"Insegnami a scordarmi di pensare”
(W. Shakespeare)
La ricerca di uno spunto che induca a meditare. Qualche volta, ci accade di trovarlo.
Quale
che sia, è sempre il benvenuto e può portarci ad immaginare come possa
essere una via alla ricerca della conoscenza, con una frase che può
rappresentare il suo inizio.
Ricordami
di imparare a non pensare, a fermare il pensiero e a raggiungere il
silenzio mentale di quel mio sé, tanto utile nelle azioni di ogni
giorno, ma despota implacabile, se si desidera non esserne più schiavi.
Insegnami
a trattare il pensiero come un muro da abbattere, per trovare la
libertà che mi è negata, finché a comandare non è il mio sé spirituale,
ma il sé raziocinante dogmatico e limitato, che voglio oltrepassare ed
abbandonare senza alcun rimpianto.
So
che non è semplice e so che potrà essere pauroso, né so se avrò la
forza di superare gli attimi di terrore che mi verranno scagliati
contro, quando mi troverò a barcollare senza più l'appiglio del vecchio
sé tanto menzognero da mostrarsi come un salvifico ed appetibile
rifugio, pronto a riaccogliermi e a perdonarmi di averlo voluto
abbandonare.
So
anche che se riuscirò a vincere la paura, la lucidità che conquisterò,
sarà un altro nemico da oltrepassare, perché farà di tutto per irretirmi
con il potere che mi concederà, facendomi diventare, nelle sue mani, un
povero pagliaccio che gode del potere che ha, vanificando il cammino di
conoscenza che ha intrapreso.
E
non ignoro che, se sarò riuscito a superare tale scoglio, considerando
il traguardo acquisito come un mero strumento per andare oltre, un altro
nemico ancora più potente mi aspetterà al varco, una potenza mai
posseduta e tanto meno immaginata, che mi farà rischiare di diventare un
essere peggiore di ciò che sono stato, despota crudele e capriccioso e
la strada fin allora percorsa, la strada che ha un cuore, sparirà.
Se
riuscirò a considerare il potere acquisito come un semplice fardello
del mio destino e nulla di più, incontrerò il mio ultimo nemico, il più
terrificante perché si nasconde dietro la normalità della vita di ogni
essere umano, la vecchiaia, con i desideri che fa di tutto per infondere
di riposo e di resa a tutti gli inconvenienti che dispensa.
Se
mi arrenderò a tali desideri, tutto quello che ho raggiunto equivarrà a
niente e la mia esistenza sarà solo un fallimento completo e il frutto
di una vita sprecata che non ha ottenuto altro che nulla.
Ma
se tale traguardo lo vedrò non come un punto d'arrivo, ma come l'inizio
dell'impresa più gravosa ed avvincente della vita, una battaglia che
non avrà mai fine, più sarò come un guerriero indifferente al desiderio
di vittoria e al timore di sconfitte, semplicemente godendo del
combattimento, e la conoscenza, tanto cercata nel cammino percorso e
sempre vista come irraggiungibile, combatterà al mio fianco, illuminando
con la sua perfezione il mio cammino.
Ma
un interrogativo continua ad assillare quel mio io che vuole andare
oltre: sarò capace di aprire quella porta, oltre il mio sé raziocinante,
che una volta ho avuto la sensazione di aprire parzialmente, con quello
che provai e che non sto nemmeno a riportare, non sapendo dire
esattamente chi provò tali sensazioni, se il mio sé raziocinante o
l'altro sé, al quale ero impreparato, perché m'ero avventurato in un
percorso, che richiedeva ben più acume di come l'iniziai. Non so se sono
più io a desiderare di oltrepassare quella porta, o è più l'incognito
che c'è oltre, che sta aspettando me e, se così fosse, se lo deludessi,
sprecherei la vita.
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