26 MAGGIO 2023 - SAN FILIPPO NERI
Oggi - 26 maggio 2023 - venerdì della VII settimana di Pasqua, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria di San Filippo Neri, sacerdote. Filippo Romolo, questi i suoi nomi di battesimo, ma chiamato solo col primo, nacque il 21 luglio 1515 a Firenze, allora capitale dell’omonima repubblica oligarchica, governata da un consiglio noto come “Signoria”, a capo della quale era il “Gonfaloniere”. Filippo era il secondogenito dei quattro figli della famiglia Neri, originariamente agiata ma poi decaduta. Il padre Francesco era un notaio che, per mancanza di clienti, finì per dedicarsi all’alchimia, mentre la madre, Lucrezia da Mosciano, proveniva da una modesta famiglia rurale. Quando la mamma morì con il quarto figlio che stava partorendo, lasciandolo orfano in tenera età, il padre si risposò con una donna buona e pia, che instaurò, con lui e i suoi fratelli, un affettuoso rapporto. Filippo, molto sensibile e dal carattere gentile e amorevole, era per questo chiamato abitualmente col vezzeggiativo di "Pippo buono”, che gli resterà per tutta la vita. Ricevette la prima istruzione direttamente dal padre, molto colto, che gli trasmise la passione per la lettura, al punto che, un po’ alla volta, giunse a costituire una biblioteca privata con molti volumi. La formazione religiosa la ebbe in città, nel convento domenicano di San Marco. In quell'ambiente respirò il clima spirituale del movimento del focoso predicatore apocalittico Girolamo Savonarola (1452-1498), frate domenicano verso il quale nutrì grande devozione e affetto per tutta la vita, pur mantenendo un’evidente distanza dai suoi metodi e dalle sue scelte. Verso il 1533, appena diciottenne, su consiglio del padre che desiderava offrirgli ogni maggiore possibilità di riuscita nella vita, Filippo si trasferì nel Lazio meridionale, nella cittadina di San Germano (oggi Cassino in provincia di Frosinone, regione Lazio), da un parente commerciante senza prole, per un’esperienza lavorativa che durò poco. Dal 1534 si spostò a Roma, probabilmente senza un motivo particolare o un progetto preciso, forse perché affascinato dalla grande capitale della cristianità, giungendovi con l'animo contrito del pellegrino penitente. Nell’Urbe visse gli anni della giovinezza in modo austero e lieto al tempo stesso, tutto dedito al proprio spirito. Qui, la casa del concittadino fiorentino Galeotto Caccia, capo della locale dogana, gli offrì ospitalità e un frugale vitto, che lui ricambiava facendo da precettore ai figli. Lo studio lo attirava, tanto da frequentare lezioni di filosofia e teologia dai frati agostiniani e all’università della Sapienza, ma ben maggiore era l'attrazione che provava per la vita contemplativa, tanto forte da impedirgli persino di concentrarsi sugli argomenti delle lezioni. Questa spiritualità, tuttavia, la viveva nella libertà del laico che poteva scegliere, fuori dai “recinti” di un chiostro, i modi e i luoghi della propria preghiera, prediligendo ad esempio chiese solitarie, catacombe (memoria dei primi tempi della Chiesa apostolica) o il sagrato delle chiese durante le notti silenziose. Coltivò per tutta la vita questo spirito di contemplazione, alimentato anche da fenomeni straordinari che il Cielo gli concedeva, come quello avvenuto nella Pentecoste del 1544, quando, all’interno delle catacombe di San Sebastiano sulla via Appia Antica, dove si era recato e intrattenuto per tutta una notte d’intensa preghiera, ebbe la grazia di ricevere in forma sensibile il dono dello Spirito Santo, che “dilatò il suo cuore”, infiammandolo di un fuoco invisibile che gli arderà nel petto fino al termine dei suoi giorni. Questa intensissima esistenza mistica si sposava con un’altrettanto vigorosa quanto discreta attività di apostolato nei confronti di qualunque bisognoso gli capitasse di incontrare