Da cui, il dialogo che segue:
Non so cosa sia peggio:
non sapere chi sei ed essere felice,
o diventare quello che hai sempre
voluto e sentirti solo
Daniel Keyes
Mi fa pensare alla frase dispregiativa "Beato te che non capisci niente" e quindi, non riuscendo a capire nemmeno chi siamo noi, da tale incomprensione, deriverebbe la nostra felicità.
Ma un idiota è consapevole della propria felicità?
Sapere chi siamo, quanto può essere una certezza o un'illusione? Se poi siamo abituati a considerare la felicità come un sentimento sempre suscitato dall'esterno, dagli eventi che ci coinvolgono, o dalle persone che frequentiamo, allora ha poca importanza sapere chi siamo o chi crediamo di essere, in quanto abbiamo un atteggiamento passivo verso la felicità.
Trovo che questo commento sia limitato, nella contrapposizione tra l'essere felici e sentirsi soli, come se la solitudine fosse l'opposto della felicità e non eventualmente la tristezza, a prescindere poi dall'essere soli o nel piacere della compagnia, sempre che la compagnia sia un piacere che non sempre è.
Perché poi riuscire a diventare quello che si è sempre desiderato, significherebbe sentirsi soli? Ci vedo un sottofondo di presunzione di chi si sente diventato chissà chi e, di conseguenza, si ritiene di un'intelligenza al di sopra degli altri.
A prescindere dal riuscire ad essere chi vorremmo o ad accontentarci di chi siamo, pur sempre intenti a conseguire un qualsiasi miglioramento che riesca a soddisfarci, impariamo prima di tutto a costruire la felicità in modo attivo, con la nostra mente, senza aspettarcela dagli altri o da circostanze esterne. Quanto poi al sentirsi soli, la solitudine può presentarsi nelle forme più svariate ed avvincenti se si è capaci di gestirla e di goderla con tutte le attività che si possono svolgere in tale stato.
La solitudine che può condurre alle considerazioni più svariate.
"La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà."
(Fabrizio De André)
"Ho sempre pensato che la peggior cosa nella vita fosse rimanere soli. Non lo è. La peggior cosa è stare con persone che ti fanno sentire solo"
(Robin Williams)
Più si impara ad apprezzare la solitudine, a gestirla, a goderla, a non poterne fare a meno, più siamo selettivi con le persone intorno a noi. Le persone che ci farebbero sentire soli, non costituiranno un problema, perché non avremo bisogno di cercarle. Più raggiungeremo tale autonomia, meno avremo bisogno del prossimo. Con tutto il piacere che proveremo frequentando solo le persone giuste, godendo ogni volta con esse il benessere della reciproca compagnia.
Sempre che le persone giuste si facciano trovare e sempre che noi dagli altri fossimo considerati nello stesso modo.
"Chi non sa popolare la propria solitudine, nemmeno sa essere solo in mezzo alla folla affaccendata..."
(Charles Baudelaire)
Chi ha la capacità e il privilegio di saper gestire la propria solitudine e godersela come una meravigliosa pausa tra gli impegni della vita, non avrà bisogno di popolare la solitudine in cui è immerso, già c'è lui e si basta e si avanza. Se è capace di ciò, potrà starsene da solo in qualsiasi posto, per quanto possa essere affollato.
rm
Riccardo, io credo che felicità e consapevolezza siano inversamente proporzionali: se vivi la vita con superficialità, ti sarà più facile essere felice, o meglio raggiungere quel grado di serenità che più si avvicina al concetto di felicità. Credo sia vero che se potessimo far coincidere ciò che siamo (posto che lo sappiamo veramente) con ciò che vorremmo essere, saremmo felici, ma è pura utopia. Trovo sbagliato contrapporre felicità e solitudine:ci sono momenti in cui essere soli è felicità. A me succede. Però sono piccole solitudini temporanee: non so se dovesse essere una condizione perenne, come reagirei. Godersi un libro, seduta in riva al fiume, con accanto il proprio cane, per un intero pomeriggio, in perfetta solitudine:questa è felicità. O anche girare in città in mezzo alla folla, padrona di te stessa e del tuo tempo, sola, anche questa è felicità. Non temo affatto la solitudine, decisamente mi piace, però ho la consapevolezza che non basterei a me stessa se fossi sola sempre. Solo in parte sono in grado di creare il mio benessere...sono dipendente da un sentimento chiamato amore, intendo quello con la A maiuscola, non semplicemente quello di coppia. Secondo me, l'opposto della felicità è proprio la mancanza d'amore e non la solitudine. Caro Riccardo Meda prolisso lei?! Pfui!!!
Iole Barberis
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