). La Visitazione della Beata Vergine, che era commemorata in Occidente già dal XII secolo, anche se sotto il titolo di Madonna delle Grazie, si diffuse particolarmente per merito dei frati francescani, dopo il 1263, quando San Bonaventura da Bagnoregio (circa 1217-1274) la raccomandò nel Capitolo Generale tenuto dall’Ordine a Pisa. Nel 1389, il pontefice Urbano VI (dal 1378 al 1389) fissò al 2 luglio la data della festa, chiedendo alla Vergine di intercedere per la fine dello Scisma d’Occidente e, l’anno successivo, il successore Bonifacio IX (dal 1389 al 1404) la estese a tutta la Chiesa, decisione ratificata nel 1441 dal “Concilio di Basilea, Firenze, Ferrara e Roma”, che si svolse in più sedi dal 1441 al 1445. Con la riforma del calendario liturgico del 1969, si è spostata la data al 31 maggio, ultimo giorno del mese mariano per eccellenza. Al mistero della Visitazione è dedicato l'Ordine della Visitazione di Santa Maria (in latino Ordo Visitationis Beatissimae Mariae Virginis), fondato nel 1610 da San Francesco di Sales (1567-1622), le cui monache sono popolarmente dette “Visitandine”. Oggi, mentre si celebra la visita di Maria alla cugina Elisabetta, si fa al tempo stesso memoria dell’incessante “visita” di Dio alla sua Chiesa, per fare di ognuno un “portatore di Cristo”.
Roberto Moggi
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