Con
l'avanzare dell'età, si diventa selettivi nello scegliere le persone
con le quali dialogare e ancora di più riuscire a instaurare un legame
duraturo. Quei legami che sorsero da giovani, ad esempio, dei quali può
restare la nostalgia, ma sembra come se i desiderio di instaurarne altri
si sia affievolito.
Se
mi capita di dialogare con persone anziane, non ho più l'atteggiamento
del giovane ansioso d'imparare, ma quello del coetaneo, anche se pur
sempre intento ad apprendere, che sia l'interlocutore uno più anziano di
me o un ragazzino di dieci anni, che possa insegnarmi qualche cosa.
Certo
è che per chi ama questo apprendistato molto caduto in disuso,
consiglio anziani vivaci, attivi ed ottimisti e non anziani intenti a
recriminare, a piangersi addosso e ad avercela col mondo intero.
I
primi, a prescindere dal loro retroterra culturale e dalle esperienze
trascorse, sono in grado di offrire un ottimo insegnamento di come la
vita vada affrontata, senza nasconderne le difficoltà.
I secondi l'unica prospettiva che sapranno mostrare, sarà una valle di lacrime in cui si aggira un'umanità perversa.
Per
quanto un sommo filosofo mi potrebbe guardare con degnazione, seppur
malcelata da un irreprensibile comportamento, io, sempre col suo
permesso, un po' d'acume nella scelta lo consiglierei.
Un
acume da coltivare poi, se non addirittura da recuperare, se
l'anzianità ci induce ad avere una certa importanza nei confronti dei
più giovani, nell'astenersi dalla pretesa di dare a chicchessia consigli
non richiesti, con la presunzione di apparire una persona piena di
saggezza e di esperienza e presentandosi invece come un essere pedante e
fastidioso.
rm
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