Il merlo

Da qualche giorno, in ore antelucane, il merlo (sempre lo stesso?) mi annuncia il levarsi del giorno e che la primavera è vicina.
Quando uscivo per andare al lavoro, mi rendeva difficile andarmene e non sentire più il suo canto.
A casa da mia moglie, raccoglievano qualsiasi bestiolina in difficoltà, merli, passeri, rondini che mia suocera imboccava ogni giorno. Un merlo e una passerotta ci seguirono nella nostra prima casa. Al merlo, ero riuscito a far fischiare le prime note di "La donna è mobile". Era versatile, rifaceva il miagolio dei gatti e il rumore delle serrande. Quando, nel periodo estivo, mettevamo la sua gabbia fuori, nella veranda, trovavamo che altri uccelli, merli probabilmente, gli avevano portato del cibo da mangiare. Avevano capito che lui non poteva procurarsene.
La passerotta arrivò a 14 anni, era tutta bianca e, quando rincasavamo, cominciava a cinguettare piuttosto stizzita, sembrava dire: "Ma quanto ci avete messo a rincasare?" Quando morirono, fu come se fossero morte persone di famiglia.
Il fischio del merlo non è semplicemente un fischio, è un fischio elaborato, discorsivo, concettuale. Un merlo non fischia e basta, esprime i suoi stati d'animo ed è come si rimuginasse fra sé e sé i pensieri che gli vengono.
Al merlo che mi fa adesso compagnia, sperando che la impari, gli fischio una struggente doina rumena, Balada Sarpelui (La ballata del serpente, sta anche su You Tube). La prima volta che la ascoltai, nel 71, col flauto di Pan di Gheorghe Zamfir ed accompagnamento d'organo, ne restai incantato e, così dicendo, non riesco ad esprimere quello che provai. Quando la fischio al merlo, lui si zittisce ed ascolta, e quando cesso di fischiare, lui ribadisce i suoi ragionamenti melodiosi, ignorando i miei suggerimenti. Ma non desisto, sarà meraviglioso quando, se succederà, fischieremo insieme Balada Sarpelui.
rm
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