nelle piazze e nelle vie di Roma, nel servizio presso l’ospedale San Giacomo in Augusta, detto “degli Incurabili”, nel centro città, nella partecipazione all’attività di alcune Confraternite, tra le quali, in modo speciale, quella della Trinità dei Pellegrini, di cui Filippo fu forse il fondatore e sicuramente il principale artefice, insieme al suo confessore Padre Persiano Rosa. A quest'ultimo Filippo affidò la cura della propria anima, ed è sotto la sua direzione spirituale che maturò lentamente la chiamata alla vita sacerdotale. Intraprese così i necessari studi e, il 23 maggio 1551, a trentasei anni, nella chiesa parrocchiale di San Tommaso in Parione, fu ordinato sacerdote. Filippo continuò da presbitero l'intensa vita di servizio ai fratelli che già lo aveva caratterizzato da laico. Andò ad abitare nella “Casa di San Girolamo”, sede della Confraternita della Carità, che ospitava a pigione un certo numero di sacerdoti secolari, dotati di ottimo spirito evangelico, i quali attendevano all’annessa chiesa. Qui il suo principale ministero divenne l'esercizio della confessione e fu proprio con i suoi penitenti che Filippo iniziò, nella semplicità della sua piccola camera, quegli incontri di meditazione, di dialogo spirituale, di preghiera, che costituirono l'anima e il metodo di quel rivoluzionario luogo d’incontro, socializzazione e preghiera che assunse il nome di “Oratorio” (termine che indicava in origine uno spazio in cui si riunivano i membri di una confraternita o di una comunità religiosa per pregare, in latino “orare”). Ben presto la cameretta non bastò al numero crescente di “pazienti spirituali”, Filippo fece allora radunare i suoi discepoli, da tutti chiamati ormai "quelli della Carità", in un locale situato sopra la navata dell’attigua chiesa, prima destinato a conservare il grano che i confratelli distribuivano ai poveri. Tra i discepoli del santo, alcuni - ricordiamo tra tutti i futuri cardinali Cesare Baronio e Francesco Maria Tarugi, che diventeranno entrambi venerabili - maturarono la vocazione sacerdotale, proprio perché innamorati del suo metodo e della sua azione pastorale. Nacque così, senza un progetto preordinato, la "Congregazione dell'Oratorio", una comunità di preti che nell'Oratorio avevano non solo il centro della loro vita spirituale, ma anche il più fecondo campo di apostolato. In seguito, con altri discepoli nel frattempo divenuti anch’essi sacerdoti, andò ad abitare nella canonica di San Giovanni dei Fiorentini, chiesa della comunità fiorentina di Roma, di cui Filippo aveva dovuto accettare la Rettoria per le pressioni dei suoi concittadini toscani. Qui iniziò, tra i presbiteri discepoli di Filippo, quella semplice vita familiare, retta da poche regole essenziali, che divenne la culla di una futura Congregazione. Nel 1575 Papa Gregorio XIII affidò a Filippo ed ai suoi preti l’allora piccola e fatiscente chiesa di Santa Maria in Vallicella, a due passi da San Girolamo e da San Giovanni dei Fiorentini, erigendo al tempo stesso la "Congregatio presbyterorum saecularium de Oratorio" (Congregazione dei presbiteri secolari dell’Oratorio). Filippo, che continuò a vivere nell'amata cameretta di San Girolamo fino al 1583 e che si trasferì solo per obbedienza al Papa nella nuova residenza dei suoi preti, si dedicò con tutto l'impegno a ricostruire in dimensioni grandiose ed in bellezza la piccola chiesa della Vallicella. Qui trascorre gli ultimi dodici anni della sua vita. San Filippo Neri si spense durante le prime ore del 26 maggio 1595, all'età di ottant'anni, amato dai suoi e da tutta Roma. Nonostante le sue reliquie siano in moltissime chiese, le sue spoglie sono venerate nella cappella a lui dedicata nella stessa chiesa di Santa Maria in Vallicella, dal 1602. Fu canonizzato nel 1622.
Roberto Moggi
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