31 MARZO 2023 - SAN BENIAMINO
Oggi - 31 marzo 2023 - venerdì della V settimana del tempo di Quaresima, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Beniamino, diacono e martire. Di Binyamin o Beniamin (Beniamino) - questo il suo nome rispettivamente in arabo (nella traslitterazione nel nostro alfabeto) e latino - non si conosce quasi nulla ad eccezione del martirio. Egli nacque orientativamente tra gli ultimi decenni del 300 e i primissimi anni del 400, probabilmente nella non meglio identificata località di Argol (detta anche Ergol o Argul) nell’Impero di Persia (l’odierno Iran). Era cristiano e si consacrò al Signore, venendo ordinato diacono nella sua città. La tradizione vuole che, unitamente a un gruppo di circa una decina di altri cristiani della stessa Argol, sia stato martirizzato per non avere voluto rinnegare la propria fede, durante la lunga persecuzione cominciata sotto il re di Persia Iezdegerd I (399-420) e finita durante il regno di suo figlio Bahram V, anche noto come Bahram Gur (entrambi i nomi nella loro traslitterazione nell’alfabeto latino), quindicesimo sovrano del cosiddetto “Secondo impero” di Persia (420-438). Esistono varie versioni della feroce esecuzione, talvolta parzialmente discordanti fra loro e in buona parte prese dai sinassari bizantini (raccolte delle storie dei santi). Anche le notizie riguardanti i nomi delle vittime, la data e il luogo del martirio, sono imprecise e talvolta difformi. Sulla scorta di tali dati, si può ritenere che Beniamino, incarcerato per ben due anni nelle tetre prigioni cittadine, sia stato inizialmente liberato per l’autorevole intervento del rappresentante in loco dell’Imperatore romano Teodosio I “il Grande” (379-395), anch’esso cristiano, che in quel frangente stava trattando la pace con l’accennato sovrano di Persia Iezdegerd I. Il suo martirio sarebbe però arrivato in seguito, verso il 420, durante il regno di Bahram V Gur - talvolta indicato per errata trascrizione fonetica come Vararane - figlio del prevenuto. Infatti, una volta liberato, nonostante i severi divieti e le diffide delle autorità, Beniamino proseguì coraggiosamente a manifestare la propria fede e a evangelizzare il popolo, finendo per essere nuovamente imprigionato. Questa volta, venne anche accusato d’aver incendiato un cosiddetto “Pireo” (tempio pagano dedicato al culto della divinità del fuoco) della sua città. Effettivamente, pare che un “Pireo” fosse stato dato alle fiamme, ma s’ignorano gli autori del gesto e soprattutto la stessa dolosità dell’incendio. Comunque Beniamino, perfetto “Capro espiatorio”, fu incarcerato unitamente al vescovo locale Abdas e a un’altra decina di fratelli nella fede in Cristo, tra sacerdoti, diaconi e laici, tutti come lui pacifici e dediti al bene comune. A lui e agli altri fu ingiunto di abiurare la propria fede, sacrificare agli dei pagani e ricostruire il tempio. Nonostante le brutali torture alle quali furono sottoposti, rimasero tutti eroicamente fedeli al Signore e rifiutarono ogni compromesso. Furono infine condannati a morte e Beniamino consumò il suo martirio - come spiega il Martirologio romano - mediante l’introduzione, negli orifizi e sotto le unghie, di legni sottili ed acuminati, insieme ai suoi compagni, probabilmente il 31 marzo 420. Due anni dopo, con la vittoria riportata dall’Imperatore Teodosio I su Bahram V Gur, anche in Persia fu proclamata la libertà di culto e Beniamino fu canonizzato.
Roberto Moggi
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