23 MARZO 2023 - SAN TURIBIO DE MOGROVEJO
Oggi - 23 marzo 2023 - giovedì della IV settimana del tempo di Quaresima, la Chiesa consente la commemorazione di San Turibio de Mogrovejo, vescovo. Toribio (Turibio) Alfonso, questi i suoi due nomi di battesimo nella natia lingua spagnola (ma noto solo col primo), nacque il 16 novembre 1538 a Mayorga, presso Valladolid, nella regione Castiglia appartenente al Regno di Spagna (oggi regione Castiglia e Lèon, nel nord-ovest della Spagna), dalla nobile famiglia De Mogrovejo y Robledo. Ebbe fin da piccolo un’eccellente istruzione culturale e religiosa, in modo consono al suo lignaggio, fino al completamento degli studi giuridici universitari. Laureatosi brillantemente, divenne prima docente di diritto nell’importante ateneo di Salamanca, nella medesima regione, poi, nel febbraio 1571, presidente del Tribunale dell’Inquisizione a Granada, nella parte più meridionale del Regno (oggi nella regione dell’Andalusia, nel sud della Spagna). Nel maggio 1579, il re di Spagna Filippo II (1527-1598), che ne apprezzava le non comuni doti morali e intellettive, lo segnalò al papa Gregorio XIII (dal 1572 al 1585), affinché lo nominasse arcivescovo di Lima, capitale del Vicereame del Perù, nell’America del sud, appartenente alla Corona di Spagna. Il pontefice ne autorizzò la nomina nel corso dello stesso anno, facendogli avere nel 1580 l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione a vescovo. Turibio si imbarcò quindi per l’America meridionale, giungendo in Perù dove, il 12 maggio 1581, prese possesso della sede arcivescovile di Lima, che da sei anni era, di fatto, priva di una guida e versava in una situazione di grave decadenza economica e morale. Fu in quel frangente che egli comprese come la sua strada fosse proprio nella vita religiosa, scoprendo finalmente la propria vocazione, a seguito della quale si dedicò anima e corpo al servizio della Chiesa e del suo popolo, anche attraverso un'intensa attività missionaria. Prese ben presto coscienza delle terribili realtà sociali in cui si trovava gran parte della popolazione indigena e degli schiavi, che in gran numero erano fatti venire dall'Africa, impegnandosi per debellare queste orrende piaghe, mentre visitava gran parte del territorio della sua giurisdizione. Egli, infatti, aveva preso molto sul serio l’alto ufficio al quale era stato destinato, e la sua opera fu subito energica e volta a sollevare la Chiesa locale dai tanti mali nei quali era caduta, oltre che a stabilire una vera giustizia sociale. Egli promosse la riforma del clero peruviano e, nel 1582, ad appena un anno dal suo arrivo, convocò il III Concilio Limense, cioè di Lima (1582-1583), al quale parteciparono prelati di tutta l’America spagnola e in cui si affrontarono questioni fondamentali, riguardanti l’evangelizzazione degli indios, la catechesi e la predicazione nelle lingue native. Tuttavia, la sua intensa attività evangelica, non disgiunta da una grande carità finalizzata a innalzare le sorti del popolo indigeno e degli schiavi, finì per compromettere del tutto i rapporti con le corrotte autorità locali. La sua ostinazione a fare il bene e a voler redimere gli oppressi, infatti, gli procurò l’inimicizia della nobiltà e dei grandi latifondisti spagnoli, facendo sì che le stesse autorità coloniali lo ostacolassero e interferissero anche nelle materie ecclesiastiche, dando luogo a frequenti dispute. Anche lo stesso viceré del Perù, Francisco de Toledo (dal 1569 al 1581), non tralasciò di lamentarsi del suo comportamento presso il Consiglio delle Indie, organo di controllo locale della Corona. Non furono solo il rigore riformatore di Turibio e la sua incorruttibilità a causare imbarazzo e malumore nei potenti, ma anche la sua continua assenza da Lima e dalla Corte, che riduceva il fasto della vita sociale della capitale, giacché, a quei tempi, un arcivescovo era anzitutto un personaggio della vita sociale della nobiltà. Esperto di diritto e mosso da ardente zelo apostolico, in effetti, era frequentemente assente dalla capitale coloniale a causa delle continue e reiterate visite apostoliche in tutta la sua vastissima arcidiocesi, condotte spesso a piedi e percorrendo migliaia di chilometri. Al clero e ai notabili che giustificavano le proprie malefatte asserendo che “quello era il costume del posto”, lui rispondeva prontamente che “Cristo era Verità e non costume”. I contrasti e le prove con il potere locale non mancavano, ma Turibio non si scoraggiava perché era consapevole della sua grande missione. Imparò a parlare i maggiori idiomi locali e fece stampare il Catechismo in spagnolo e nelle lingue indie locali Quechua e Aymara. Suddivise sapientemente, inoltre, l’insegnamento catechistico, formando distinti corsi per bambini, ragazzi, adulti analfabeti e persone istruite. Nel 1591 fondò a Lima il primo seminario americano, che oggi porta il suo nome, mentre durante il suo episcopato il numero delle parrocchie crebbe da 150 a 250, grazie ai suoi contatti e alla collaborazione con i missionari francescani e domenicani presenti nel Nuovo Continente. Non meno importante fu la sua opera nel dare applicazione alle direttive del Concilio di Trento (1545-1563). Grazie alla sua sollecitudine, inoltre, furono costruite strade, scuole, ospedali e conventi, di cui poté beneficiare tutto l’immenso territorio ricadente nel suo arcivescovado, sede metropolitana la cui giurisdizione si estendeva ben oltre i confini del Perù attuale. Trascorse circa metà dei suoi venticinque anni di episcopato percorrendo instancabilmente quelle terre e cresimando decine di migliaia di fedeli, tra cui ci furono ben tre futuri santi: Martino de Porres (1579-1639), Francesco Solano (1549-1610) e Rosa da Lima (1586-1617). Con la sua predicazione appassionata e la sua grande carità, che arrivava al punto di fargli donare ai bisognosi i suoi stessi vestiti e a non badare a spese per gli ammalati, fu un autentico “padre” e convertì innumerevoli indigeni, che andava a trovare nei loro talvolta inaccessibili villaggi, pur di fargli conoscere Cristo, perché il pensiero dei beni celesti era il motore della sua vita quotidiana. Nel suo quarto di secolo di episcopato nel Nuovo Mondo, organizzò la Chiesa peruviana in otto diocesi e indisse dieci sinodi diocesani e tre provinciali. Favorì la cura parrocchiale anche da parte dei religiosi e fu molto severo con i sacerdoti che si sottomettevano ai cosiddetti “Conquistadores” (in italiano “Conquistatori”), avventurieri che, per mero arricchimento, sterminavano e riducevano in schiavitù le popolazioni locali, avviando lo sfruttamento economico di quei territori. La sua fu una vita da autentico Pastore al servizio del suo popolo e alla sequela di Cristo, per il quale si consumò, finché a Saña Grande, nel nord del Paese, trovò l’estremo riposo il 23 marzo 1606, nel corso della sua ultima visita pastorale, in una povera cappella a quasi 500 chilometri da Lima. Il suo corpo fu trasportato l'anno successivo, ancora incorrotto, nella cattedrale di Lima ove fu tumulato. Fu canonizzato nel 1726 da papa Benedetto XIII. Il 10 maggio 1983, papa San Giovanni Paolo II lo proclamò Patrono dell'Episcopato Latino-Americano.
Roberto Moggi
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