La morte è la nostra eterna compagna – disse Don Juan con
un’aria sommamente seria -. Sta sempre alla nostra sinistra, alla
distanza di un braccio. Ti vigilava quando tu vigilavi il falco bianco;
ti sussurrò nell’orecchio e sentisti il suo freddo, come lo sentisti
oggi. Sta vigilandoti sempre. Lo starà sempre fino al giorno in cui ti
toccherà.
Estese il braccio e mi toccò lievemente nella spalla, e contemporaneamente produsse con la lingua un suono profondo. L’effetto fu devastante; quasi girai lo stomaco.
Tu sei il ragazzo che spiava la sua caccia e sperava pazientemente, come la morte spera; sai molto bene che la morte sta alla nostra sinistra, come tu stavi alla sinistra del falco bianco.
Le sue parole ebbero la strana facoltà di provocarmi un terrore ingiustificato; l’unica difesa era lamia compulsione di mettere per iscritto tutto quanto egli diceva.
Come può uno darsi tanta importanza sapendo che la morte sta spiandoci? – domandò. Sentii che la mia risposta non era in realtà necessaria. In ogni modo, non avrebbe potuto dire niente. Un nuovo stato di coraggio si era impossessato di me.
Quando sei impaziente – proseguì -, quello che devi fare è guardare alla sinistra e chiedere consiglio alla tua morte. Un’immensa quantità di meschinità si perde purché la tua morte ti faccia un gesto, o riesci a darle un’occhiata, o nient’altro che tu abbia la sensazione che la tua compagna sta lì vigilandoti.
Tornò ad inclinarsi e mi sussurrò all’orecchio che, se si fosse voltato improvvisamente verso sinistra,avrebbe potuto vedere nuovamente la mia morte nel macigno.I suoi occhi mi fecero un segno quasi impercettibile, ma non osai guardare. Gli dissi che gli credevo e che non era necessario portare più lontano il tema, perché ero atterrito.
Egli sciolse una delle sue ruggenti risate. Rispose che il tema della nostra morte non si portava mai abbastanza lontano. Ed io argomentai che per me non avrebbe senso continuare a pensare alla mia morte, poiché quello produrrebbe solo paura.
Quello è pura idiozia! – esclamò -. La morte è l’unica consigliera saggia che abbiamo. Ogni volta che siedi, che pensi che come sempre tutto sta riuscendo male e che stai per essere annichilito, rivolgiti verso la tua morte e domandale se è certo. La tua morte ti dirà che ti sbagli; che niente importa in realtà più che il suo tocco. La tua morte ti dirà: “Ancora non ti ho toccato.” Mosse la testa e sembrò aspettare la mia risposta. Io non ne avevo nessuna. I miei pensieri correvano sfrenati. Don Juan aveva assestato un tremendo colpo al mio egoismo. Ebbi il sentimento che fosse pienamente cosciente del mio cambiamento di umore. Sorrise ed incominciò a canticchiare una canzone rustica. Sì – disse delicatamente, dopo una lunga pausa -. Qui uno dei due deve cambiare, e rapidamente. Uno di noi deve imparare di nuovo che la morte è il cacciatore, e che sta sempre alla sinistra. Uno di noi deve chiedere consiglio alla morte e lasciare la meschinità degli uomini che vivono le loro vite come se la morte non li dovesse mai toccare.
Rimanemmo in silenzio più di un’ora; dopo cominciammo a camminare nuovamente. Camminammo senza rotta, per ore, per il querceto.
Da viaggio a Ixtlan, di Carlos Castaneda
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Estese il braccio e mi toccò lievemente nella spalla, e contemporaneamente produsse con la lingua un suono profondo. L’effetto fu devastante; quasi girai lo stomaco.
Tu sei il ragazzo che spiava la sua caccia e sperava pazientemente, come la morte spera; sai molto bene che la morte sta alla nostra sinistra, come tu stavi alla sinistra del falco bianco.
Le sue parole ebbero la strana facoltà di provocarmi un terrore ingiustificato; l’unica difesa era lamia compulsione di mettere per iscritto tutto quanto egli diceva.
Come può uno darsi tanta importanza sapendo che la morte sta spiandoci? – domandò. Sentii che la mia risposta non era in realtà necessaria. In ogni modo, non avrebbe potuto dire niente. Un nuovo stato di coraggio si era impossessato di me.
Quando sei impaziente – proseguì -, quello che devi fare è guardare alla sinistra e chiedere consiglio alla tua morte. Un’immensa quantità di meschinità si perde purché la tua morte ti faccia un gesto, o riesci a darle un’occhiata, o nient’altro che tu abbia la sensazione che la tua compagna sta lì vigilandoti.
Tornò ad inclinarsi e mi sussurrò all’orecchio che, se si fosse voltato improvvisamente verso sinistra,avrebbe potuto vedere nuovamente la mia morte nel macigno.I suoi occhi mi fecero un segno quasi impercettibile, ma non osai guardare. Gli dissi che gli credevo e che non era necessario portare più lontano il tema, perché ero atterrito.
Egli sciolse una delle sue ruggenti risate. Rispose che il tema della nostra morte non si portava mai abbastanza lontano. Ed io argomentai che per me non avrebbe senso continuare a pensare alla mia morte, poiché quello produrrebbe solo paura.
Quello è pura idiozia! – esclamò -. La morte è l’unica consigliera saggia che abbiamo. Ogni volta che siedi, che pensi che come sempre tutto sta riuscendo male e che stai per essere annichilito, rivolgiti verso la tua morte e domandale se è certo. La tua morte ti dirà che ti sbagli; che niente importa in realtà più che il suo tocco. La tua morte ti dirà: “Ancora non ti ho toccato.” Mosse la testa e sembrò aspettare la mia risposta. Io non ne avevo nessuna. I miei pensieri correvano sfrenati. Don Juan aveva assestato un tremendo colpo al mio egoismo. Ebbi il sentimento che fosse pienamente cosciente del mio cambiamento di umore. Sorrise ed incominciò a canticchiare una canzone rustica. Sì – disse delicatamente, dopo una lunga pausa -. Qui uno dei due deve cambiare, e rapidamente. Uno di noi deve imparare di nuovo che la morte è il cacciatore, e che sta sempre alla sinistra. Uno di noi deve chiedere consiglio alla morte e lasciare la meschinità degli uomini che vivono le loro vite come se la morte non li dovesse mai toccare.
Rimanemmo in silenzio più di un’ora; dopo cominciammo a camminare nuovamente. Camminammo senza rotta, per ore, per il querceto.
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